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don Walter Magni  

I domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno B) (02/09/2018)

Vangelo: Gv 3,25-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. 33Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. 34Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. 35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. 36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

Il brano evangelico di questa domenica registra l'ultima testimonianza pubblica di Giovanni Battista nei confronti di Gesù. Una testimonianza provocata dall'invidia che i discepoli di Giovanni avevano provato per Gesù che, battezzando dall'altra parte del Giordano, di fatto riscuoteva più successi di Giovanni Battista. Infatti, “tutti accorrevano” da Gesù.

Il rischio dell'idolatria
Mentre Giovanni Battista aveva una considerazione molto realistica di sé, i suoi discepoli, presi da grande ammirazione, mitizzavano la sua persona. Dimenticavano che Giovanni Battista, sin dal seno di sua madre Elisabetta, riteneva Gesù il vero Messia, che stava per venire a salvare il popolo di Israele. Erano tanto attaccati alla sua persona più che al suo genuino insegnamento che s'erano convinti che fosse invece lui il Messia annunciato dai profeti. Così, mossi dall'invidia e dalla gelosia, un giorno si recarono dal loro Maestro dicendo in modo provocatorio: “Rabbì, colui (...) al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui”. E la convinzione che Giovanni fosse il Messia si tramanderà per alcuni secoli. Fino a costituire una vera e propria Comunità Battista, contrapposta a quella dei cristiani che seguivano Gesù. Anche nelle nostre comunità ci si lascia prendere spesso dalla tentazione dell'idolatria dei capi. Quasi una esasperazione del clericalismo. E così un papa, un vescovo, anche un parroco, è comunque sempre più bravo del suo predecessore. Almeno nei primi tempi. Restando un po' tutti in balia di una certa emotività, di un linguaggio che sembra tutto nuovo, di alcune buone doti organizzative. Trascurando la sostanza del loro ministero e un annuncio oggettivo e chiaro del Vangelo. Anche Paolo scriveva molto preoccupato ai Corinzi (1,12-13): “mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: ‘Io sono di Paolo', ‘Io invece sono di Apollo', ‘Io invece di Cefa', ‘E io di Cristo'. È forse diviso il Cristo?”.

“L'amico dello sposo”
Giovanni prende una netta distanza dalle pretese dei suoi discepoli: “non sono io il Cristo”. Per ritrovare se stesso e avere una più chiara percezione di sé, Giovanni si ritrae. Poter dire con verità: io sono, comporta riuscire a dire con umile realismo, chi non sei e chi non sarai mai. Forse non so ancora chi sono, ma io non sono il Cristo, non sono io il Messia! Come in altra circostanza dirà di sé, citando Isaia: “io sono voce di uno che grida nel deserto” (Gv 1,23). Io sono voce, Lui solo è la Parola! Ma a questo punto Giovanni, che pure doveva dire qualcosa di sé a quei discepoli un po' smarriti, viene preso da un'intuizione tenerissima e affettuosa. Come dicesse: se proprio volete che vi dica di me, io sono un amico di Gesù di Nazaret. Gesù non solo è un parente. È molto di più: è un amico! “Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo”. Sia chiaro: non sono io lo sposo del quale a lungo hanno parlato i profeti. Io sono semplicemente “l'amico dello sposo”. Delicata figura di mediatore del mondo ebraico che, in quanto amico fidato dello sposo, conduceva tutte le trattative patrimoniali che un matrimonio richiedeva. Ci si domanda spesso del ruolo del prete e del valore della sua mediazione. Potrebbe bastare il fatto che anche Gesù ha voluto chiamare i suoi discepoli amici: “Non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15,15). Mentre Giovanni continuerà a dire ai suoi: “l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo”.

“Lui deve crescere, io diminuire”
Qual è la spiritualità che anima Giovanni Battista che, guardando a Gesù si definisce, ritrovando la sua identità? Ancora una volta ci regala un'espressione, forte sintetica e profonda: “Lui deve crescere, io invece diminuire”. O si comprende che Giovanni sta già evangelizzando (Lc 3,18), oppure si semplifica rischiando una lettura servile che col Vangelo non ha nulla da spartire. Perché anche Gesù Si è identificato abbassandoSi, umiliandoSi. Infatti, “non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; (...) umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce” (Fil 2,6-8). E questo ha cercato di fare pure Giovanni Battista per tutta la vita: abbassarsi perché anzitutto si vedesse Gesù: “Lui deve crescere, io diminuire”! Mi sia permesso ancora una volta parlare del prete oggi, della sua possibile forma, di una sua ritrovata identità. Non solo sarà decisivo riconoscere in lui anzitutto i tratti di un'amicizia prolungata nel tempo con Gesù. Ma soprattutto una spiritualità capace di abbassamento, di umiltà profonda. Oltre ogni presuntuoso clericalismo. “Signore Gesù, Tu sei i miei giorni, non ho altri che te nella mia vita. Quando troverò un qualcosa che mi aiuta, te ne sarò immensamente grato; però Signore, quand'anche io fossi solo, quand'anche non ci fosse nulla che mi dà una mano, non ci fosse neanche un fratello di fede che mi sostiene, Tu, o Signore, mi basti, con Te ricomincio da capo (...)” (L. Serenthà Tu sei i miei giorni).

 

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