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TESTO L'Intimità che fa paura

don Mario Simula  

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/08/2018)

Vangelo: Gv 6,60-69 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,60-69

60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

L'intimità comunica l'indicibile. Esprime l'intensità della confidenza che stende ponti tra due persone. Abbatte le distanze e crea vicinanza di sguardi, di progetti, di vita e di appartenenza.
Gli uomini e le donne di Dio rivelano questa intimità del cuore rinnovando il desiderio incontenibile di “servire il Signore” e Lui solo. Senza lasciarsi tentare da ciò che appaga il corpo e si vede e si tocca, nascondendo tradimenti sottili. Come capita a me e forse a voi, quando vogliamo piegare Dio al nostro capriccio.
Paolo rende attuale il bisogno di essere un cuore solo col Signore, pensando all'amore di coppia.
“Voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la sua Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie ama se stesso”.
Intimi fino ad essere una sola carne; fino a vivere di un solo amore.
Possono esistere, allora, segreti tra uno sposo e una sposa? Possono fare scelte diverse da un amore così totale come quello che esiste tra Cristo e la sua Chiesa?
Nella coppia si ha spesso paura di arrivare fino a questa profondità. Si ha paura di scoprire i limiti.
Si teme la nudità del cuore, del suo amore travolgente e del suo limite sconcertante
.
Non si riesce spesso a comprendere che ciò che è difficile realizzare da soli, diventa possibile realizzarlo insieme. E' felicità realizzarlo insieme.
L'amore di Cristo verso la sua Chiesa è il modello: una posta in gioco gigantesca, che segna la vita.
Perché l'intimità segna la vita.
In un compito sempre aperto e sempre incompiuto.
Gli sposi che si guardano, che si perdonano, che si accolgono sono un canto all'intimità vera discreta, luminosa, pura, senza falsità, priva di ingordigie e di sfruttamenti. Opera dello Spirito.
Chi si sposa come chi si consacra al Signore è chiamato ad essere esperto in intimità: il massimo del dono di noi stessi all'altro.
Gesù sa essere intimo di ogni creatura che attraversa la sua vita.
E' venuto accanto a noi. Amico che rimane in noi, desideroso che noi rimaniamo in lui, come avviene quando ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue.
Se Gesù vuole per noi questa vicinanza del cuore, perché restiamo quasi sempre sulla soglia?
Non abbiamo il coraggio di entrare nel suo cuore. Restiamo in panchina, come se l'entrare in partita ci compromettesse.
Chi siamo noi? Gli uomini e le donne della soglia. “Gesù, questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. E ci scandalizziamo della sua intimità. E abbandoniamo Gesù. Spegniamo la fede e ci rinchiudiamo nelle nostre sicurezze piccole e meschine, senza appagamenti e senza prospettive.
“Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui”.
Forse ci sono anche io fra questi discepoli dimezzati, incerti, vaganti.
Forse ci sono le nostre comunità tra queste folle che fanno i conti senza il Signore. Che non sanno entrare nel fuoco ardente della sua intimità.
“Volete andarvene anche voi?”. Anche voi che siete ogni giorno davanti al mio altare, che dite di scegliere il mio programma di vita, che ostentate un amore, sempre pallido e senza incendi?
Pietro ci svela il suo amore per il Signore con una professione di fede semplice e compromettente:
“Da chi andremo, Signore. Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Queste parole di Pietro non sono parole che nascono dalla testa. Sgorgano dal cuore. Sono parole vitali, che esprimono un bisogno, una destinazione, la necessità urgente di “stare con Gesù” e con Lui solo. Attraverso di Lui con tutti, fratelli e sorelle del mondo.
Raccontano di una comunione che sta lentamente facendosi strada nella sua vita e in quella dei suoi amici. Correndo il rischio di rimanere senza la gente, affamata di pane per il corpo, ma ignara di un pane che tocca le midolla della nostra esistenza, cambiandola radicalmente.
Anche se Pietro rimane “un innamorato in corso d'opera”. Uno che sa dire i suoi segreti al Signore, ma è ancora esitante nel porre passi verso l'intimità con Lui. Tuttavia esprime già il tocco della mano dell'artista. Del Risorto. Sta imparando a “lasciarsi fare” da Gesù, a costo di costruzioni e ricostruzioni.
Pietro pronuncia parole che risuonano al passo di quelle di Gesù: “Il SOLO ad avere Parole di vita eterna”.

Gesù Signore, quante volte proviamo verso le tue parole un gusto emotivo che non ci tocca scorticandoci. Tutto è bello quello che dici Tu ma sembra sempre che nascondiamo una parola:
“bello per gli altri!”. La Tua parola di vita unica, nutriente, severa e dolce è per me. Perché mi ferisca. Perché mi consoli. Perché mi sproni. Perché mi dia forza. Signore davanti alla Tua parola non posso scappare come un guerriero vigliacco, sono chiamato ad arrendermi non per debolezza ma per attrattiva. Anche se dovrò soffrire e piangere per viverla. Signore Gesù tu sai che la tua parola ha questa forza. Per questo non torni mai indietro. Piuttosto mi affianchi perché non muoia lungo la strada. Tu vuoi arrivare con me non a tutti i costi. Con me, magari rallentando il passo. A me dona la grazia di gridarti sempre, o di dirti con un filo di voce, o col solo sguardo implorante: “da chi andrò, Signore, se mi allontano da te, dalle tue parole, dal tuo amore? sarei un' affamato che boccheggia in attesa della morte. Tu, però, mi trasmetti, bocca a bocca, il tuo alito di vita.
Allora ferito, zoppo, cieco, balbettante continuerò a dirti: da chi andrò? Da chi andrò? Da chi andrò? E troverò la tua mano che mi porta verso l'intimità del tuo amore”.

 

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