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TESTO Il dilemma della nostra vita: chi servire noi stessi o Dio?

padre Antonio Rungi

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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/08/2018)

Vangelo: Gv 6,60-69 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

La vita ci pone sempre davanti a delle scelte, a volte di poco conto, a volte essenziali e fondamentali. Oggi la liturgia della parola di Dio, nella prima lettura tratta dal Libro di Giosuè, ci fa riflettere proprio su questo argomento. Giosue, successore di Mosè, pone questo dilemma a tutto il popolo d'Israele, chiamato direttamente in causa per quanto attiene la scelta della religione da seguire: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». La posizione di Giosue è chiara, egli vuole servire il Signore, che si era manifestato sul Monte Sinai ed aveva accompagnato il cammino di liberazione di Israele dalla schiavitù dell'Egitto alla Terra Promessa. La consapevolezza della veridicità dell'unico Dio che si era manifestato in tanti modi al popolo eletto non ammette opzioni alternative. Di fronte al vero bene, si sceglie solo e soltanto quello. Sappiamo anche oggi, noi uomini e donne del XXI secolo dell'era cristiana avere il coraggio della scelta precisa della fede dei nostri genitori, che è quella cattolica. E ciò non solo per ricevere alcuni sacramenti, ma che sia espressione della vita di tutti i giorni. Oggi si scende facilmente ai compromessi. Una fede vale l'altra, una religione è uguale all'altra. Non è esattamente così. Ogni fede hai il suo credo, le sue regole, i suoi riti, i suoi insegnamenti morali e dottrinali. Chi sceglie la fede cattolica o se i genitori decidono di far battezzare i figli ed educarli secondo la legge di Dio, chi può contraddire il loro operato di primi educatori alla fede cattolica. E' necessario vivere ciò che si professa e fare in modo che il vissuto religioso passi di generazione in generazione, perché la trasmissione della fede avviene nella famiglia d'origine. Giosuè evidenzia propria questa dimensione familiare e comunitaria della fede quando dice “quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore”. Seguissimo tutti gli insegnamenti di questo patriarca che ha scelto di mettersi sulla strada dei suoi padri ed antenati e di non abbandonare la fede in cui era nato e cresciuto. Davanti a questa scelta di campo, tutto il popolo aderisce alla proposta di Giosuè, rispondendo: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». La comunità dell'intero popolo d'Israele cammina sulla strada degli avi anche nella fede ricevuto. Mirabile esempio da seguire per tutti ai nostri giorni, quando la fede dei propri nonni e genitori è abbandonata dalle nuove generazioni, che seguono altre fedi ed altre ideologie o sentono l'attrattiva di certi idoli.

Come nel sociale, così in quello familiare o coniugale si verificano situazione di conflittualità La crisi delle famiglie, del matrimonio nell'ambiente cristiano, evidenzia questo cambiamento di rotta. Per richiamare i coniugi sulla dignità del sacramento del matrimonio e dell'unità della famiglia fondata sull'amore e sul rispetto della coppia, ci viene in aiuto il testo della lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini che ci sta accompagnando in queste settimane, scrive: “Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore... E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”. Richiamando il testo della Genesi, San Paolo mette in evidenza la dignità del matrimonio naturale, tra uomo e donna, e il sacramento nuziale: “Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!”. Magari, oggi, nella crisi generale della famiglia e del matrimonio, coloro che sono stati chiamati a questa speciale vocazione e missione potessero recuperare i rapporti coniugali e familiari, soprattutto nella nostra nazione, tradizionalmente classificata come cattolica.

Per la comprensione del grande mistero dell'amore, ci venga in aiuto il testo del vangelo di oggi, tratto da San Giovanni, che è il brano conclusivo del capitolo sesto sul pane della vita, nel quale è riportato il dialogo tra Gesù e gli Apostoli, che avevano ascoltato quello che Gesù aveva detto ripetutamente, al punto tale che fanno osservare al Maestro: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Di fronte all'impegno serio di risposta a Dio, nella vera fede e religione, molti si tirano indietro. E' quello che avvenne a Gesù. Infatti, dopo il discorso sul pane della vita, “molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui”. Constato il poco coraggio dei discepoli, Gesù si rivolge al gruppo ristretto dei Dodici, con questa precisa domanda: «Volete andarvene anche voi?». Come dire, non siete obbligati a seguirmi, siete liberi di andare via quando volete, nessuno vi costringe a stare con me. La libertà di aderire a Cristo in modo consapevole e duraturo è qui messa in evidenza. Allora, gli rispose Simon Pietro, a nome di tutti: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Un'altra conferma di professione di fede, da parte del capo del collegio apostolico, su cui Gesù aveva promesso di fondare la sua Chiesa. Parole forti di grande incoraggiamento a quanti sono smarriti e non hanno punti di riferimento precisi nella loro vita. Gesù ha parole di vita eterna e solo le sue parole possono dare sicurezza e certezza nel tempo e per l'eternità. Sia questa la nostra comune preghiera di impetrazione che rivolgiamo a nostro Signore: “O Dio nostra salvezza, che in Cristo tua parola eterna ci dai la rivelazione piena del tuo amore, guida con la luce dello Spirito questa santa assemblea del tuo popolo, perché nessuna parola umana ci allontani da te unica fonte di verità e di vita”.

Possa essere esaudita sempre questa nostra preghiera. Nulla ci separi da Dio e dall'amore di Cristo.

 

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