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TESTO Diventare pane

don Maurizio Prandi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (12/08/2018)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Continuiamo il nostro percorso, che abbiamo detto vuole essere una riflessione che aiuti ad allargare, ad ingrandire il cuore per poter arrivare anche solo a sfiorare l'obiettivo di vivere una vita umanamente piena. Due domeniche fa abbiamo visto come il cuore, (ovvero la vita), rischia di rimanere stretto, piccolo, chiuso. Stiamo approfittando del cammino che la chiesa ci fa fare in ascolto del vangelo di Giovanni e che è cominciato dalla generosità di un ragazzo che ha messo a disposizione di Gesù e dei suoi discepoli tutto quello che aveva. Abbiamo intitolato questo momento: la generosità, per guarire la piccolezza del cuore. Poi un secondo momento, domenica scorsa, dove per guarire la piccineria di chi cerca Gesù non per ringraziare di una benedizione che ha ricevuto, ma perché ha mangiato e si è saziato (leggi: non mi accontento, voglio sempre di più), per guarire da questa piccineria abbiamo capito che è necessario cercare Gesù per imparare da lui a lasciarsi mangiare.

La prima lettura di oggi ci fa scoprire che anche i profeti e non importa siano profeti di prima classe come Elia, mormorano. C'è questo dato che ricorre, sia nella prima lettura che nel vangelo: la mormorazione come cartina di tornasole della piccineria del cuore. È piccolo Elia, è spaventato, mormora contro Dio, vuole morire! C'è un particolare però che può darmi, darci una pista su cui lavorare: Elia riconosce chi è e riconosce quello che è: uno che non è migliore degli altri, non è migliore dei suoi padri! Contro la piccineria del cuore, la consapevolezza di chi siamo.

Leggevo in un commento che il nome Elia significa: il mio Dio è Dio! Il profeta però non può dare per scontata questa affermazione. E' una domanda importante di fronte alla quale ci troviamo e inevitabilmente ci troviamo dispari e quando ci proviamo e lottiamo perché quel Dio che il vangelo ci rivela possa essere davvero il nostro Dio, il rischio è quello di ritrovarsi incompresi e sconfitti. Fragili, come Elia, siamo tentati di gettare la spugna. Nel suo bisogno Elia viene soccorso e la cosa bella trovo sia questa: nessun mezzo speciale, nessun elicottero lo porta via da lì ma il rimedio di Dio è pane e acqua; Dio non toglie la fatica ad Elia, non offre una facile consolazione a pacche sulle spalle ma interviene con la forza delle cose quotidiane, le più umili, le più semplici: pane, acqua, un amico (un angelo). Dio si fa presenza nella vita di Elia proprio nel momento in cui si addormenta ed in un certo senso esce di scena: forse un modo per fare spazio a Dio e lasciare a lui l'iniziativa.

Fatevi dunque imitatori di Dio raccomanda san Paolo; cosa ci dice il vangelo a questo proposito? Ecco chi è il discepolo, colui che desidera imitare il proprio maestro, un maestro (lo abbiamo appena detto a proposito di Dio nella prima lettura), che fugge lo spettacolo, la maestosità, la grandezza. Tre anni fa, influenzato da un pensiero di E. Ronchi scrivevo che se dal cielo ti aspetti segni tanto meravigliosi da togliere ogni dubbio rispetto alla provenienza divina, anche lì il cielo rimane chiuso e Gesù rimane un Nazaretano al massimo; se dal cielo ti aspetti che venga eliminato il nemico romano così come Elia aveva ucciso i sacerdoti di Baal, il cielo rimane chiuso e Gesù a farla grossa rimane il figlio di Giuseppe; se dal cielo ti aspetti l'onnipotenza, il cielo lo chiudi irrimediabilmente e Gesù resta uno del quale conosci il padre e la madre. Fatevi imitatori, diventate pane, diventate dono, diventate servizio, diventate cura, diventate gratuità, diventate disinteresse. Fatevi imitatori: discendete, inginocchiatevi, mettetevi nei panni, chinatevi, guardate dal basso. Può sembrare la cosa più difficile e distante di questo mondo imitare Dio, impossibile, forse perché non si può non pensare alle meraviglie, all'onnipotenza, ed ecco che Gesù viene in nostro aiuto e ci dice: io sono il pane. E torniamo ad essere catapultati nel quotidiano, nel feriale: nessuna grandezza nel pane, nessuna meraviglia nel pane, nessuna onnipotenza nel pane. Farsi pane allora, cioè farsi nutrimento, presenza, sostegno, messaggero, angelo, amico.

 

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