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TESTO E se fosse una questione di stile?

don Angelo Casati  

XII domenica dopo Pentecoste (Anno B) (12/08/2018)

Vangelo: Mt 10,5-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,5-15

5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.

11In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

Abbiamo letto il brano di Geremia. C'erano, nel testo, parole ripetute, martellanti. Come un ritornello struggente sulle labbra del profeta. Immagino che abbiano colpito anche voi. Eccole: "Ma voi non avete ascoltato... voi non avete ascoltato... voi non avete prestato orecchio per ascoltare...". Ascoltare! Un giornalista, giorni fa, raccontava di un monastero a me caro, sorge alla periferia di Milano, l'abbazia di Viboldone. Sorge là dove un giono erano campi e ora c'è il rombo degli atterraggi degli aerei su Linate e fiumi di macchine sulla vicina autostrada del Sole e la malavita che si sveglia di notte.

"Pare" scrive Paolo Rumiz " che tutta la modernità si coalizzi contro questa isola di pace, per estirpare il silenzio". Estirpare il silenzio. Era come se mi descrivesse un attentato. Pensate quante ingegnose e sofisticate strategie abbiamo inventato contro gli attentati dell'estremismo. E poi succede che, meno vistoso, sia in atto, un altro attentato, silenzioso, ma non meno devastante, l'attentato al silenzio. Fondamentale per l'ascolto.

Siamo ancora capaci di ascolto? Ma senza silenzio, se tutto ti romba attorno, come puoi ascoltare voci? Ed ecco la badessa del monastero, Maria Ignazia Angelini ricordare al giornalista, stupito per il suo sguardo materno e per il femminile nella chiesa, che il primo comandamento di Benedetto si chiama "Ascolto". Ascolto dell'Altro. Dell'essere umano e della sua voce. Era anche il primo comandamento del Sinai, che precedeva i dieci comandamenti più noti: "Ascolta!". "Ascolta Israele". Nel brano di Geremia non finisce mai di colpirmi la descrizione dell'esito del non ascolto di Dio. Degli altri. Della terra.

Ecco il passo: "Farò cessare in mezzo a loro i canti di gioia e di allegria, il canto dello sposo e della sposa, il rumore della mola e il lume della lampada". E' come il venir meno di una umanità, di un vivere umano semplice, ma bello: pensate qualcuno che canti per la strada, la tenerezza che fa canto nelle case, e il rumore della mola, quasi simbolo di un lavoro dignitoso e non schiavitù disumana di braccianti. E poi il lume della lampada, non la luce sfacciata che appiattisce tutto, la lampada che dà chiarore e insieme mistero ai volti.

Direte che sto sognando, ma sento bisogno di umanità e ora so che la disumanità nasce dal non ascolto. Nasce da questo continuo ossessionante blaterare. E chi ascolta? Vengo al vangelo dove oggi ci era raccontata la missione dei dodici, che non è solo dei dodici, si allarga a tutti, si allarga alla chiesa, quindi a tutti noi. Dove sei, dove vai, sei testimone di Gesù e del suo vangelo, non per professione, ma per il tuo modo d'essere. Vorrei solo sfiorare dei tratti che mi colpivano nelle indicazioni di Gesù per la missione di tutti noi.

Tutti ci siamo accorti che Gesù trasferisce ai discepoli i suoi tratti. Li impegna e li manda, diremmo, per le cose che faceva lui: lui andava per strade annunciando che il Regno era vicino, il regno era lì. E lo rendeva visibile guarendo gli infermi, risuscitando i morti, purificando i lebbrosi, scacciando i demoni. Questo è Gesù. Pensate, quando Pietro nella casa del centurione pagano vorrà dire qualcosa di Gesù, di lui dirà -- ed era quasi una sintesi -- :"Passò beneficando e guarendo.." (At 10,38). E così vuole che passino i suoi discepoli. Beneficando e guarendo, facendo del bene.

Domanda: "E io lo faccio?". Troppo semplice? Era quello che faceva Gesù. Tropo semplice? Lo facessi! E infatti una delle cose che ci colpiscono nelle parole di Gesù è questa stretta connessione, quasi una legatura, tra annuncio - poche parole, una parola: "il regno di Dio è vicino" - e le opere, un fare, un beneficare, fare del bene, quello che il card. Martini chiamava "il fare del cuore". E aggiungeva: "La missione è un servizio concreto che cambia la situazione, cambia la gente, che incide nella vita dell'uomo; una predicazione puramente verbale non è nelle intenzioni di Gesù" .

Fare del bene dunque gratuitamente, senza attenderne nulla, per la bellezza del fare. Un'ultima cosa vorrei aggiungere, impressionante nel brano: Gesù che spende poche parole, quasi una sola, sul messaggio da portare - e io penso alla lungaggine delle mie omelie! - di parole ne spende moltissime sullo stile di chi vorrebbe essere nel mondo testimone del suo vangelo. Già accennavamo allo stile della gratuità, dobbiamo aggiungere, uno stile di povertà o, se volete, di sobrietà: "né oro, né argento, né due tuniche". Perché questa insistenza di Gesù sullo stile? Perché questo stile è già un racconto di Dio. E raccontare di Dio senza questo stile, è vanificare il messaggio.

Ce lo richiamava nel suo commento il card. Martini, quando ci diceva: "Il vostro modo di agire gratuito, umile, disinteressato, pacifico, mite, è già missione". E aggiungeva una domanda: "Possiamo riconoscerci nelle norme di Gesù? La Chiesa, la sua missione, è riconoscibile da queste parole? Lasciamo che le domande arrivino al cuore e, magari, ci disturbino". Vorrei pregare con voi il Signore in questa eucarestia perché possiamo essere riconosciuti suoi discepoli dal nostro modo di agire gratuito, umile, disinteressato, pacifico, mite. E ciò diventi racconto di Dio. In mezzo alle donne e agli uomini del nostro tempo.

 

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