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TESTO Come le doglie una donna incinta

don Luciano Cantini  

Assunzione della Beata Vergine Maria (Messa del Giorno) (15/08/2018)

Vangelo: Lc 1,39-56 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,39-56

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

46Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

49

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;

50

di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

51

Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

52

ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;

53

ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

54

Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,

55

come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Il tempio di Dio che è nel cielo
le comunità cristiane del primo secolo sostenevano di non avere bisogno né di tempio, né di sacerdoti e né di offerte, perché Cristo era tempio, sacerdote e offerta. Per i romani dell'impero era impensabile una religione senza tempio, sacerdoti e offerte di cose o animali, per questo i cristiani furono ritenuti dei senza Dio punibili con la pena di morte. Il libro della Apocalisse fu redatto tra il 90 e il 120 dC, in pieno periodo di persecuzione, in quella situazione bisogna situare le immagini ricche e complesse che arrivano a noi con un linguaggio, mutuato dalla mitologia, dalle tradizioni orientali e dalla apocalittica giudaica che non ci è proprio, non facile da decriptare.

Un segno grandioso
I segni nel cielo avevano nella rappresentazione apocalittica una valenza di portata cosmica tale da determinare il corso della storia, sono indice che qualcosa sta cambiando, che è necessario mettere attenzione alla storia, agli eventi che ci coinvolgono. Questo valeva per la prima comunità su cui incombeva la persecuzione ma vale anche per noi oggi soffocati dalle insicurezze, offuscati dalle paure.

Una donna vestita di sole
Nell'identificare questa “donna” occorre essere molto prudenti, vi troviamo reminiscenze mitologiche della regina del cielo (cfr. Ger 7,18) signora del giorno e della notte, come la raffigurazione tipica del mondo orientale dei popoli e delle città (cfr: Is 1,8 in cui Gerusalemme è chiamata “figlia di Sion”). Nell'apocalittica giudaica le dodici stelle richiamano le tribù d'Israele. Nel medioevo, dunque molto tardivamente, si vide nell'immagine della donna la Vergine Maria. “La donna non è né Maria, né Israele, né la Chiesa, bensì è meno e più di tutti questi referenti” (M.E.Boring). Questa immagine riflette l'esperienza storica del Popolo di Dio lungo i secoli dall'Israele alla Chiesa, dalla schiavitù dell'Egitto ai nostri giorni.
Le doglie del parto non fanno presagire nulla di buono, anche san Paolo afferma: E quando la gente dirà: «C'è pace e sicurezza!», allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta (1Tes 5,3).
La scena è davvero drammatica, la donna che gridava per le doglie e il travaglio del parto fanno immaginare tempi lunghi e dolorosi, mentre - lo sappiamo bene - all'improvviso avverrà la nascita. La sofferenza è segno di un passaggio, una chiamata ad andare oltre, a non chiuderci nell'auto contemplazione fine a se stessa, né ad opporsi al divenire degli eventi. Guardiamoci intorno, non rinserriamoci nel buio della nostra esistenza, non è che chiudendo gli occhi sparisce la sofferenza dalla terra, la povertà e il dolore sono più vicini di quanto pensiamo ma con l'aiuto di tutti e la solidarietà anche il dolore e la sofferenza sono capaci di generare qualcosa di nuovo e di diverso.

Un figlio maschio
L'immagine cede i toni della drammaticità e della tragedia annunciata, la donna partorisce un figlio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro. Ecco, colui che è stato annunciato dai secoli (cfr. Sal 2,7-9), colui che è nato è già sul suo trono. Ciò che è passato è già nel futuro, non è ancora totalmente passato che già possiamo contemplare “Ora” che si è compiuta la salvezza. La comunità giovannea si trova davanti ciò che è già compiuto nel divenire incerto e fragile della storia difficile da affrontare. È proprio lei nella sofferenza del parto che continuamente genera il Messia, giorno dopo giorno, nel buono e nel bello che riesce a diffondere nella storia degli uomini, in ciò che l'umanità apprezza e in quello che il mondo non riesce a apprezzare, nella ostilità e nella incomprensione. Vivere l'esperienza cristiana non è senza rischio né senza travaglio.

Fuggì nel deserto
Il deserto è luogo della prova, ma anche della maturazione, è luogo della fatica nella sopravvivenza ma anche quello della liberazione, è luogo del nulla ma anche quello del Tutto, dell'assenza e della presenza di Dio. La comunità cristiana vive il suo deserto, nella costante verifica di se stessa e nell'affinarsi nel comprendere l'amore del Padre.

 

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