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TESTO Commento su Giovanni 4,5-42

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III Domenica di Quaresima (Anno A) (03/03/2002)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Ogni giorno leggiamo sui giornali e ascoltiamo in televisione i risultati di qualche sondaggio. Vengono ormai commissionati sondaggi su qualsiasi tema. Non meraviglia dunque che si producano indagini statistiche anche sui fenomeni religiosi. I dati più recenti indicano che il 90% della popolazione italiana è interessata al religioso. Di questo 90%, a parte una piccola quota di appartenenti a religioni tradizionali minoritarie e a nuovi movimenti, il 33% si dichiara cattolico praticante e il 54% confluisce nel far-west religioso del credere senza appartenere. Cosa vuol dire quest'ultima espressione? Si riferisce ad una spiritualità vagabonda, di chi qualche volta va a messa la domenica, poi ascolta una conferenza del Dalai Lama, legge libri come la Profezia di Celestino, si interessa di Reiki e crede fermamente nella reincarnazione.

Per menzionare solo un altro dato, oggi la percentuale degli italiani che crede agli angeli è sensibilmente più alta di quelli che credono in Dio! Ecco dunque che un rinato interesse del religioso diventa una ricerca del magico, del miracoloso, del misterioso, che rischia di svuotare le nostre Chiese. Il "credere senza appartenere" è la forma moderna del politeismo: a seconda degli stati d'animo e delle situazioni, si evocano dèi diversi per ricevere conforto, soccorso o illuminazione.

Di fronte a questo supermarket della spiritualità, sta il brano del Vangelo di oggi. È Gesù ad avviare il colloquio con la samaritana. Gesù chiede alla donna un gesto semplice che ella è in grado di compiere: attingere acqua dal pozzo era infatti un'attività assegnata di consueto alle donne. Gesù mostra di sapere tutto della donna ma di non condannare nulla. Quindi Gesù rovescia lo schema: sii adesso tu, o donna, a chiedere a me l'acqua; sii adesso tu, o donna, a volermi conoscere e accogliere. Lei all'inizio non capisce. Si stupisce che un giudeo dialoghi con una samaritana. Si stupisce che un uomo possa tirar su lui l'acqua dal pozzo. Si stupisce che Dio si possa adorare né sul monte Sion dei giudei, né sul monte Garizim dei samaritani, bensì ovunque. Si stupisce quando Gesù «le dice che anche lei, donna, per di più quanto mai disprezzata, perché samaritana, impura, infedele al marito, e a più mariti, può partecipare alla vita vera, quella del rapporto d'amore con Dio che è tutt'uno con la sua libertà perché dipende soltanto da lei credervi» (Ida Magli). Lo stupore della donna cresce talmente che alla fine capisce: Gesù le sta chiedendo di accettare in sé lo Spirito, con la stessa semplicità con cui si beve dell'acqua quando si è assetati.

L'incedere stesso del racconto ci suggerisce come si realizza questo accoglimento dello Spirito. Non è la samaritana a cercare Gesù. Se lo trova davanti. Inizia ad ascoltarlo. Si accorge che parla proprio a lei, così com'è. Le basta continuare ad ascoltarlo. «Se tu conoscessi il dono di Dio...», dice Gesù alla donna. «Dammi quest'acqua», risponde la donna. Tutto qui. Lo Spirito non richiede mediazioni, preparazioni e giustificazioni. Va semplicemente accolto. E l'accettazione sincera non lascia spazio al nomadismo religioso. Lo Spirito estingue la sete, come annuncia il profeta Ezechiele al popolo ebraico: «Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati, vi purificherò di tutte le vostre sozzure e di tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio Spirito dentro di voi».

Ci siamo concentrati sulla prima parte del brano evangelico, ma la seconda parte è non meno importante. Gli apostoli attorniano Gesù. Non comprendono il suo colloquio con la donna. E Gesù risponde parlando della Chiesa. Coloro che hanno ricevuto lo Spirito diventano comunità, riconoscendosi l'un con l'altro in quanto riconoscono che Dio si è fatto uomo: qui Gesù, col riferimento al "mio cibo", preannuncia l'Eucarestia. Ma gli apostoli sono mandati a mietere quello che non hanno lavorato. I sacerdoti della Chiesa si limitano a raccogliere, a organizzare, a preservare una risorsa - la Grazia - che discende direttamente dallo Spirito su ognuno di noi se, come la samaritana, l'accogliamo.

Uscire dalla palude del "credere senza appartenere" richiede insomma due momenti. Il primo è l'ascolto e l'accoglimento dello Spirito. Il secondo è il farsi comunità, l'appartenersi reciprocamente nel Suo nome.

Lo Spirito è come "acqua viva" nella preghiera, che all'inizio nasce stentata, limitata, ripetitiva; poi man mano che la fede cresce (se cresce), trova nuove parole, nuove espressioni, nuova forza e nuova vitalità. Fino a giungere alla condizione in cui è lo Spirito che prega in noi e viene meno la distinzione fra i tempi dediti alla preghiera e il resto della vita: la vita stessa diventa preghiera.

 

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