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TESTO Il banchetto dei peccatori

don Marco Pratesi  

X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/06/2005)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 9,9-13

In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

La persona di Gesù attira i peccatori: essi infatti cominciano ad arrivare numerosi laddove il maestro, in casa di uno di loro, Matteo, che ha appena chiamato a seguirlo, siede a mensa. Dalla risposta che egli dà alla contestazione dei farisei si capisce bene che Gesù non semplicemente subisce o tollera questo affettuoso assalto dei peccatori. Egli lo sente invece come qualcosa di profondamente corrispondente alla propria missione: egli è venuto per chiamare i peccatori, perché sono quelli che stanno male ad avere bisogno del medico.

Con ciò è spiegata l'attrattiva che i peccatori hanno nei suoi confronti: è quella del malato nei confronti del medico. Essi stanno male, sono malati, e lo sanno: vanno dunque dal medico capace di guarirli.

Questo brano ci invita a porci delle domande: chi è sano? chi malato? Questi peccatori che vanno dal medico o questi giusti convinti di non averne bisogno? E se non si accorgono più della loro malattia, non sono forse addirittura morti o almeno sulla strada della morte? Hanno perso la spinta verso la vita vera, appagati da una loro vita che invece ne è solo apparenza, cattivo sostituto. I peccatori conservano un istinto di vita che li spinge verso il medico, hanno ancora una certa idea della vita vera, una nostalgia di essa.

Evidentemente, il Vangelo non fa un'apologia del peccato. Il peccato è una malattia, un'alterazione che si produce negli organi e nelle funzioni vitali dell'uomo interiore, una corruzione che può portare addirittura alla cessazione della vita, all'annullamento di ogni sensibilità e di ogni attività spirituale.

Oggi il Vangelo ci dice che la medicina per questo è la presenza del Signore, e abbiamo speranza di guarire se sentiamo in noi la spinta a rivolgerci a lui, a cercare la sua presenza. Così, il nostro peccato non deve scoraggiarci e tenerci lontano dal Signore, magari pensando che ci presenteremo a lui quando ne saremo liberi. Ma se *prima* ci liberiamo dal peccato e *poi* ci presentiamo al Signore, allora la nostra salvezza è nella legge e in noi stessi, e Gesù si limita a ratificare la nostra giustizia. Al contrario, la nostra risorsa è lui. Di fronte al nostro peccato, cerchiamo ancora più intensamente la sua presenza, il suo volto: è venuto a cercare proprio noi, così come siamo, nella nostra inadeguatezza. Cerchiamo con fiducia la sua vicinanza, cerchiamolo con tenacia nella sua Parola, nell'Eucarestia, nella Riconciliazione. La tribolazione del peccato sarà allora per noi un mezzo attraverso il quale ci avvicineremo ancora di più al Signore. E anche noi, con Matteo e gli altri, partecipiamo al grande, affollato, festoso banchetto dei peccatori perdonati.

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci guarisca dal male, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Chiediamo con fiducia al Padre che ci liberi da ogni male:

 

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