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TESTO Commento su Mt 6, 26-30; 33-34

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Sabato della XI settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (23/06/2018)

Vangelo: Mt 6,24-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

«Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel fuoco, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?... Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.... Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Mt 6, 26-30; 33-34

Come vivere questa Parola?
Meditando il brano stupendo del Vangelo di oggi, dicevo tra me e me che dovremmo rileggerlo più sovente, soprattutto nei momenti di affanno e di sconforto, quando magari facciamo fatica a prendere sonno e ricorriamo agli ansiolitici e ai tranquillanti! Il messaggio di fondo che Gesù offre a tutti noi «gente di poca fede», è fondamentale, e ci dice che non siamo soli e orfani, gettati in questo mondo per caso, ma che c'è un Padre-Abbà che ha cura di noi e non ci lascia mancare il necessario: «Se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel fuoco, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?».
C'è un verbo che attraversa tutto il brano di questo Vangelo: “preoccuparsi” (merimnàn), che non è soltanto preoccuparsi, affaticarsi, ma significa vivere nell'ansia e nell'angoscia. È un modo di vivere che manifesta un rapporto sbagliato con le cose, con la vita e con Dio. L'errore non sta nel cercare il cibo, i vestiti e i beni fondamentali, ma nel sopravvalutarli, credendo che siano loro unicamente a risolvere il problema esistenziale di dare sicurezza e serenità alla vita. Gesù fa leva sulla fiducia nel Padre. L'affannarsi è un modo di vita che non si addice al discepolo e tradisce la mancanza di fiducia e di abbandono filiale proprio della gente di poca fede.

Uno che invece ha accolto e ha vissuto pienamente il significato di questo brano evangelico in tutta la sua esistenza, è stato il santo Papa Giovanni XXIII. Il testo che riporto più sotto, si può avere tramite internet, cliccando su “Decalogo di Papa Giovanni”: lo lascio nella sua interezza alla meditazione e soprattutto all'imitazione di ciascuno di noi nella nostra vita.

La voce di Papa Giovanni XXIII
Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la buona Provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun altro esistesse al mondo”.
(Dal Decalogo di Papa Giovanni XXIII, numero 9)

Interessanti anche le due annotazioni finali:

“In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà”.
“Posso ben fare, per dodici ore, ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita”.
E termina proprio con la citazione dell'ultimo versetto del nostro brano evangelico: «Basta a ciascun giorno il suo affanno» (Mt 6,34).

Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it

 

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