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don Girolamo Capita (giovani)  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (29/05/2005)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Un vecchio detto del mio paese dice: "quand mej am magnet nszmr", cioè "quando mai abbiamo mangiato insieme". Di solito lo si dice per affermare che tra due persone non c'è mai stata, in fondo, una relazione di conoscenza intima e profonda.

L'atto di condivisione del pasto è da sempre un segno di comunione profonda tra i commensali. Ma oggi anche questo non è più vero, perché in un epoca in cui imperano gli interessi individualistici, dove vige la legge del pragmatismo utilitarista, anche la condivisione del pranzo e della cena ha perso il senso originario della convivialità e della comunione intima dei commensali. Infatti spesso sentiamo parlare di colazione, pranzo o cena di affari, e questi sono di carattere politico, economico, sociale o magari si condivide il pasto per discutere di affari loschi.

A volte succede anche che si banchetta nelle famiglie per occasioni importanti, invitando i parenti più stretti o gli amici più cari, ma dopo la condivisione dei pasti, può capitare una incomprensione, un litigio e con il passare del tempo, i commensali parenti o amici, diventano nemici al punto da non salutarsi più, o da ignorarsi, o peggio ancora può accadere che gli ex commensali si facciano la guerra, a volte anche in"tribunale". Quanti pasti abbiamo, tutti noi condiviso insieme con i genitori, i parenti e gli affini nella parentela, con amici, colleghi di lavoro, confratelli nel sacerdozio, consorelle? Quante di quelle relazioni, che hanno avuto il culmine nel banchetto conviviale ora non sono vive più?

Nonostante queste tracce di pessimismo dovute a una semplicistica osservazione della nostra realtà, io sono ricco di speranza. Per me la condivisione dei pasti, rappresenta ancora il mezzo, la via, per stabilire relazioni profonde con le persone, per conoscersi e amarsi sempre di più.

Con i giovani della parrocchia dove opero, dopo l'organizzazione e la realizzazione di un musical, abbiamo condiviso una cena, in un bel clima di gioia e familiarità cristiana. Grazie agli inviti a cena degli adulti del gruppo famiglia, di cui ha la cura pastorale il parroco, ho potuto entrare in un relazione diversa, bella e vera con le famiglie della parrocchia. Con i fidanzati che si preparavano al matrimonio, abbiamo organizzato un ritiro spirituale al convento dei cappuccini di Serracapriola (FG) e grazie anche alla condivisione del pranzo abbiamo stabilito una relazione alternativa e più calorosa tra di noi, rispetto ai soliti incontri di catechesi. Di fatti mi sono rallegrato nel vedere due coppie di fidanzati, che non si conoscevano prima degli incontri di preparazione al matrimonio, passeggiare insieme, in queste domeniche di maggio.

Dunque riguardo al banchetto io sono "tradizionalista". Io voglio essere come Gesù. Tra i suoi approcci con le persone, includeva in modo particolare il banchetto: alle nozze di Cana, a casa di Zaccheo, a casa di Lazzaro......!

Nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo, leggiamo nel vangelo di Giovanni, che Gesù da invitato alle nozze di Cana, diventa Colui che ci invita alla sua Mensa. Si, in questa domenica è lui che ci invita ad un banchetto, il più bello e importante per noi. Ragazzi, statene certi, Lui non ci invita perché vuole concludere degli affari con noi. Il suo invito ha un solo ed unico interesse: il nostro!

Egli ci invita a mangiare, qualcosa di prezioso e inaudito! Egli ci invita a cibarci di Lui stesso. Perché chi mangia la sua carne e beve il suo sangue ha la vita eterna e Lui lo risusciterà nell'ultimo giorno. Cosa significa ciò?

Recuperiamo il dato originario del banchetto. Colui che ci invita lo fa per stabilire con noi una relazione di intima e profonda conoscenza, reciproca, fondandola sull'amore. Colui che ci invita al suo banchetto desidera essere nostro Amico, per sempre!

Consideriamo il significato della vita eterna: vita di comunione d'amore con la Trinità, che ci viene donata nel battesimo. Sappiamo che è durante un banchetto che Gesù chiama i discepoli suoi amici, che gli lascia il comandamento nuovo dell'amore, che si cinge le vesti ai fianchi per lavare i piedi ai suoi, e infine che ci lascia, con le parole e i gesti sul pane e sul vino, il memoriale della sua passione, morte e risurrezione, istituendo l'eucaristia. Questo è il pasto più prezioso che Lui vuole condividere con noi. Per la potenza della Risurrezione, ogni volta che mangiamo alla mensa della Parola e della Eucaristia, cresciamo nella vita eterna. Non solo, ma cibandoci di Gesù Eucaristico, Lui ci assimila a sé. Allora buon banchetto.

 

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