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TESTO Cresce

don Luciano Cantini  

XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (17/06/2018)

Vangelo: Mc 4,26-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 4,26-34

26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Il regno di Dio
Queste due parabole, la prima propria di Marco mentre la seconda ha paralleli nei sinottici, hanno in comune diversi aspetti; il primo condiviso tra tante altre parabole è il paragone con il regno di Dio. È una espressione un po' ostica, non percepibile immediatamente, neanche gli Apostoli ne hanno compreso bene il significato. Gesù dedica molte immagini per aiutarci a comprenderne il senso, nonostante questo, nei secoli, la discussione è stata ampia e diversamente articolata, lontana da una comprensione univoca.
Nella preghiera del Padre Nostro invochiamo la venuta del regno di Dio, ma spesso rimane una espressione vaga che non si collega concretamente a nulla. Forse è perché l'immagine di regno la colleghiamo ad una dimensione spazio-temporale; meglio sarebbe l'espressione «sovranità di Dio» che ci libera da alcuni condizionamenti frutto della esperienza storica, Gesù dice che il suo regno non è di questo mondo (Gv 18, 36). Anche l'immagine del regno come realtà utopistica e futuribile dovrebbe essere messa da parte: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15).
Il regno di Dio ci riguarda, è esperienza dell'oggi da scoprire ed incarnare. È un'esperienza che non interessa solo il pensiero e l'esercizio delle virtù, quanto la trasfigurazione della storia, delle relazioni, del mondo e delle cose.

Il seme
Il Regno è come un seme, gettato o seminato, destinato alla terra, a nascondersi “dentro” la terra. Se pensiamo che nel linguaggio biblico la terra e l'uomo sono un tutt'uno [Adamo significa fatto di terra], ecco allora che quel seme è nascosto dentro l'umanità, nella sua storia, nelle sue relazioni. Quel seme racconta l'incontro dell'umanità con Dio: piccolissimo, insignificante, nascosto, eppure potente. Il suo vigore sta nella fragilità, la sua dinamica è nella passività, la sua evidenza nel nascondimento; è portatore di una forza vitale capace di diventare pianta e frutto, è segno di un futuro già presente, ha la concretezza di un sogno non ancora realizzato ma in atto, di una strada non percorsa ma già tracciata, invisibile ma c'è. Il seme esprime anche un bisogno, quello della terra perché la sua realtà non sia inutile, la sua potenzialità annullata, la sua vitalità morta, la sua libertà soffocata.

Cresce
C'è un lavoro umano che è di semina; la prima parabola lo rende con il verbo gettare il seme, sembra quasi buttarlo via, abbandonarlo alla terra che pur è stata preparata con cura, arata e sarchiata; l'uomo non vede neppure dove va a cadere quel seme gettato. Noi siamo più orientati a programmare, progettare, valutare costi e ricavi, considerare la redditività, seguire e intervenire nei processi di crescita. Ma la crescita non dipende dal contadino, è e rimane un mistero: dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce.
Quel seme, indipendente dal lavoro e dalla vita dell'uomo, cresce e dà frutto secondo i suoi ritmi e i suoi tempi. L'uomo non può influire sulla crescita della spiga e sul suo frutto. Così il Signore descrive il mistero del Regno che cresce non secondo progetti umani o visioni preordinate; cresce per dare il suo frutto e diventare talmente grande da dare ospitalità e riposo all'umanità. La sua presenza è nascosta come il seme sottoterra, cresce nel silenzio e impercettibile ad occhi disattenti: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19).
Ancora oggi nel terzo millennio cerchiamo di scorgere i germogli di novità nascosti ai nostri occhi abbagliati da fatti eclatanti, da parole “ad effetto”, da una economia incalzante che si susseguono in una corsa veloce. La crescita, invece, è lenta, paziente, silenziosa. Non diciamo forse che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce? I veri progressi umani sono lenti, frenati dalla impazienza e da una progettualità dagli obiettivi dubbi o dalla nostalgia di un passato che non è più.
Quando preghiamo “venga il tuo regno” noi chiediamo che la signoria di amore, di giustizia e di pace del Padre ci raggiunga, penetri il profondo del nostro cuore, orienti i nostri pensieri e l'agire; così nel mondo; oggi e in futuro. Sapendo che è necessario “cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia” nella certezza che tutto il resto ci “sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33).

 

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