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TESTO Commento su Matteo 21,12-16

don Michele Cerutti

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XII domenica dopo Pentecoste (Anno B) (12/08/2018)

Vangelo: Mt 21,12-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,5-15

5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.

11In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. 12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. 14Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città.

Siamo alle ultime domeniche successive alla Pentecoste e la Parola di Dio ci mostra un Dio che nei confronti del suo popolo adotta il metodo della correzione. E' un popolo che dimentica quante volte Dio stesso è intervenuto nella storia di Israele liberando il popolo dalle schiavitù e dando una terra. Ora questo popolo non è fedele e le promesse che nella storia ha garantito non è sempre stato in grado di tenere vivo.
La libertà Dio non la nega, ma nello stesso tempo sa correggerla. Di fronte all'infedeltà del popolo la conseguenza è inevitabilmente l'occupazione delle potenze straniere con l'inevitabile diaspora babilonese ad opera di Nabucodonosor. Ma se l'uomo è libero Dio è fedele agli impegni e già prevede un termine a questa occupazione. E' un Padre che attende sempre il suo figlio anche quando questo esercita in maniera sbagliata la sua libertà.
E' questa la grande pedagogia di Dio che ritroviamo spiegata nella grande parabola del figliol prodigo.
Il brano di Geremia lo esprime bene e ci fa comprendere che la misericordia passa anche attraverso la correzione e la purificazione. Termine quello di misericordia che appare con frequenza nel brano tratto dalla Lettera ai Romani. La misericordia di Dio sta in questo incrocio di purificazione da un lato e di braccia aperte dall'altro. Non consiste nel far finta di niente e nel far passare tutto. No nulla di tutto ciò, ma consiste davanti ad un errore commesso dall'uomo cercare di trovare una via per correggere e nello stesso tempo aprire le braccia per non farlo sentire escluso.
Una prospettiva educativa quella proposta da Dio che si riversa poi anche nella nostra vita e nelle nostre relazioni.

Mi viene in mente quello che afferma un grande Santo dell'educazione San Giovanni Bosco che si rivolge agli educatori dei giovani, ma le sue parole possono essere rivolte per ogni campo educativo.
Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, e obbligarli a fare il loro dovere, bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale, e della nostra Congregazione salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia, e solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un dovere.
Quante volte, miei cari figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di questa grande verità! E' certo più facile irritarsi che pazientare, minacciare un fanciullo che persuaderlo: direi ancora che è più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando è quella che adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo.
Difficilmente quando si castiga si conserva quella calma, che è necessaria per allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria autorità, o sfogare la propria passione.
Riguardiamo come nostri figli quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne ad ubbidire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l'aria in noi di dominatori; e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere. Così faceva Gesù con i suoi apostoli, tollerandoli nella loro ignoranza e rozzezza, nella loro poca fedeltà, e col trattare i peccatori con una dimestichezza e familiarità da produrre in alcuni lo stupore, in altri quasi lo scandalo, ed in molti la santa speranza di ottenere il perdono da Dio. Egli ci disse perciò di imparare da lui ad essere mansueti ed umili di cuore (Mt 11, 29).
Dal momento che sono i nostri figli, allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in maniera che sembri soffocata del tutto. Non agitazione dell'animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l'avvenire, ed allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione.
In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall'altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita.
Ricordatevi che l'educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l'arte, e non ce ne mette in mano le chiavi.
Studiamoci di farci amare, di insinuare il sentimento del dovere del santo timore di Dio, e vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte di tanti cuori ed unirsi a noi per cantare le lodi e le benedizioni di colui, che volle farsi nostro modello, nostra via, nostro esempio in tutto, ma particolarmente nell'educazione della gioventù.

Entrando nel dettaglio del brano evangelico tratto dal Vangelo di Matteo ci viene offerta una grande lezione di evangelizzazione. Lo stile della povertà. Colpisce il forte richiamo del Santo Padre Papa Francesco che continua a rivolgere ai sacerdoti a vivere nella dimensione della povertà.
Il 21 maggio 2018 il Santo Padre alla CEI richiamava con forza questo aspetto:
La povertà è “madre” ed è “muro” della vita apostolica. È madre perché la fa nascere, e muro perché la protegge. Senza povertà non c'è zelo apostolico, non c'è vita di servizio agli altri... È una preoccupazione che riguarda il denaro e la trasparenza. In realtà, chi crede non può parlare di povertà e vivere come un faraone. A volte si vedono queste cose... È una contro-testimonianza parlare di povertà e condurre una vita di lusso; ed è molto scandaloso trattare il denaro senza trasparenza o gestire i beni della Chiesa come fossero beni personali. Voi conoscete gli scandali finanziari che ci sono stati in alcune Diocesi... Per favore, a me fa molto male sentire che un ecclesiastico si è fatto manipolare mettendosi in situazioni che superano le sue capacità o, peggio ancora, gestendo in maniera disonesta “gli spiccioli della vedova”. Noi abbiamo il dovere di gestire con esemplarità, attraverso regole chiare e comuni, ciò per cui un giorno daremo conto al padrone della vigna.
Attenzione è importante riaffermarlo la povertà è un consiglio evangelico di tutti i battezzati non solo dei preti, frati e suore. Tutti debbono saper vivere questa dimensione comprendendola in maniera giusta non va resa sinonimo di miseria ma va contrapposta alla ricchezza e al possesso. Il consiglio evangelico della povertà ci deve rendere liberi davanti alle cose.
D'altra parte l'avidità e il possedere sempre di più qualcosa rischia di possederci e alcuni malesseri come ad esempio la dipendenza da gioco, lo shopping compulsivo sono frutto di tutto ciò,
Povertà è anche fiducia nella Provvidenza e cioè in Dio che veglia sulla nostra esistenza e si occupa di noi come dei gigli nei campi.

 

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