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TESTO Un Dio che è la fine del mondo!

don Alberto Brignoli  

Santissima Trinità (Anno B) (27/05/2018)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

“La fine del mondo”: il brano di Vangelo di oggi termina con queste parole. Parole che in ognuno di noi evocano pensieri e sentimenti molto diversi tra di loro, e non necessariamente legati agli ultimi tempi. Pensiamo a quante volte usiamo questa espressione: “È la fine del mondo”, “È il finimondo”.

Lo diciamo angosciati, ad esempio, di un evento meteorologico straordinario, oppure di una catastrofe naturale che lascia dietro di sé morte e distruzione.

Lo diciamo meravigliati di qualcosa talmente bello e affascinante che ci pare impossibile possa essere superato da qualcosa: una bella vacanza, una bella cerimonia, una bella donna o un bell'uomo che attirano la nostra attenzione, una bella casa, un bel luogo di villeggiatura, un bel vestito, un bello spettacolo, un piatto prelibato...chi più ne ha, più ne metta, di cose delle quali non esitiamo - proprio perché ci colpiscono positivamente - a dire “È la fine del mondo”.

Lo diciamo pure con pragmatismo, in negativo (“Non è poi la fine del mondo”), quando magari dobbiamo esortare qualcuno o anche noi stessi, a risollevarsi da una situazione difficile vissuta sulla propria pelle: un progetto non andato a buon fine, una delusione d'amore, un brutto voto a scuola, un malanno passeggero, e molto altro. Insomma, un'espressione che dice la nostra meraviglia, il nostro smarrimento e la nostra confusione di fronte a qualcosa che riteniamo - o è realmente - superiore alle nostre forze.

Oggi, che in pratica è il giorno del suo onomastico, possiamo provare ad attribuire questa espressione a Colui che è il totalmente e definitivamente superiore alle nostre forze: Dio. Non dovremmo avere problemi a definire Dio “la fine del mondo”, se questa cosa la diciamo anche di un terremoto, di una bomba d'acqua, di una persona affascinante, di un gustosissimo piatto di pasta o del concerto del nostro cantante preferito. Se Dio è - come lo è - superiore a tutto ciò che di umano o di naturale esiste, allora anche lui “è la fine del mondo”. E forse lo è anche per un altro motivo: è la fine del mondo perché ne è anche il principio. “Principio e fine di tutte le cose”, “Αlfa e Ωmega”, come lo definisce il libro dell'Apocalisse, Dio è proprio questo: l'assoluto, il totalmente Altro da noi, Colui che - superiore alle nostre forze e ai nostri sforzi di comprensione - si rivela a noi con il fascino, l'angoscia e il sano pragmatismo di una “fine del mondo”.

Sì, Dio si rivela a noi come la fine del mondo quando le forze della natura ci fanno sentire deboli e inermi, e l'unica possibilità di reazione che abbiamo nei suoi confronti è la classica domanda che gli rivolgiamo nei momenti di angoscia: “Ma dove sei finito?”. Dov'è Dio, quando accadono certi cataclismi naturali? Dov'è Dio, quando il clima impazzisce al punto che sembra davvero essere arrivata la fine? “Dove”, insieme a “perché”, è l'avverbio interrogativo presente il maggior numero di volte nell'Antico Testamento: e quasi sempre, introducono una domanda rivolta a Dio. E quasi mai, trovano una risposta plausibile da parte dell'interlocutore.

Ma Dio si rivela a noi come la fine del mondo anche quando alle nostre quotidiane e spesso esagerate “fini del mondo” si manifesta “in negativo”, facendoci cioè capire che non è proprio il caso, di fronte ai fallimenti, agli errori, alle cadute, ai momenti buoi, ai periodi di sconforto, lasciarsi andare come se, appunto, fosse davvero arrivata “la fine del mondo”. Se in questi momenti di sconforto, invece di andare nel pallone, di fare d'ogni erba un fascio, di gettare tutto - cose buone e cose cattive - nello stesso calderone, imparassimo a fare silenzio dentro e fuori di noi, forse avvertiremmo una voce che ci ripete la stessa, ultima frase del Vangelo di oggi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Ecco perché il nostro Dio è talmente grande, bello, terribile e potente, da essere davvero “la fine del mondo”: perché è il “Dio-con-noi-tutti-i-giorni”, in tutti quanti i giorni, quelli facili e quelli meno facili, quelli faticosi e quelli leggeri, quelli di lavoro e quelli di riposo, quelli in cui veniamo sconvolti dagli stravolgimenti del clima e della natura e quelli in cui i nostri sentimenti vengono rivoltati come un calzino dalla bellezza delle persone e delle cose che ci circondano.

Dio è con noi, tutti i giorni. E lo è da sempre, da quando l'uomo ha iniziato a contare i propri giorni, da quando Mosè parlava al popolo nel deserto dicendo: “Quando mai al mondo si è udito parlare di un Dio come il nostro, che fa udire la sua voce e ci lascia vivi, che ci sceglie tra tanti altri popoli e opera per noi prodigi?”.

Dio è con noi da quando - in sostanza, da sempre - ci ha rivelato che neppure lui può stare da solo; che se è Padre è perché ha almeno un Figlio; che se ama suo Figlio, è perché tra loro c'è Amore; che se tra loro c'è Amore è perché c'è uno Spirito che fa in modo che non smettano mai di amarsi. Non smettono mai: si amano tutti i giorni, fino alla fine del mondo. E decidono di amarsi per noi e con noi. Tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

Adesso, siamo onesti e facciamoci questa domanda: stando così le cose, con un Dio “come il Signore, nostro Dio, che è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo” abbiamo davvero paura della “fine del mondo”?

 

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