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TESTO Dalla resistenza alla resa, come figli adottati

diac. Vito Calella

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Santissima Trinità (Anno B) (27/05/2018)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Sarebbe bello che, ogni volta che facciamo il segno della croce, all'inizio di ogni celebrazione liturgica, ci ricordessimo del nostro battesimo. Non è scontato. La parole di Gesù, in questo giorno della solennità della Santa Trinità, ci parlano di battesimo: «Battezzate tutte le nazioni, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Partiamo allora ricordando nostro battesimo! Quel giorno fummo battezzati una volta per tutte nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Quel giorno fummo segnati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo per la vita di ogni giorno! Quel Battesimo, celebrato per noi una volta per tutte, non si esaurì in quel rito, ma rimanda all'Eucarestia domenicale, ripetuta continuamente perché ormai siamo stati “Cristificati”, cioè Cristo risorto «è con noi per sempre». Quando ci marchiamo col segno della croce, è come dire: «Questo nostro corpo, questa nostra esistenza vivente, è segnata per sempre dalla Presenza divina». Non è scontato. Gesù ci parla, attraverso l'apostolo Paolo. Siamo segnati per sempre dalla Presenza divina, ma c'è in gioco la nostra libertà, ci vuole la scelta personale di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo. Voglia o non voglia, con la morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, tutta l'umanità («tutte le genti) è già stata raggiunta da quell' «ogni potere che gli è stato dato in cielo e in terra», ciascuno di noi è già stato raggiunto, non da un potere di dominio e superiorità alla maniera umana, ma da un potere di liberazione, di riscatto, di salvezza perché si tratta della forza della gratuità dell'Amore divino, della forza del perdono, della forza della misericordia. Questa forza già abita in noi, perché è il dono pasquale dello Spirito Santo. Il segno della croce è un segno esteriore fatto con l'ausilio delle braccia, per indicare un “sigillo” interiore, quasi fosse una carta di identità spirituale, registrato per sempre nel nostro cuore, e nel cuore di tutti: siamo figli amati di Dio Padre. «Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio». «Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio». Siamo «figli adottivi» del Padre. L'essere «adottivi» non è insignificante. Dipende dall'accoglienza libera dello Spirito Santo già donato a noi dal Cristo risorto. Il Battesimo dovrebbe essere la celebrazione di questa adesione libera al dono dello Spirito Santo già presente nel profondo della nostra anima. Celebrato quando eravamo bambini, tanti di noi abbiamo scoperto il dono dello Spirito nel corso della vita, forse nel giorno della Cresima, o attraverso la testimonianza di fede dei genitori e di altri fratelli e sorelle della comunità. Così come un figlio adottato entra in una nuova famiglia, e ha tutto da scoprire, tutto da imparare nella nuova famiglia, così è anche la vita cristiana, dopo il battesimo, offerto a tutte le genti: è entrare come figli adottati alla scoperta della nuova famiglia della Santa Trinità, è un sentirsi figli amati del Padre, per mezzo del Figlio, a partire dallo Spirito Santo. Come ogni figlio adottato, entrato a contatto con la sua nuova famiglia, così il cristiano vive l'impatto con la nuova famiglia del Dio di Gesù Cristo in questo modo: passando dalla resistenza alla resa. Come ogni figlio adottato, ci sono resistenze da superare. Siamo tutti resistenti, e la resistenza oggi ci viene comunicata dalla parola di Dio come “dubbio” e “paura”. «Alcuni però dubitavano». «Non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura». La resistenza del dubbio è la percezione che Gesù non sia “il Dio con noi”. Resistiamo a questo annuncio così chiaro: “io sarò con voi fino alla fine del mondo”, perché siamo soffocati e travolti dai conflitti, dalla sofferenza nostra, fisica o psicologica, o dalla nostra condivisione per nulla poetica con chi soffre, con i poveri “persi del mondo”, vittime di ingiustizie o ridotti alla grande prova del limite della condizione umana, esposta a tanta fragilità e inconsistenza. Resistiamo perché non ci sembra possibile che il Cristo risorto ci sia anche nelle situazioni più assurde di dolore, di lutto, di morte. Eppure Lui, il Risorto, è il Signore della vita e della morte, è il Signore anche degli inferi, perché, in quanto vivo, è disceso anche nelle profondità più drammatiche di solitudine, di annullamento, di non senso dell'esistenza. Resistiamo a questo annuncio così chiaro: “io sarò con voi fino alla fine del mondo”, perché siamo ancora figli della religione della paura, schiavi di un'immagine di Dio onnipotente, inaccessibile, lontano, con il quale non si può entrare in contatto diretto, altrimenti si muore. Questo traspare nell'esperienza di fede del popolo di Israele, che abbiamo accolto dalla prima lettura. Pensiamo ancora che Dio imponga a noi l'obbligo di obbedire ciecamente ai suoi comandamenti, e siamo presi dalla paura della Legge che smaschera le nostre incapacità di corrispondere, i nostri peccati, e abbiamo paura di un Dio giudice, pronto a riversare su di noi l'ardore della sua ira. Il Cristo risorto ci invita a «salire sul monte»: è un salire simbolico, vuol dire fare un salto di qualità nell'esperienza di Dio, vuol dire passare dalla resistenza alla resa. “Resa” vuol dire avere il coraggio di liberarci dal dubbio e dalla paura. Lasciamoci dunque guidare dallo Spirito Santo, e non più dai nostri dubbi e paure, e scopriremo con grande stupore, che il Dio rivelato da Gesù Cristo è stato segnato per sempre dalla nostra umanità. Incredibile ma vero! Prima di essere segnati noi per sempre, col Battesimo, della sua divinità, Dio è stato segnato per primo e per sempre dalla nostra umanità. Non è affatto un Dio lontano! Per il mistero dell'incarnazione del Verbo, il Figlio eterno del Padre ha assunto la nostra umanità. Il Risorto ora vive nella eterna relazione trinitaria, in comunione con il Padre, nello Spirito Santo, ma vive con tutta il suo corpo crocifisso e trasfigurato, in profonda comunione con la nostra corporeità. La Trinità Santa è così segnata per sempre dalla nostra umanità. Per la forza dello Spirito Santo, Gesù risorto è presente in mezzo a noi fino alla fine del mondo nel corpo delle Sacre Scritture, perché è Lui che ci parla quando ascoltiamo la Parola di Dio e siamo «ammaestrati», e «insegnati» dalla sapienza dei suoi «comandamenti». Gesù risorto è presente in mezzo a noi fino alla fine del mondo nel suo corpo e nel suo sangue, nel sacramento dell'Eucarestia, e ci fa diventare tutti insieme suo Corpo, nell'essere comunità riunita nel suo nome. Gesù risorto è presente in mezzo a noi fino alla fine del mondo nel corpo dei ministri ordinati che lo rendono sacramentalmente presente in mezzo a noi come pastore del gregge. Ma Gesù risorto è presente in mezzo a noi fino alla fine del mondo anche nel corpo di chi soffre, in chi ha fame, in chi ha sete, in chi è migrante, in chi è in prigione, in chi è ammalato, in chi è lontano, in chi è accanto a noi nell'abisso della sua sofferenza. Ecco la resa. Non c'è più distanza tra noi e il Padre soprattutto quando, come figli adottati, ci sentiamo fragili e umili creature pienamente consapevoli della prova della nostra e altrui fragilità. Come figli adottati possiamo gridare «Abbà, Padre», e siamo capiti. Siamo nel Padre, che soffre con noi, ma al tempo stesso ci dona l'eredità della risurrezione, ci consola, ci riscatta, ci libera, ci fa sentire tutta la forza trasformatrice dello Spirito Santo, perché abbiamo partecipato, con la nostra consegna, «alle sofferenze di Cristo».

 

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