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TESTO Commento su Marco 8,34-38

don Michele Cerutti

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IX domenica dopo Pentecoste (Anno B) (22/07/2018)

Vangelo: Mc 8,34-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. 36Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? 37Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? 38Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».

La liturgia ci offre tre indicazioni per vivere il nostro discepolato: gioia, debolezza e nello stesso tempo coraggio. Elementi che fanno in modo che il discepolo di Gesù diventi santo perché la santità è di tutti i discepoli in forza del Battesimo. La santità è la vocazione comune di tutti i battezzati.
La gioia è l'elemento forte che spinge Davide a danzare per la vittoria dei Filistei e per aver riconquistato l'Arca dell'Alleanza. Lo spinge a vincere quei timori umani e riflettendo su questo brano mi risuona quello che Papa Francesco esprime nella recente esortazione apostolica Gaudete et Exultate. Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell'umorismo e senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza. Il malumore non è un segno di santità. A volte la tristezza può essere segno di ingratitudine nei confronti di Dio. Questo elemento ha caratterizzato la vita di Santi come Giovanni Bosco o Domenico Savio che attingono dalla spiritualità di Filippo Neri, San Tommaso Moro che non perde la nota gioiosa neanche nel momento del martirio. Una grande lezione ci offre Davide nella consapevolezza come affermava Don Bosco: La gioia è un dono di Dio, la più bella creatura uscita, dalle mani di Dio, dopo l'amore.
Chi non è abitato dalla gioia ha doppi fini da mostrare.
Mical non è che si vergogna del re nudo, ma prova rabbia perché il padre Saul l'aveva data in moglie a Davide e questi non le aveva dato un figlio e Lei sarebbe stata più importante di Davide in quanto discendente di Saul. La frustrazione che porta Mical le fa dire che non è in grado di fare il re. D'altra parte il demonio è geloso della gioia che abita l'uomo di fede. Davide riconosce il primato di Dio. Un Dio che entra nella storia sconvolgendo tutte le nostre visioni di grandezza.
Paolo è chiaro nel brano tratto dalla Prima lettera alla Comunità di Corinto. Se l'elemento per la santità a cui ci richiamava Davide era la gioia. Paolo ci esorta alla debolezza. Cosa vuol dire debolezza? Questa va intesa in maniera giusta perché si oppone alla logica del mondo. La vita di Gesù è sempre controcorrente nasce e si muove ai margini dell'Impero Romano lontano dai centri di potere. La vita di Gesù si spegne agli occhi del mondo in maniera incomprensibile. Gesù sceglie pescatori analfabeti alla sua Sequela non grandi intellettuali del tempo.
Guardando ai Santi che la Chiesa ci propone sono uomini e donne che hanno fatto straordinaria la loro ordinarietà. Abbiamo santi che provengono dalla nobiltà o da grandi case reali, ma si uniscono una schiera di persone semplici. D'altra parte Gesù stesso elogia il Padre per essersi rivelato ai piccoli non ai dotti e i tanti santi anche quelli nascosti che abbiamo conosciuto tra parenti e amici sono la testimonianza di questo.
La santità è caratterizzata da gioia da un lato, debolezza intesa come piccolezza dall'altro e nello stesso tempo c'è anche la determinazione. La determinazione va intesa come testimonianza coraggiosa che non si vergogna. Gesù in questa pagina del Vangelo è chiaro. Oggi possiamo cadere tutti quanti nella vergogna di definirci cristiani per paura di essere giudicati. Nel club degli amici, a scuola, nel lavoro potrebbe nascere il tentativo di nascondere la nostra fede. E' questo il momento di prendere la nostra Croce e seguirlo, sapendo che vivere l'esperienza cristiana vuol dire non avere riconoscimenti e applausi, ma molte incomprensioni.
Il Vangelo rimprovera la nostra coscienza perché se ci vergogniamo di Lui, Lui stesso si vergogna di noi. Riflettiamo su quante volte siamo caduti anche noi nella vergogna e abbiamo seguito la corrente di chi non vuol sentire parlare di Gesù e anzi deride i discepoli. Sono domande che dobbiamo porci e nel chiedere perdono occorre invocare lo Spirito per domandare il dono della fortezza che ci fa vivere nella dimensione della testimonianza fatta senza vergogna e nello stesso tempo senza spavalderia, ma che consiste nella via del rispetto.

 

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