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TESTO Lo Spirito che ribalta

don Cristiano Mauri  

Pentecoste (Anno B) - Messa del Giorno (20/05/2018)

Vangelo: Gv 15,26-27; 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,26-27; 16,12-15

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Il dono dello Spirito è accompagnato da segnali prodigiosi: frastuono, come di vento forte e poi le «lingue di fuoco».
È da notare che l'espressione «lingue di fuoco» è la stessa con cui poi si dice che gli apostoli si esprimevano in «molte lingue».
Lc sembra suggerirci che lo Spirito si manifesta anzitutto nel registro linguistico.
È Qualcuno, cioè, che ha a che fare con la parola, non anzitutto perché è Lui a parlare, ma perché fa parlare altri.
Le lingue di fuoco, infatti, sciolgono le lingue degli apostoli che iniziano a parlare in diversi linguaggi.
Potremmo dire che, in qualche modo anche prima già lo facevano, considerato che ogni persona ha un suo particolare modo di esprimersi, un suo proprio «linguaggio», costituito dai suoi modi di dire, di fare, di gesticolare, di vedere le cose, di relazionarsi, etc.
Ora, però, gli apostoli comunicano in modo nuovo, con canali che prima non sapevano né potevano usare, secondo modalità alle quali fino a quel momento non riuscivano ad attingere.
È interessante notare come gli apostoli inizino a parlare nuove lingue inizialmente tra di loro e solo successivamente con la gente.
Lo Spirito crea incomunicabilità dove c'era quanto meno un terreno comune di comprensione e di conoscenza?
Al contrario, ovviamente. Solo che la prospettiva spirituale è un'altra.
Lo Spirito è uno ma le lingue sono molte, quasi che voglia lasciare a ciascuno la sua lingua, anzi, come se provi gusto nel marcare le diversità ancor più di quel che sono.
Lo Spirito donato alla nostra unicità ci rende ancora più unici.
Sembra la condizione peggiore per capirsi, sembra la fine di ogni possibile comunione; invece lo Spirito fa sì che la condizione della maggior diversità sia quella della perfetta comunicabilità.
Da una possibile morte, alla vita.
Mentre normalmente si considera sinonimo di comunione o di buona comunicazione l'assomigliarsi o almeno avere qualcosa in comune, lo Spirito stabilisce la diversità più marcata come condizione migliore per la comunicabilità.
Lo Spirito però non crea comunicabilità attraverso la scoperta di un denominatore comune (ci accordiamo su ciò che piace a entrambi) piuttosto attraverso «l'esprimersi» di ciascuno.
Egli agisce perché ognuno possa tirare fuori le proprie peculiarità e perché possa lasciare emergere il tesoro della propria unicità. Nell'esprimersi autentico si dà vita alla comunione.

È l'ennesimo ribaltamento.
L'ennesima narrazione del Dio che dove c'è la morte fa sorgere una vita nuova.
È il rovesciamento pasquale del Risorto che lascia vuoto il sepolcro e che abbiamo contemplato per i 50 giorni di questo tempo di Pasqua.
Che lo Spirito ci ribalti. Almeno un poco.

 

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