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TESTO Commento su Giovanni 6,51-58

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (29/05/2005)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

* Possiamo avvicinarci un po' al senso della festa che celebriamo oggi a partire da una parola che è tra le prime che la mamma insegna – o cerca di insegnare - al bambino, quando questi riceve un dono... "come si dice?", "di' grazie"; "grazie", una parola che sicuramente ci capita di ripetere spesso anche da adulti, "ti ringrazio"- diciamo - "grazie... grazie, per tutto quello che hai fatto per me..."

Sì, perché una delle prime parole che le comunità cristiane delle origini usavano per parlare del "Corpus Domini", del corpo di Cristo, era - ed è tuttora - eucaristia, che significa "rendimento di grazie", ringraziamento, espressione di riconoscenza per un dono ricevuto...

Normalmente è facile, non ci costa nulla dire "grazie", può essere anche gesto di gentilezza, di buona educazione... addirittura può essere segno soltanto di formalità ostile... A volte però può anche essere molto difficile, anzi in qualche situazione può diventare quasi impossibile riuscire a dire grazie...

* Dire grazie a qualcuno significa ricordare, avere presente ciò che questi ha fatto per il nostro bene nel passato, o ringraziare per ciò che sta facendo per noi adesso e che ci auguriamo continuerà a fare in futuro...

La prima lettura, dal Dt, ci dice proprio: "Ricordati di tutto il cammino..." guarda indietro alla tua vita, qui paragonata ad un cammino nel deserto: a volte è stata come una prova, una verifica di noi stessi, per vedere da che parte stavamo. Anche a noi Dio ha fatto provare la fame: se non quella del cibo materiale per il corpo, ci ha fatto provare però una fame forse ancora più forte, quella di essere amati, di ricevere affetto, riconoscimento... una fame diciamo dell'anima, quella di chi si rende conto che da solo non può darsi un senso. Così lungo questo cammino della vita ci si può accorgere che non si vive di solo pane, cioè di tutto quello che ci fa vivere fisicamente, il cibo, il vestito, lo svago... ma che l'uomo ha vita vera soltanto quando vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. "Ricordati, non dimenticare" il Signore che ti liberato dalla schiavitù, ti ha condotto in questa terra assetata per farti gustare l'acqua scaturita dalla roccia arida, per nutrirti con la manna; tutto era prefigurazione del pane di vita di cui parla il vangelo, il dono più grande per cui ringraziare: Chi mangia questo pane vivrà in eterno.

* Così come il Signore ha liberato e nutrito il suo popolo nel cammino dell'esodo, allo stesso modo ha fatto anche con tutti noi che siamo qui: ci ha liberati della schiavitù del peccato a partire dal battesimo e ci nutre continuamente con il suo corpo, vero pane per la vita eterna.

Da quel ricordo, come da questo nasce il rendimento di grazie, l'eucaristia... Occorre fare memoria per poter ringraziare: Gesù stesso ce lo ha comandato: "fate questo in memoria di me".

Ma, come dicevamo, non è sempre facile ringraziare, occorre coltivare un atteggiamento di gratitudine, per essere in grado di farlo anche quando è difficile.

Ma anche qui il Signore ce lo insegna avendolo vissuto in prima persona:

"Nella notte in cui fu tradito, prese il pane e rese grazie..." (preghiera eucaristica III); viene tradito e rende grazie! Cristo ringrazia perfino in uno dei momenti più tristi per una persona: quando si viene traditi da un amico... o come aveva già detto Giobbe, colpito dalla perdita dei suoi figli e tormentato dalla malattia: "Dio ha dato, Dio ha tolto, Dio sia benedetto".

* Ricevendo l'eucaristia noi riceviamo questo Cristo che è in stato di donazione, che viene tradito, consegnato, crocifisso... e che continuamente rende grazie.

Noi facciamo la comunione: che cosa vuol dire fare comunione? Semplicemente "prendere l'ostia"? O significa qualcos'altro? Non significa forse entrare in comunione, in relazione profonda con questo Cristo in stato di donazione, con quell'unico pane spezzato - di cui ci parla la seconda lettura - che è comunione col corpo di Cristo, quell'unico pane che ci rende tutti un solo corpo?

Non significa allora entrare in comunione, in profonda comunione con tutti quelli - e sono milioni in tutto il mondo - che oggi ricevono lo stesso corpo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti siamo un corpo solo. Ricevere il corpo di Cristo significa entrare in comunione con tutti, con i nostri cari vivi o defunti, con gli amici ma anche con quelli che ci sono ostili, con quelli che ci fanno soffrire (cf. "amate i vostri nemici...").

E se comunichiamo ai beni celesti, immortali - come dice un antico testo cristiano (Didaché IV,8) - come non comunicheremo ai beni che periscono, come potremo non condividere il pane terreno? Come potremo mangiare insieme alla tavola del Signore e poi ignorare chi ha fame intorno a noi (fame materiale o spirituale)?

* Se impareremo a dire grazie in ogni situazione entreremo in profonda comunione col Corpo di Cristo, con quel corpo spezzato per essere condiviso che riceveremo tra poco, e allora tutta la nostra vita sarà davvero eucaristia.

Commento a cura di don Pino Pulcinelli

 

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