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TESTO Chiama gloria ogni gesto di amore

don Angelo Casati  

V domenica T. Pasqua (Anno B) (29/04/2018)

Vangelo: Gv 17,1b-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. 2Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. 5E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.

6Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.

9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

Sembra un gioco di parole e non è un gioco di parole. Un verbo ed una parola attraversano tutto il brano del vangelo di Giovanni, il verbo "glorificare" e la parola "gloria". Dentro una preghiera. Di solito il pregare di Gesù nei vangeli è un pregare nascosto, non odi voce. Qua e là, ma raramente, odi voce, poche parole. Qui invece Giovanni ricostruisce una lunga preghiera, è la preghiera a conclusione dell'ultima sua cena. Aveva dato sfogo a parole d'addio, ed ecco "alzàti gli occhi al cielo, disse: Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te". Ci prende commozione a vedere quei suoi occhi che dopo aver a lungo indugiato ai visi rabbuiati di tristezza dei suoi discepoli, ora si alzano - "alzati gli occhi" - e indugiano al cielo, sostano al viso del Padre. Come se ci dicesse che, alla fine. basta parole, rimane una preghiera.

Nella consapevolezza che è giunta l'ora: "Padre" disse "è giunta l'ora". Voi ricordate che a Cana di Galilea, quando la madre gli chiese che si desse da fare per il venir meno del vino, lui le rispose che ancora non era giunta la sua ora. La sentì avvicinarsi poco a poco. Ora era giunta. Era l'ora della croce. E ancora una volta noi siamo messi di fronte al paradosso, perché noi la gloria la leghiamo a un innalzamento.- E qui c'è da stropicciare gli occhi, perché l'innalzamento c'è, ma è su una croce, in una esecuzione di malfattori. Ecco, guarda la gloria. Non finire di guardare, fissa nei tuoi occhi la gloria. E ritorna a fissarla. Lo guardi crocifisso, da malfattore, in lui scorgi un dilagare di luce. Lui l'unico luminoso in un vociare di umanità abbruttita, sotto le croci. Vero splendore, luce vera, vera gloria, accade, quando uno ama. Ed è come se Gesù dall'alto ci insegnasse che ogni gesto d'amore - non importa quale, se piccolo o grande, non importa da chi sia fatto - è narrazione della gloria di Dio. Nel momento in cui accade un gesto d'amore accade gloria di Dio.

Figuratevi sulla croce. Tu alzi gli occhi all'innalzato ed è come se una voce ti confermasse che la preghiera di Gesù è stata esaudita: "Padre glorifica il tuo Figlio". L'ha glorificato: è risorto. Penso che oggi tocchi a noi: Gesù ha detto pensando ai discepoli: "Io sono glorificato in loro". "Ma da me, dalla mia vita gli viene gloria?": ecco la domanda. Gli venne gloria certamente da Stefano. Ascoltando le sue parole trascritte nel libro degli Atti, oggi ci veniva spontaneo pensarlo: Gesù è stato glorificato in Stefano. Che ha creduto in Gesù. Che ha il coraggio di smentire le accuse con cui l'hanno arrestato. Il nostro brano inizia con un generico: "in quei giorni Stefano rispose...". A chi sta rispondendo Stefano? Il sommo sacerdote gli aveva chiesto se le cose stessero proprio così come le avevano formulate i suoi accusatori. Gli disse. "Le cose stanno proprio così?" Ed ecco il discorso risposta di Stefano. Di che cosa era accusato? E' scritto.

I falsi testimoni dicono: "Costui non fa' che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato". Capite, a loro interessa il tempio e le usanze. Hanno fatto del tempio e delle usanze un assoluto, e quindi una prigione, non ci si muove di lì. Non so se ha colpito anche voi la rilettura che Stefano fa della storia dei Padri come di una storia di cammini. Dove si inceppa il racconto? Il punto di rottura avviene quando Stefano, giunto a ricordare Salomone e la costruzione del tempio, citando Isaia, dirà: "L'Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo come dice il profeta...Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito santo. Come i vostri padri, così anche voi".

Dunque i giudei che condannano Stefano sono di quelli che non ammettono una presenza libera di Dio nella storia, hanno chiuso Dio in uno schema religioso. Hanno richiuso il cielo. Mentre Gesù è il Dio dei cieli aperti, il Dio del cammino. Ora sappiamo da dove viene lo scontro che porterà Stefano alla lapidazione. Che cosa rappresentava Stefano? Stefano rappresentava l'innovazione. Come Gesù. Ebbene non vi sembra significativo che i capi di accusa contro Stefano siano sorprendentemente gli stessi capi di accusa lanciati contro Gesù? Di Gesù dicevano: mette in discussione le tradizioni, il riposo del sabato, le leggi della purità rituale, i tabù esteriori della morale, ecc. E, secondo capo d'accusa, relativizza il luogo santo, il tempio.

Ebbene Stefano, proprio perché aveva sposato fino in fondo questa linea innovatrice, la strada della libertà coraggiosa, della fedeltà allo Spirito, scatena la reazione violenta della classe dirigente, degli ambienti arroccati del tempo, degli osservanti intransigenti, di quelli che dicono di difendere la tradizione, ma l'hanno mummificata. Stefano scatena la reazione, diventa, come Gesù, un eretico. Come Gesù viene portato fuori dalla città, perché la sua morte non sporchi la purezza della città. E, allora, ecco la domanda: non corro forse anch'io il pericolo di ridurre la mia fede a leggi, a nomi, a prestazioni? Quando invece la fede è essenzialmente fiducia, è una relazione, non cose, ma una relazione, con Gesù. Pensate a Stefano.

Mancavano minuti, pochi, alla lapidazione, e di lui è scritto: "Pieno di Spirito santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: Ecco contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio". Per lui Gesù era una persona viva. E per me? Per noi?

 

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