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TESTO Commento su At 9,26

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

V Domenica di Pasqua (Anno B) (29/04/2018)

Brano biblico: At 9,26-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,1-8

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

“In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.”
Atti 9,26

Come vivere questa Parola?
Paolo ha vissuto l'esperienza più forte che possa fare un uomo: l'esperienza di un momento del tutto superiore a quelle tipiche di una vita mortale.
Ecco il fatto mentre cavalcava in folle corsa verso Damasco con la lista dei nomi di quanti, pur essendo ebrei stavano accettando il Vangelo. Paolo era stato improvvisamente disarcionato. Una luce sfolgorante lo aveva accecato e una voce dall'Alto lo aveva interpellato: Perché mi perseguiti?
Incredibilmente sgomento e nello stesso tempo forte di una serenità nuova, Paolo riprese il viaggio e Anania, in nome di Dio e del Vangelo, fu strumento di repentina guarigione degli occhi e di riabilitazione per Paolo e di piena apertura alla fede cristiana.
È questo un antefatto importante per capire come, anche a Gerusalemme, una terra dove vivevano i discepoli, Paolo non ebbe un soggiorno facile neppure presso di loro.
Chiaro il perché: avevano paura, non essendo ancora persuasi della sua conversione.
Non è difficile immaginare quel che Paolo avrà sofferto: qualcosa di simile a una grande delusione con artigli di insorgenti tentazioni.
Il demonio, astuto com'è, volete che non gli abbia sollevato in cuore la voglia di farsi valere nell'immediato proclamare a tutti la ragione della sua venuta, e magari di fare ciò con espressioni violente?
Ecco, quel che capitò a Paolo non è poi tanto dissimile da quel che può succedere anche a noi. Ci prefiggiamo il bene, lanciamo un'iniziativa oppure accettiamo di collaborare con entusiasmo a quelle altrui. E, guardiamo: quel tale insinua che tu operi per interesse, quell'altro va dicendo che certo cè di mezzo la tua vanagloria... Insomma non son ‘rose e fiori' ciò che vai cogliendo mentre intendi di operare il bene.

L'antidoto? Credo sia proprio una più intima unione a Gesù che abita in te, pregandolo così:

Se tu, che hai compiuto tutto il bene possibile, sei stato trattato da malfattore fino a essere appeso alla croce, non devo stupirmi di quel che sta capitando a me. Dammi solo cuore chiaro nel continuare a fare il bene, dammi un cuore forte nel lasciar cadere le foglie secche e ingiallite delle chiacchiere.

La voce di uno scrittore
“Vivere pienamente significa liberarsi dalla zavorra che è il giudizio degli altri su di te.”
Jack Thommen

Sr Maria Pia Giudici FMA - info@sanbiagio.org

 

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