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TESTO Sulla terra le sue orme

don Angelo Casati  

III domenica T. Pasqua (Anno B) (15/04/2018)

Vangelo: Gv 14,1-11a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

Leggendo i testi biblici di questa liturgia mi chiedevo su quale testo fermarmi, indugiare. Rimanere nel cenacolo indugiando sulle parole di Gesù a conclusione dell'ultima sua cena o sostare nelle ombre del carcere, dove Paolo e Sila sono rinchiusi e poi nella casa del carceriere che dall'imprigionamento dei due passa a prendersi cura di loro? C'è sempre, o quasi sempre, un filo rosso che lega letture e pensieri. La scorsa domenica Gesù entrava nella casa - era la sera di Pasqua -. Trovò i discepoli impauriti, con il cuore turbato. Ce n'era ben donde! Dopo tutto quello che era accaduto. A fatti accaduti.

Ma già prima che i fatti accadessero, la sera dell'ultima sua cena, aveva sorpreso negli occhi dei suoi discepoli, i suoi amici, turbamento e smarrimento. Li guardava, uno a uno. Disse loro: "Non sia turbato il vostro cuore". Ma come potevano non essere turbati? Aveva parlato loro di tradimenti, di rinnegamenti, di separazioni? E poi - diciamola tutta: non portava forse anche lui - lui per il primo - negli occhi segni di turbamento? Non è forse vero che, qualche versetto prima dei nostri, Giovanni scrive: "Gesù fu profondamente turbato"? (Gv 13,21).

Sembra di sfiorare il paradosso: uno, profondamente turbato, osa dire: "Non sia turbato il vostro cuore"! A turbare tante cose, ma forse su tutte la separazione. Mi chiedo se a turbare il mio cuore - forse anche il vostro - in certe ore, non sia una cosa, su tutte: la separazione. Aveva infatti appena finito di dire loro: "Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire" (Gv 13,33). Tenero: "Figlioli": disse. Così li chiamò: "Figlioli".

Ma poi a contenere lo sgomento per la separazione, aggiunse che sarebbe stata per poco, che non sarebbe stata una separazione definitiva. Andava a preparare un posto, sarebbe ritornato e li avrebbe presi con sé. E non sarà proprio questo - me lo chiedo - che ci salva dalla devastazione del turbamento all'approssimarsi di una separazione da chi amiamo, da chi è molto importante nella nostra vita per l'affetto che ci lega? Che la separazione non sia definitiva, che è per poco. E lui lo disse loro. Si può sopportare dunque un'assenza - la sua e mille altre assenze - a patto di non essere dimenticati, a patto di rimanere nel pensiero dell'altro.

È l'essere dimenticati che rende la separazione insopportabile, Paradossalmente può avvenire anche rimanendo, rimanendo fisicamente insieme: insieme, ma non ci sei, non ci sei, con il pensiero, per l'altro. Al contrario Gesù non ci dimentica. Dice: "Ritornerò". Disse anche che del luogo dove sarebbe andato loro conoscevano la via. E intervenne subito - non poteva essere altrimenti - Tommaso. Lui l'impetuoso, lui l'irriducibile. Intervenne a mettere i puntini sulle i: "Signore, non sappiamo dove vai: come possiamo conoscere la via?". Ed ecco, la risposta, una delle affermazioni più stupefacenti, oserei dire audaci, del vangelo. Gesù disse: "Io sono la via, la verità e la vita".

E' una affermazione sconvolgente in tanti sensi. Io ne riprendo uno. Sconvolgente perché è come se fossimo strappati all'astrattezza di tanti nostri discorsi noiosi su che cosa è vita, che cosa è verità, che cosa è via. Gesù personalizza. Dice: "Sono io". Lo guardi. Non è forse vero che abbiamo corso il rischio di ridurre il cristianesimo a definizioni, a dogmi e a norme, quando il cristianesimo è essenzialmente una persona, una relazione con una persona, la persona di Gesù. La via non è una astrazione, è Gesù. La verità non è una astrazione, è Gesù. La vita non è una astrazione, è Gesù. Vedete con quanta forza Gesù personalizza. Cerchi la via? Guarda Gesù. Cerchi la verità? Fissa Gesù. Hai sete di vita? Attingi a Gesù.

E guardiamoci dall'interpretare queste parole di Gesù come fossero escludenti, come se chiudessero in un cerchio... Non sono parole che riducono l'orizzonte. In questo senso vorrei leggere - e voi mi perdonerete l'interpretazione - la precedenza data alla parola "via": "io sono la via, la verità e la vita". Io sono la via, la via per un cammino verso la verità, verso la vita. Ebbene la parola "via" non è immobile, dice cammino. Non il fine corsa. Tu hai scoperto Gesù come cammino. Lo hai chiamato "Via". Seguilo. So di avervi ripetuto, sin quasi alla noia, che i primi cristiani così venivano indicati dai loro conterranei: indicati come "quelli della via".

Camminano sulle orme. O forse meglio anelano a camminare sulle orme. Di Gesù. Ebbene forse ce lo meritiamo anche noi il rimprovero di Gesù a Filippo - io senz'altro -: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto?". Lo conosciamo così poco Gesù! Ci preoccupiamo troppo poco di cercare il suo volto nelle Scritture. In certa misura è ancora un estraneo. Il tempo mi è passato e posso solo fare un riferimento brevissimo al brano intrigante e commovente degli Atti degli Apostoli. Paolo e Sila sono in carcere e nella notte, in preghiera, cantano inni a Dio.

Chissà, forse in cuor loro si erano riaccese parole, che erano state tramandate loro come parole del Maestro: "Non sia turbato il vostro cuore". Cantano. Ed è bellissimo: gli altri carcerati li stanno a guardare. Se i nostri occhi sono senza speranza .a chi mai verrebbe la voglia di guardarci? Nel carcere avviene un terremoto, si apre per loro la possibilità di una fuga. Leggono sgomento e paura negli occhi del carceriere. Che potrebbe essere inquisito e incolpato, e già pensa a un suicidio. "Non farti del male" gli dicono Paolo e Sila. E rimangono. Ma come può avvenire questo? Voi mi capite, per loro la via era Gesù, via era quello che aveva provato in cuore e fatto Gesù. Lui non era sceso dalla croce, lui aveva pregato per i suoi oppositori. Fanno quello.

Ed è bellissimo, il carceriere e la sua famiglia credono in Gesù, la via, sono battezzati. E la via mette in cammino: da un carcere, da una vita come carcere, a una casa a una vita come casa. Ecco che cosa cambia a seguire Gesù. Ascoltate. Mi fermo all'immagine. Che troppo mi commuovo se penso al buio e alle catene del carcere. E' scritto: "Li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio". Non più il carcere ma la casa. E quante carceri, pensate, da convertire in casa! A una condizione: che per noi Gesù diventi la via. E noi a seguirne le orme.

 

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