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TESTO Chi dona al prossimo presta a Dio

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/06/2005)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

L'episodio di cui alla prima lettura di oggi, relativo alla ricompensa della Sunamita per aver ospitato un forestiero, non è affatto nuovo per quanto concerne la tematica biblica dell'accoglienza e la giusta ricompensa che ad essa consegue: già a Sarai, moglie di Abramo, era avvenuto di ottenere un figlio nonostante la tarda età, grazie alla generosità e all'apertura del marito nei confronti di tre visitatori improvvisi, che questi aveva accolto semplicemente perché uomini forestieri e bisognosi di assistenza, ma che poi aveva identificato come il Signore e i suoi angeli. (Gen 18, 10 e ss); poiché lo aveva accolto nella sua casa come un profeta e gli aveva prestato attenzione in tutto quello che le aveva indicato, Elia ricompensa una donna di Zarepta resuscitando il suo bambino improvvisamente defunto, e anche l'atteggiamento della prostituta di Gerico che accoglie nella sua casa le spie inviate in avanscoperta da Giosuè ad esplorare la città (Gs 2 – 3) può considerarsi come allusivo alla generosa disponibilità ad accogliere il prossimo con fiducia.

Tutti glie episodi appena citati si riferiscono alla disponibilità a prestare attenzione e accoglienza al prossimo, sottolineano la generosità e lo spirito di accoglienza che caratterizza tutti questi personaggi, tuttavia racchiudono un comune denominatore pedagogico che si riassume nella certezza che ACCOGLIERE IL PROSSIMO FORESTIERO EQUIVALE AD ACCOGLIERE DIO; e del resto anche il Figlio di Dio, Gesù Cristo, si esprimerà in questi termini: "Chi accoglie voi, accoglie me; chi disprezza voi, disprezza me."; " Chi avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca ad uno di questi piccoli, perché mio discepolo, in verità vi dico, non perderà la sua ricompensa."

Forse in questi elementi scritturali possiamo comprendere anche la motivazione per cui, ancora oggi, persistono le differenze discriminatorie fra ricchi e poveri e possiamo comprendere il perché di questo ingiusto divario mondiale fra opulenza economica e condizioni di misera e di sfruttamento: tali discriminazioni non possono mai considerarsi giustificate e vanno certamente combattute con tutti i mezzi, ma come potremmo noi esercitare la bontà e la sollecitudine verso mi bisognosi se non vi fossero situazioni di miseria e di povertà? Come potremmo prodigarci verso i poveri e i bisognosi se non esistessero indigenze materiali? In una parola, come potremmo avere l'opportunità di riconoscere Dio che non vediamo nel prossimo che vediamo (Cfr 1Gv)? Evidentemente, il fatto che esistano situazioni di malessere e di miseria non è per niente casuale, visto che ci offre l'occasione di essere sensibili e accoglienti verso il prossimo bisognoso. E' il caso di dire che Dio esercita la sua provvidenza attraverso la nostra disponibilità e il nostro buon cuore e non potremo mai pretendere ricompensa alcuna dal Signore se non avremo saputo riconoscerlo nel povero e nel bisognoso. Dice la scrittura: "Chi dona al prossimo, presta a Dio che gli restituirà in modo adeguato.

Sempre gli stessi riferimenti episodici di cui sopra sottolineano tuttavia un altro aspetto della carità: essa non necessariamente va intesa sotto l'aspetto delle monumentali opere di bene o dei grossi sacrifici, ma molte volte può anche ridursi a semplici attitudini di facile portata come quella di offrire – appunto- anche un solo bicchiere d'acqua o di dare un'informazione ad un passante che non trova Vicolo Maini. Anzi, diciamo pure senza il rischio di cadere in errore che la vera carità si evince innanzitutto nelle piccole opere e se non si è capaci di usare puntualità nelle piccole attenzioni difficilmente si saprà usare carità nelle cose grandiose.

Com'è bello considerare la generosità e l'apertura verso il prossimo sotto la prospettiva della fede... Guardare al bisognoso come all'immagine di Dio ed essere convinti che nel suo servizio si realizza l'amore verso il Signore equivale a prodigarci per gli altri con maggiore zelo, abnegazione e sollecitudine, giacché non si corre il rischio che il nostro dare diventi pura filantropia o vacuo esibizionismo. Se si è convinti di servire Dio nel prossimo si è presa coscienza non soltanto che così vuole da parte nostra Dio medesimo, ma soprattutto che questo stesso Dio, nella sua grandezza e onnipotenza a voluto mettersi a servizio dell'uomo nella persona di Gesù Cristo e pertanto in questo dettame di carità Lui stesso ci è di esempio!

Non c'è dunque forma più concreta per seguire Cristo e fare la volontà di Dio se non nell'accoglienza e nella carità. Tuttavia ciò non omette che non di rado essa comporta immolazioni, rinunce e sacrifici; come dice un vecchio detto: "Sine dolore no vivitur in amore" o ancora: "Nessuna opera nobile è esente da rischi".

Seguire Gesù Cristo nella carità ( e per estensione in tutte le direzioni della vita cristiana) suppone infatti tante volte che si debba rinunciare alle proprie preferenze personali, ivi compresi perfino i nostri affetti: non che questi perdano la loro importanza, ma in rapporto alla scelta di Gesù e del suo Vangelo di carità assumono consistenza secondaria: pur continuando ad amare madre, padre, fratelli e sorelle ci viene richiesto di saper rinunciare alla supremazia delle nostre attenzioni nei loro confronti ai fini di prodigarci disinteressatamente per la causa del Regno. Ciò molte volte costituisce una difficoltà perché comporta la croce delle rinunce e delle scelte orientate in un senso differente dalle nostre aspettative, ma anche sotto questo aspetto ci viene concessa la "ricompensa del profeta": se tutto si accetta e si sopporta per il Signore, lo stesso Signore non mancherà di dare la giusta retribuzione compensativa.

 

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