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TESTO La norma ineluttabile della missione

padre Gian Franco Scarpitta  

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/06/2005)

Vangelo: Mt 10,26-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Già in una certa occasione l'argomento di cui alla liturgia odierna è stato da noi affrontato ("Nulla ti turbi, solo la tua inadempienza") con la convinzione che nulla si deve temere allorché ci si affida a Dio, giacché chi ripone in Lui tutta la propria fiducia senza appoggiarsi sulle umane certezze da Lui trae anche il coraggio necessario per la testimonianza e per la missione.

E' quanto ci accingiamo a ripetere anche adesso, con l'aggiunta tuttavia di una premessa a dir poco basilare: quando, una volta chiamati da Dio, si intraprende una determinata missione occorre che entri nelle nostre convinzioni il fatto che ESSERE PERSEGUITATI RIENTRA NELLA NORMA.

Il Vangelo di oggi ci esorta a non temere persecuzioni, denigrazioni, pregiudizi e invettive che ci possano essere rivolte da parte di terzi a motivo della nostra fede, ma qual è in fondo la chiave di volta per superare ogni timore se non la previa presa di coscienza che la persecuzione è caratteristica ineluttabile della missionarietà?

Chiunque voglia proporre un determinato programma ideologico, come anche una qualsiasi iniziativa del tutto originale, accanto alle approvazioni e al successo non può non aspettarsi reazioni di diniego, riprovazione, delusione... E questo specialmente quando ci si trova agli esordi di una determinata attività o di un determinato incarico o incombenza a cui far fronte: quando si comincia, non si ottengono mai riscontri in positivo. Piuttosto si è osservati dagli altri con una sorta di perplessità e di pregiudizio, non di rado si viene continuamente marcati stretti e osservati con estrema attenzione, per cadere poi oggetto di critiche e di insinuazioni e perfino i buoni propositi e le rette intenzioni possono essere matrice di sospetto (Quante esperienze nel mio ministero sacerdotale!!).

Se poi si è convinti che ogni incombenza o ufficio corrisponde alla divina volontà (E per noi cristiani non può essere diversamente) allora questa assume le prerogative di missione, giacché comporta la testimonianza e la comunicazione della nostra fede, e nel suo stesso svolgersi realizza la comunicazione del Vangelo per la causa del Regno; e ciò è sufficiente a che siamo esposti ad ogni sorta di prova e di assillo persecutorio. Se vogliamo quindi che non ci assalga la paura dell'insuccesso o del diniego da parte degli altri, come anche il terrore di essere derisi, umiliati e perseguitati... mettiamoci bene in mente che tutte queste cose inevitabilmente dovranno avvenire! E in tal modo troveremo anche la motivazione nonché lo sprone psicologico per esporci.

La vita dei profeti dell'Antico Testamento, degli Apostoli e dello stesso Cristo sottende per inciso addirittura che l'assenza di cattiverie, ingiustizie, odio da parte degli altri sarebbe indice di fallimento missionario o di negligenza, giacché la riuscita dell'annuncio della Parola di Dio si evince proprio dall'evidenza di essere perseguitati. Il vero discepolo se da una parte non si procura da se medesimo fastidio alcuno, dall'altra accetta con disinvoltura, senza fuggirle, tutte le immolazioni e le persecuzioni. Così avviene ad Eleazaro (Maccabei), il vecchio fedele giudaico che accetta di farsi uccidere piuttosto che mangiare carni idolatriche; come pure ad Elia, costretto a scappare di fronte alle minacce della regina Gezabele e così a Mosè e Aronne ai quali Dio annuncia perfino che il cuore del Faraone sarà indurito a loro svantaggio. Parimenti avviene nella vita di Pietro, Paolo, Stefano ( che, bruciato su un fianco chiede di essere ustionato anche dall'altro) e di tanti uomini coraggiosi della prima cristianità, perseguitata da Erode.

E così succede anche allo stesso Gesù Cristo, il quale annuncia ai suoi discepoli il suo stesso destino di frustrazione e di persecuzione in termini del tutto categorici e lapidari: "Sarete portati davanti ai tribunali".

Se tuttavia la persecuzione è un dato irrinunciabile, ciò non omette che la si debba affrontare con coraggio e determinazione. Così suggerisce il Signore, che ci da la certezza che non saremo mai soli nella prova poiché sarà Lui stesso ad infonderci fiducia, speranza e coraggio giacché essendo lui l'unico ad eleggere e ad inviare è anche il solo a conoscerci fino in fondo e pertanto nulla ci farà mai mancare: l'espressione Perfino i capelli del vostro capo sono contati è infatti allusiva al grande amore di Dio nei nostri confronti, che si esplica in una premura del tutto singolare, per la quale ogni piccolo particolare della nostra vita non sarà mai dimenticato dal Signore e pertanto anche nelle minuzie Egli provvederà a noi. Certo, ricevere delle percosse fisiche e morali non può non comportare scoramento, dolore, angoscia e tentazioni varie di resa, così come avviene al timido Geremia che, gettato in carcere, maledice addirittura il giorno della sua nascita, ma la sicurezza di essere oggetto della premurosa sollecitudine di Dio non deve sminuire la nostra costanza e perseveranza. La ricompensa prima o poi verrà. A cadere saranno proprio coloro che ci avranno costretti al martirio. Quello che conta è che non si ometta nulla di quanto è costitutivo della nostra missione e che sotto tutti glia aspetti della vita e in ogni ambito non si lesini nell'insistenza di testimonianza cristiana e si annunci sempre Gesù con l'ortoprassi e la linearità di vita forti che colui che ci ha inviati non mancherà mai di assisterci nelle prove.

L'unica cosa di cui aver paura è piuttosto il non essere appunto sufficientemente convincenti nel nostro ministero e nella nostra lotta per la causa del Vangelo, ossia di non essere abbastanza ottemperanti in quello che la nostra fede e la nostra missione esige.

Ed è questo che, sia pure sotto altri termini, ci sta suggerendo la Seconda Lettura di Questa Domenica: ai Romani Paolo ricorda che tutti noi siamo stai liberati dal peccato in virtù della giustificazione realizzata da Cristo; ma se al peccato a sovrabbondato la grazia, occorre che noi ci consideriamo morti al peccato per vivere in novità di vita secondo Gesù Cristo (Rm 6, 11)

Unica cosa di cui aver paura è insomma il peccato, matrice di ogni nostra inadempienza cristiana.

 

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