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TESTO La risurrezione di coloro che amano

don Angelo Casati  

Domenica di Pasqua (01/04/2018)

Vangelo: Gv 20,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Io non posso sfuggire, nemmeno dopo tanti anni, all'emozione per questi vangeli della risurrezione che hanno una leggerezza che mi seduce. Forse - perdonate - è per come sono fatto io, che aborro dalle cose pesanti, imponenti, vistose. E' pesante il buio, ma per i miei occhi consumati è pesante anche l'accecamento del sole. Qui nei racconti mi sento accolto. Accolto così come sono. Sono racconti di albe, di tramonti, di pianti di donne, di voci che sussurrano, di occhi che non vedono e poi vedono e poi più non vedono. E si va per gradi.

All'inizio l'uomo che incontri puoi pensare sia il il custode del giardino o - in un altro racconto - un forestiero che si affianca nelle ombre della sera. Ma poi c'è una voce, c'è un gesto: e sono i suoi! E c'è riconoscimento. Nel racconto di questa Messa del mattino ci si riconosce al timbro della voce. O forse - lasciatemi dire - al momento nemmeno al timbro della voce, perché lui, Gesù, già le aveva detto - immaginate con quale tenerezza -: "Donna perché piangi? Chi cerchi?". Ma, pensate, il riconoscimento avviene al suono dei nomi: accadde per quell'intenerimento che è custodito, come in una conchiglia, nei nomi. Le disse: "Maria!". Uno solo poteva dire il suo nome così! Ed ella si voltò e gli disse in ebraico: "Rabbunì".

Voi mi capite, è così che la luce della risurrezione filtra, così, adagio adagio, passo dopo passo, senza stordimento, per fessure di luce. Io sono arrivato a pensare che, proprio per questo, protagoniste dell'annuncio della risurrezione Gesù volle una sua amica e le donne. Non si trattava di fare pubblicità a un evento, di organizzare una manifestazione per sbugiardare coloro che l'avevano crocifisso. Se si fosse trattato di questo, si sarebbero trovati a loro agio i maschi. No, si trattava di raccontare emozioni per un incontro e sarebbe servito un passa parola.

Vi dicevo che non c'è nulla di imponente o di accecante nei racconti della risurrezione. Nel cuore di chi incontra il risorto, un fremito di gioia ma insieme il brivido delle domande. Così per Maria, ma anche per gli altri. "Non piangere" le aveva detto Gesù e poi l'aveva chiamata per nome. Era vivo. Ma nello stesso tempo le aveva detto: "Non mi trattenere". E già le parlava di una distanza, di un suo allontanarsi. Sarebbe dovuta andare ad annunciare ai discepoli che era in procinto di salire al Padre. Penso ci sia chiesto di non imbalsamare il risorto, con la pretesa di trattenerlo nell'assoluto delle nostre codificazioni, quasi avessimo una risposta per tutto, come se nella risurrezione di Gesù non dimorasse un oltre che in parte ci sfugge: Guai se ne parlassimo come se noi sapessimo tutto.

Guai se ne parlassimo come se ne possedessimo tutto il segreto. Ma che cosa allora potremmo dire di lui?. La risurrezione viene a dirci che lui non è da collocare tra i morti, spesso lo pensiamo come se fosse tra i morti. E' un vivente e non ci sono barriere al suo passaggio in mezzo a noi. È sulle nostre strade, sbuca dovunque. E' ovunque. E' risorto. Ma forse la domanda decisiva è unì'altra, perché è una domanda che riguarda tutti noi.

Perché è risorto? Una una domanda si affaccia al cuore: perché è risorto? Perché la tomba è vuota? Perché è passato dalla morte alla vita? Potremmo rispondere, perché è Dio. Ma non sarebbe la risposta più intrigante, più esauriente, sarebbe ancora una risposta insufficiente. È risorto - e qui si affaccia al cuore un altro giardino, quello del Cantico dei Cantici - è risorto perché - è scritto nel Cantico dei Cantici - - forte come la morte è l'amore -, anzi, più forte della morte, è l'amore, è una vampa di Dio.

È la vampa che mette in fuga la morte. L'amore e la morte sono nemici inconciliabili: non è forse vero che è l'amore che ci fa dire: "Io voglio che tu viva per sempre"? L'unico contendente dunque capace di scippare la morte è l'amore. Perché Gesù è risorto, perché la tomba è vuota, perché il vento spira nel giardino e germina vita? Perché la sua vita è stata amore, fino all'estremo: "Li amò" è scritto "fino all'estremo". Per questo è risorto: l'amore, il suo amore fino all'estremo, ha vinto la morte.

È la verità che abbiamo cantato nella notte. Ed è la verità che siamo chiamati a vivere, la verità di un amore come quello che si è fatto visibile nella vita umana di Gesù, figlio di Dio e figlio dell'uomo. Ce lo ricorda l'apostolo Giovanni nella sua lettera, quando scrive: "Da questo sappiamo di essere passati dalla morte alla vita: perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte". Nel vangelo di Matteo, delle guardie, che vigilavano sulla tomba, è detto che, prese da spavento, rimasero come "morte". C'è chi passa dalla morte alla vita e c'è chi passa dalla vita alla morte.

Gli uomini del sepolcro, quelli che difendono cose morte, quelli che non sanno cosa significa essere presi dalla vampe dell'amore, quelli che hanno un cuore duro come la pietra della tomba, rimangono nella morte. Rimangono, perché sono già morti. Da questa vita. Signore, il vento della tua risurrezione soffi sui nostri volti, soffi nei nostri cuori. E ci faccia capaci di amare, fino all'estremo. Come hai amato tu. E noi passeremo, come te, con te, dalla morte alla vita. Ricordo di aver letto anni fa una poesia di un pastore riformato della Svizzera tedesca, pastore e poeta, Kurt Marti. La poesia - e lo noterete - suona come una provocazione, ma io so che voi saprete andare oltre il suono.

Ecco la poesia, dal titolo "la Risurrezione". "Voi chiedete com'è la risurrezione dei morti? Io non lo so. Voi chiedete quand'è la risurrezione dei morti? Io non lo so Voi chiedete c'è una risurrezione dei morti? Io non lo so Io so soltanto quello che voi non chiedete: la risurrezione di coloro che amano. Io so soltanto a che cosa Egli ci chiama: alla risurrezione qui e ora".

La risurrezione di coloro che amano. La risurrezione qui e ora.

 

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