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TESTO Sofferenza divina per amore

padre Gian Franco Scarpitta  

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Venerdì Santo (Passione del Signore) (30/04/2018)

Vangelo: Gv 18,1-19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Essere guariti e risollevati in virtù delle sofferenze di qualcun altro è qualcosa che la Bibbia descrive come evento intenzionale non raro. Il profeta Isaia (capp 52 - 53) ci parla del Servo Sofferente, “trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità” che ha procurato agli Israeliti la guarigione in forza delle sue ferite gravose. “Dalle sue piaghe siamo stati guariti” è la frase pronunciata a suo proposito che viene ripresa anche da Pietro. Si tratta propriamente del popolo d'Israele, rappresentato come un singolo individuo umiliato e vilipeso, ma la tradizione cristiana ha identificato questo passo isaiano nel Signore Gesù Cristo, peraltro prefigurato anche da Zaccaria (12) come “colui che hanno trafitto”, verso il quale tutti volgeranno lo sguardo.

Quello che è certo è che Gesù non è lontano dalle immagini del Servo Sofferente, poiché è proprio vero che ha affrontato deliberatamente, senza opposizione, senza restrizioni, ogni sorta di patimento e di supplizio, esponendo la propria carne al ludibrio e all'ignominia, sottomesso com'è a leggi ingiuste di condanna alle quali si sottomette in piena libertà e consapevolezza. Gesù infatti potrebbe superare facilmente l'ostacolo della cattura, anche chiamando in causa il Padre che gli concederebbe addirittura l'ausilio di dodici legioni di angeli, potrebbe ribattere solide obiezioni alle accuse che gli vengono mosse durante il processo ed evitare la condanna a morte anche in forza del fatto che essa viene irrogata nell'illegalità. Quale prefetto di una provincia romana, Pilato ha infatti il compito preciso di liberare gli innocenti (stando alla legge universale romana) e condannare i veri colpevoli e siccome in Gesù non esistono gli estremi per la condanna a morte dovrebbe liberarlo, vincendo la resistenza della folla che vuole la sua crocifissione. Invece cede al tumulto dei Giudei presenti e fa liberare un assassino per condannare a morte Gesù. Questi per l'appunto non oppone resistenza, oltraggiato non risponde con oltraggi e soffrendo non minaccia vendetta, ma rimette la sua causa a colui che giudica saggiamente (1Pt 2, 23 e ss). Sceglie di affrontare lancinanti dolori e atrocissime sofferenze quali quelle dei chiodi che infilzano le carni e la sospensione del costato a lungo sul legno, che opprime la respirazione provocando collasso e asfissia. E in in Gesù non vi è il cosiddetto "istinto di sopravvivenza" per il quale all'ultimo momento si decide di continuare a vivere, di salvarsi. Prende posizione contro il dolore e sfida perfino il sentimento di abbandono da parte del Padre. Insomma accetta deliberatamente e con cognizione di causa di morire sulla croce, perché consapevole che questo è per noi indispensabile. I patimenti atroci ed efferati a cui si sottopone saranno medicina per noi. Grazie infatti alle sue sofferenze noi siamo risollevati dai nostri peccati, affrancati dalla comune schiavitù che da sempre ci caratterizza dandoci illusioni di libertà e i suoi patimenti diventano di conseguenza per noi motivo di sollievo e di salvezza.

Si realizza in Gesù quello che aveva predetto il profeta Isaia: appunto le sue piaghe ci guariscono e la sua morte in croce ci mette in condizioni di avere dei meriti. Sulla croce Cristo addossa su di sé tutte le pene che avremmo dovuto subire noi per i nostri peccati e per le nostre mancanze, ci dischiude la via alla riconciliazione che da parte nostra avevamo perduto, dischiude la comunione con Dio e per ciò stesso realizza la nostra salvezza, ottenendoci al presente la vita e la realizzazione e consentendoci riguardo al futuro la possibilità del paradiso e la vita senza fine. Obiettivi che non avremmo mai potuto raggiungere contando sulle sole nostre forze.

Ma se la guarigione dai nostri mali avviene in virtù delle piaghe di Cristo sulla croce, ciò si deve semplicemente al fatto che in Cristo Dio spasima davvero per l'umanità e nel suo amore sconfinato e sincero non si arrende alle nostre ostinazioni e alle nostre persistenze nel male. Se l'uomo è peccatore, l'amore di Dio interviene proprio sul peccato, lasciando che il peccatore si salvi. Sempre l'amore sceglie i mezzi impropri e assurdi quanto al nostro modo di pensare, ma appropriati per chi è davvero onnipotente. Solo l'amore può legittimare tanto eroismo di immolazione. De Andrè, da ateo miscredente nonostante non accettasse la divinità di Cristo, non poteva non osservare che “ma inumano è pur sempre l'amore di rantola senza rancore, perdonando con ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce”. Amare fino all'inverosimile accettando un ignobile supplizio a favore di tutti gli uomini non può essere appannaggio di un semplice uomo e non appartiene alle nostre categorie mentali. Deve necessariamente essere prerogativa di un Dio straordinario.

E in effetti il Dio di Gesù Cristo è ha la straordinaria grandezza di assumere ciò che per noi è assurdo e inconcepibile, ossia un'ingiusta condanna e un'atroce tortura.

Anche le nostre ferite, configurate a quelle di Cristo, possono guarire i malesseri nostri e di altri. Ciò avviene quando ci immedesimiamo nella croce ogni qualvolta ci sorprendano le sofferenze e i patimenti. Sono queste in effetti la nostra croce destinata a risollevare altri per poi diventare risurrezione.

 

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