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TESTO E fu un bussare di amicizia

don Angelo Casati  

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V domenica di Quaresima (Anno B) (18/03/2018)

Vangelo: Gv 11,1-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Il vangelo oggi, per un lungo tratto, ci ha fatto rivivere ciò che accade in una casa quando uno della famiglia sta male e poi muore. Voci che si chiamano da lontano prima che avvenga il transito e poi un dolore fitto, che fa stretta al cuore: un pianto soffocato, un non capire. E poi, più che di parole, un bisogno di presenze buone, un bisogno di occhi, di carezze, di abbracci, un bisogno anche di silenzi. Di silenzi e di amicizie.

Nel racconto vediamo Gesù - dopo un attimo di sospensione che non ci è facile spiegare - avviarsi ed entrare in questo mondo di sentimenti, di dolori, di speranze. E' l'amico. E' come se tutto il racconto fosse accompagnato da un motivo dominante, quasi un sottofondo musicale che tiene strette le parole. Sino alla conclusione paradossale dell'ultimo paragrafo che ha una chiusa inquietante, raggelante: "Da quel giorno dunque decisero dl ucciderlo".

Sino a questa chiusura oscena, a vibrare nelle parole, nei gesti, persino nel bianco tra parola e parola, il sottofondo struggente dell'amicizia, quasi la casa di Betania ne fosse un'icona, una icona indimenticabile. E l'evangelista si premura di sottolinearne l'atmosfera già prima che Gesù si metta in cammino. Le sorelle mandano a dire: "Colui che tu ami è malato". Nemmeno il nome, pensate: colui che tu ami. E il commento: "Gesù amava Marta e suo sorella e Lazzaro". E Gesù ai discepoli: "Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato, ma io vado a svegliarlo". A volte mi chiedo se a salvarci dalla devastazione del dolore, e della morte, oltre il dono della fede, non sia anche il dono inestimabile dell'amicizia, la presenza dei nostri amici.

Posso sbagliare, ma a me sembra che noi abbiamo troppo trascurato questo aspetto del vangelo: come Gesù abbia vissuto pienamente e intensamente questa dimensione della tenerezza nei rapporti, la dimensione dell'amicizia. Non so se vi capitato di notarlo: nei confronti dei suoi discepoli Gesù non usa tanto la parola "fratelli", "voi siete miei fratelli". Usa la parola "amici": "Non vi chiamo più servi... Io vi ho chiamato amici" (Gv 19,15).

Ebbene, nei secoli a seguire, nella chiesa, ad attestarsi con più vigore è stata la parola "fratelli", forse anche a deperimento della parola "amico", "amica", che conserva una sua intensità e bellezza, incancellabili. Mi chiedo se non sia anche questa una parola che sconfigge la morte e ridona vita. L'amicizia - voi ve ne siete accorti - splende di libertà. Anche la libertà di un rimprovero delle sorelle all'amico, arrivato tardi, troppo tardi: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto".

Chissà se le nostre amicizie consentono il rimprovero, anche il rimprovero a Dio. Quante volte, pensate, Dio sembra in ritardo. In ritardo sui nostri tempi o sui tempi dll'umanità: "Ma dov'eri? Se tu fossi stato qui, o Dio!". E ce lo consentano, ci consentano di dirlo, i maestri di una spiritualità rigida, senza sussulti e sentimenti, che censurano come bestemmie i rimproveri di donne e uomini a Dio per il suo ritardo. Gesù al contrario accarezza con il suo sguardo i volti, indugia sugli occhi che sono diventati un lago di pianto.

E' scritto: "Allora Gesù quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei si commosse profondamente... scoppiò in pianto". C'è un prima, capite. Prima delle parole, se non vuoi che le parole suonino vuote o false. Prima c'è la commozione - profonda, dice il vangelo - c'è il turbamento di Gesù, c'è il pianto. Poi dirà - e gli occhi forse ancora non gli si erano asciugati del tutto - dirà: "Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio". E la gloria di Dio non è già nella morte. Che gloria mai per Dio sarebbe la morte per sempre? Sarebbe la sconfitta di Dio. Gloria di Dio è l'uomo che vive, la donna che vive, l'umanità e la terra che vivono. Aveva anche detto a Marta: "Io sono la risurrezione e la vita". E a lei che pensava alla risurrezione dell'ultimo giorno - usava il verbo al futuro - aveva risposto usando paradossalmente il verbo al presente: "Io sono - io sono oggi - risurrezione e vita".

Qualche esegeta ha fatto notare questa precedenza della parola "risurrezione" sulla parola "vita". Perché? Perché la vita, se risurrezione non c'è, che vita è? Sarebbe una vita logorata da un tarlo, dal pensiero della fine. La fine e non la introduzione. Voi di certo vi siete accorti che l'evangelista, che si dilunga sui dialoghi per quasi tutto il racconto, il segno di Lazzaro che esce dalla tomba lo racconta in poche righe, quasi a dirci che a Gesù interessava che da tutto il racconto uscisse una verità, questa: che Gesù è risurrezione e vita. Che lui, volto visibile dell'invisibile volto di Dio, è contro tutto ciò che ci lascia confinati, inerti e finiti, in una tomba.

Messaggio è che il Figlio di Dio apre le tante tombe dell'umanità, le vuole aperte. E non solo l'ultima. E vuole che chi crede in lui come risurrezione e vita, a sua volta, con lui, apra tombe, faccia uscire dalla desolazione, dall'oppressione, dalla corruzione. Quale gioia più grande di questa, poter dire, come lui, ai desolati della terra: "Vieni fuori! Riprendi a vivere"? Ed essrre fedeli al suo invito, viene a noi oggi: "Liberatelo e lasciatelo andare".

I piedi e le mani infatti erano legati con bende e il viso avvolto da un sudario. Pensate quante cose ancora ci legano le mani e i piedi, così che non operiamo come giusto sarebbe, là dove giusto sarebbe. E non siamo là dove giusto sarebbe andare, inchiodati come siamo ai nostri soliti interessi, agli interessi di una cerchia ristretta, orizzonti ristretti e non donne e uomini sedotti da grandi orizzonti. Abbiamo il volto avvolto da un sudario, che non permette agli occhi di vedere oltre il nostro naso. Un sudario che non ci permette di respirare, con il risultato che creiamo ambienti dove non si respira: manca il respiro.

Con il pericolo che la chiesa - ma non solo la chiesa - diventi una fabbrica di sudari che tarpano il respiro, ambienti asfittici dove manca l'aria. La nostra voce confessa: "Tu, Signore, sei la risurrezione e la vita". Ma nell'aria mi sembra di sentire la sua voce che mette fretta: "Liberatelo e lasciatelo andare".

 

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