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TESTO Conta il fatto ma non meno l'intenzione

mons. Roberto Brunelli

III Domenica di Quaresima (Anno B) (04/03/2018)

Vangelo: Gv 2,13-25 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 2,13-25

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Tra le letture odierne, la prima (Esodo 20,1-17) risulta di particolare impatto, col brano dei dieci comandamenti: Li si conosce sin dal catechismo, ma contratti nella formula facile da memorizzare, mentre oggi li si ascolta nella loro formulazione integrale. Ad esempio, quello conosciuto come "Ricordati di santificare le feste" per intero suona così: "Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai, ma il settimo è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha consacrato".

Ci sono scritti di cui il tempo non intacca la validità. I comandamenti, formulati per gli Ebrei usciti dalla schiavitù dell'Egitto, un piccolo popolo attendato nel deserto oltre 3200 anni fa, sono tuttora basilari per ogni civiltà e guida per la vita di innumerevoli uomini. Non se ne contano i commenti e le interpretazioni; tra tutte, nel breve spazio di questa rubrica può risultare utile anzitutto quella che li ripartisce in tre gruppi.

Il gruppo iniziale considera, non a caso, la relazione tra l'uomo e Dio. Primo: Dio è l'unico, e non ammette gli se ne oppongano altri (neppure quelle divinità di fatto che guidano la vita di molti, quali il danaro o il potere). Secondo: non si deve pronunciare invano il suo nome (soprattutto con intento offensivo, come la bestemmia). Terzo: lo si deve onorare, in particolare santificando la festa (il sabato per gli ebrei, la domenica per i cristiani: astenendosi dal lavoro e partecipando alla Messa).

Il gruppo successivo riguarda il rispetto che ogni uomo deve ai suoi simili: Onora il padre e la madre, Non uccidere (è detto in assoluto: quindi no alla guerra, alla pena di morte, all'aborto, all'eutanasia e ad altri pretesti per togliere la vita a qualcuno), Non commettere adulterio, Non rubare (né ai singoli, né alla collettività evadendo le tasse), Non mentire a danno del prossimo. Per capire la validità di questi precetti, basta pensare a quale meraviglia diventerebbe il mondo se da domattina tutti li osservassero tutti.

Infine, il gruppo dei due ultimi comandamenti, di sorprendente acume psicologico: non desiderare, né la donna né i beni altrui. Già 3200 anni fa si era capito che il male ha radice nel desiderio di far proprio quello che proprio non è. Le leggi umane condannano i comportamenti illeciti; non possono fare altro; Dio invece vede l'intenzione, e comanda di correggere anche questa. Ai suoi occhi l'intenzione, il desiderio coltivato di comportamenti sbagliati, conta quanto il tradurli in atto, anche se la traduzione non dovesse avvenire.

L'ha spiegato anche Gesù: egli non ha abolito i comandamenti, anzi è venuto a dare loro pieno compimento, cioè a manifestarne il significato autentico: per così dire, l'anima segreta. Ad esempio, circa il desiderio, danno da riflettere queste sue parole: "Avete inteso che fu detto agli antichi: ‘Non commettere adulterio'; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore".

Vale per l'adulterio, come per ogni altro umano atteggiamento. Il fatto e l'intenzione: gli uomini vedono il fatto, e se del caso lo sanzionano; Dio va oltre, alla radice, perché vuole l'uomo spiritualmente sano. E' come per una pianta: se le radici non sono sane, circa i frutti c'è poco da sperare.

Quanto a Gesù, il vangelo di oggi (Giovanni 2,13-25) lo presenta insolitamente "arrabbiato", intento a scacciare i mercanti dal tempio. Lo si deve intendere come un perenne monito, rivolto a tutti ma specialmente ai suoi seguaci, a non mescolare sacro e profano, a servire Dio e non servirsene.

 

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