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TESTO Commento su Giovanni 2,13-25

fr. Massimo Rossi  

III Domenica di Quaresima (Anno B) (04/03/2018)

Vangelo: Gv 2,13-25 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

In questo episodio, Gesù si confronta con il privilegio più sacro di Israele, il Tempio, e lo dichiara decaduto. È vero che il Vangelo non è una storia, meno di tutti quello di Giovanni; tuttavia non si può considerare l'ordine dei fatti raccontati come del tutto casuale. Cosa era successo prima del fatto del Tempio? Gesù aveva salvato una festa di nozze, mutando l'acqua in vino; in quella circostanza festosa, dichiara il quarto evangelista, i discepoli avevano creduto in Lui.

Ora, invece, il Figlio del falegname urta pesantemente contro l'opposizione e il rifiuto da parte delle autorità religiose e dei capi del popolo. Perché il Tempio non si tocca!

Matteo, Marco e Luca collocano l'episodio alla fine della vita pubblica di Gesù; Giovanni invece, all'inizio. Il motivo è abbastanza chiaro: per il quarto evangelista, la novità della salvezza parte dal culto che lo stesso Signore definisce “in spirito e verità”; la riflessione sul culto nuovo in spirito e verità la troviamo al cap.4: Gesù si intrattiene a conversare con una donna samaritana, la quale chiede: “I nostri padri hanno adorato su questa montagna, mentre voi dite che il luogo dove bisogna adorare è in Gerusalemme.”. Gesù le rispose: “Credimi, donna, viene l'ora in cui per adorare il Padre né questa montagna è necessaria, né Gerusalemme. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora, ed è questa, in cui gli autentici adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: sono questi gli adoratori che il Padre cerca. Dio è spirito, e perciò chi lo adora deve adorarlo in spirito e verità.” (4,20-24).

Alla pretesa avanzata dai Giudei: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”, il Signore non risponde: l'uomo deve imparare a leggere i segni che Dio offre, e non pretenderne altri. E poi non è una domanda sincera, ma nasconde un rifiuto ideologico: in questa circostanza gli chiedono un segno, e si direbbero disposti, qualora il segno ci fosse, a credere; in realtà non è così: più avanti rifiuteranno Gesù, proprio perché ha compiuto segni, che provano in modo incontrovertibile la sua identità di Messia (cfr. Gv11,47).

La polemica sul Tempio ha caratterizzato la predicazione dei profeti, ed è presente negli scritti di Qumr'n composti tra il 150 e il 63 a.C.; ma soprattutto ci interessa la riflessione sul Tempio e sul culto in generale, contenuta negli scritti neotestamentari, che riflettono la fede della prima comunità cristiana.

L'attenzione si sposta dal luogo di culto inteso in senso materiale, alla persona del Cristo, nuovo Tempio, e a coloro che praticano il culto, pietre vive costruite sul fondamento che è Cristo.

Più sopra ho definito il nuovo culto inaugurato dal Cristo risorto “in spirito e verità”; ho detto pure che la nuova stagione iniziata con l'incarnazione del Verbo in Gesù di Nazareth, parte dal culto, sì, ma non si ferma lì! Dalla vita nuova del Risorto è scaturita la Chiesa, intesa come comunità dei fedeli che portano la Grazia del Cristo, la forza dell'Eucaristia, nel mondo, realizzando la missione di tutti e di ciascuno di consacrare, appunto, il mondo degli affetti, il mondo del lavoro, il mondo della scuola, il mondo della strada - sì, anche quello! -, il mondo della politica - addirittura, anche la politica! -, per non parlare del mondo della finanza,...

Insomma, tutto ciò che rientra nella storia personale e, direttamente o indirettamente, la condiziona.

Amara, molto amara la conclusione del Vangelo: Gesù non si fida della testimonianza degli uomini. E il grave è che quella di Gesù non è diffidenza istintiva, quella che abbiamo noi nei confronti dello straniero, del diverso, che non conosciamo, e proprio perché non lo conosciamo, ce ne teniamo prudentemente a distanza e stentiamo a dargli credito...

Gesù, al contrario, non si fida dei Giudei, proprio perché li conosce bene!

Ha assaggiato il prodotto, potremmo dire, e quel prodotto proprio non gli va giù!

Tuttavia accetta di entrare in relazione con loro, anche se tale relazione lo condurrà sul Calvario.

Domenica prossima, rifletteremo insieme sulla discussione tra Gesù e uno di questi Giudei, Nicodemo, un pezzo grosso del Tempio, il quale andò da Gesù per interrogarlo, ma in segreto, di notte, per non rischiare di compromettersi... Già questo la dice lunga sullo spessore umano di costui; ma ne parleremo tra sette giorni.

Per Gesù non ci sono limiti alla comunicazione; Gesù non seleziona i suoi interlocutori in base alla simpatia, o alla stima che nutre per loro... (Gesù) non è prevenuto, mai, come invece siamo noi, sempre.

Il Maestro di Nazareth ha una missione da compiere, o, come dirà in seguito, “un calice da bere”, un calice amaro, e lo berrà fino in fondo.

 

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