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TESTO Il respiro dell'uomo e il soffio dello Spirito

don Elio Dotto  

Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (19/05/2002)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Certo che è davvero fragile la nostra vita: fragile al punto da essere appesa ad un respiro. Di solito non ci facciamo caso, avvolti come siamo dalla frenesia dei nostri giorni veloci: eppure basta che il nostro respiro si affanni un po' perché scopriamo quanto sia precaria la nostra esistenza. Proprio come preghiamo nel salmo 103, che canteremo nella liturgia di domenica: "se togli loro il respiro muoiono, e ritornano nella loro polvere" (Sal 103 [104], 29).

Accadde già al popolo di Israele, durante il lungo cammino nel deserto. Erano usciti dall'Egitto pieni di forza, avevano attraversato il Mar Rosso lanciando urla di gioia. E tuttavia presto – molto presto – si sentirono mancare il respiro: la strada del deserto appariva lunga e faticosa, mentre la terra promessa dal Signore diventava sempre più un sogno impossibile. Fu allora che gli Israeliti gridarono arrabbiati contro Dio e contro Mosè: "perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?" (Nm 21,5).

Esattamente questa è la domanda che sfiora anche la nostra vita quando la delusione si fa sentire e il respiro diventa affannato: "perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?" Perché questa situazione difficile, questo fastidioso imprevisto, questa persona molesta? Perché questa esistenza faticosa, che sembra incapace di mantenere le promesse fatte all'inizio? "Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?"

Anche i discepoli di Gesù si erano chiesti "perché" davanti alla morte ingiusta del loro maestro. E avevano continuato ad interrogarsi per lungo tempo, nonostante Cristo si fosse mostrato ad essi risorto e vivo "apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio" (At 1,3). Eppure i discepoli faticarono a riconoscere la novità della risurrezione: il loro respiro rimase affannato – nel giardino del sepolcro, sulla strada di Emmaus, sul lago di Galilea – perché la paura era più forte di qualsiasi altra evidenza. Appunto come leggiamo nel Vangelo di domenica (Gv 20,19-23): "le porte del luogo dove si trovavano erano chiuse per timore dei Giudei" (Gv 20,19).

Ma fu proprio in quei giorni di paura che i discepoli ripensarono alla morte di Gesù sulla croce. E si ricordarono che anche lui – come loro – aveva il respiro affannato. Affannato certo a causa della morte che si stava avvicinando; ma affannato pure da una domanda impietosa: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34). Tuttavia questo respiro affannato di Gesù non somigliava al respiro impaurito dei discepoli chiusi nel cenacolo; e neanche era simile al respiro arrabbiato degli Israeliti nel deserto; come neppure – in verità – somiglia al respiro deluso che percorre la nostra vita. Il respiro affannato di Gesù infatti non era un respiro senza memoria: egli ricordava chi gli aveva donato quel respiro; e soprattutto aveva fiducia – nonostante tutto – in colui che gli aveva donato quel respiro: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46).

Appunto questo respiro Gesù ha donato a noi morendo sulla croce. L'evangelista Giovanni conclude il racconto della passione dicendo che Gesù, "chinato il capo, spirò" (Gv 19,30). Spirò: e cioè comunicò il suo respiro, diede il suo spirito. Esattamente quello Spirito di cui già aveva parlato ai suoi discepoli: "lo Spirito di verità", il respiro nuovo che "vi guiderà alla verità tutta intera" (Gv 16,13).

Dunque alla sera del primo giorno dopo il sabato – "mentre erano chiuse le porte dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei" (Gv 20,19) – Gesù risorto non fece altro che ripetere l'ultimo gesto che aveva compiuto sulla croce: "alitò su di loro" (Gv 20,22). E attraverso questo soffio egli intese comunicare per sempre ai discepoli quel respiro che lo aveva animato, affinché adesso fossero loro a continuare la sua missione: "come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv 20,21).

Ebbene, oggi, in questa domenica di Pentecoste, al compimento della Pasqua, questo Spirito di verità è comunicato anche a ciascuno di noi: "mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra" (Sal 103 [104],30). Oggi ci è donato lo Spirito Santo, il respiro di Gesù, perché anche la nostra esistenza affannata abbia finalmente una speranza: e non ci accada invece di vivere senza futuro, aggrappati ad un respiro che sempre ci sfugge.

 

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