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TESTO Vivere il battesimo nel "deserto" dell'esistenza

diac. Vito Calella

I Domenica di Quaresima (Anno B) (18/02/2018)

Vangelo: Mc 1,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,12-15

12E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

L'annuncio pasquale accompagni la nostra vita quotidiana.

Una delle cose più belle e più sagge è custodire nel cuore e nella mente l'annuncio pasquale, cioè il centro della nostra fede, il perno attorno a cui ogni nostra azione vorrebbe ruotare, ispirarsi, riferirsi. Nei libri del Nuovo Testamento sono registrati alcuni “annunci pasquali” che erano usciti dalla bocca degli apostoli, e si custodirono nel cuore e nella mente dei primi credenti. Uno di questi ce lo propone la 1ª Lettera di Pietro: «Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio, messo a morte nella carne, ma reso vivo nello Spirito». (1Pt 3,18)
Far memoria del nostro battesimo.

Il ricordo del nostro battesimo alimenta in noi la fiamma ardente e luminosa di questa Parola di Dio depositata nel nostro cuore e nella nostra mente. Si, perché quel battesimo ricevuto un giorno lontano, fu una “immersione simbolica” nel mistero della morte di Gesù. Quel nostro battesimo avvenne una volta per sempre, così come avvenne una volta per sempre, nella storia, la morte in croce di Gesù. Con quella morte rivelò l'iniziativa d'amore misericordioso e gratuito del Padre. Ma quel battesimo, datato nel passato remoto, è oggi vita nello Spirito Santo, perché Cristo è vivo! E noi vogliamo vivere per Lui, con Lui, in Lui in ogni situazione della nostra vita. Il nostro Battesimo è sempre attuale, perché Cristo è vivo! «È il battesimo, che ora salva ciascuno di noi!» (1Pt 3,21a) Il suo ricordo è «invocazione di salvezza rivolta a Dio».

(1Pt 3,21c) A noi è richiesta questa «buona coscienza» (1Pt 3,21d), ci è richiesto cioè di fortificare in noi questa consapevolezza, questa eccentricità, questo salto nella fede, non più nella ragione: credere nella «risurrezione di Gesù Cristo, il quale è alla destra di Dio» (1Pt 3,21e-22a)

Questa «buona coscienza» della risurrezione di Gesù non è scontata in noi. Capiamo perché siamo di nuovo invitati a vivere un tempo di preparazione alla Pasqua di Cristo, in questo “tempo di quaresima”.
L'alleanza dell'arcobaleno nella comunione eucaristica.

Grati per il battesimo ricevuto, per noi cristiani l'antica storia di Noè diventa figura del nostro battesimo. Così la interpretarono Pietro e le prime comunità cristiane. Facciamolo anche noi!

La prima lettura ci ricorda l'alleanza del “dopo diluvio”, che si rese visibile nell'arcobaleno. Quell'arcobaleno per noi è l'Eucarestia: il sacramento della nuova ed eterna alleanza. L'attualità del nostro battesimo la viviamo quando mangiamo il corpo e il sangue di Cristo. In quel momento della santa comunione la nostra buona coscienza del credere nel Cristo risorto diventa esperienza vera di alleanza, di comunione; diventa impegno a vivere per Cristo, con Cristo e in Cristo nel «deserto» (Mc 1,12b) del mondo, nel «deserto» della nostra storia, nel «deserto» della nostra quotidianità. E si apre allora la sfida delle tentazioni. (Mc 1,12-13, Vangelo di questa domenica)

Gettati dallo Spirito Santo nel deserto della nostra esistenza

Perché il «deserto» è così importante per comprendere il senso della nostra esistenza?
È importante per due motivi.

Il primo: perché richiama la sfida della vita, la sfida del vivere da “credenti del Risorto” nelle concrete e dure situazioni della vita quotidiana. La vita è fatica, la vita è una prova. Parlare di tentazioni è parlare di “prove della vita”. Siamo gettati nell'esistenza di questo mondo, costretti inevitabilmente ad affrontare situazioni che mettono alla prova le nostre capacità fisiche e psicologiche, e la nostra stessa fede.

In secondo luogo, il deserto è importante perché è immagine di un cuore svuotato, libero, abbandonato. Per “cuore svuotato” intendo la mia coscienza immersa nel silenzio. Penso al “silenzio della mente”, cioè a quell'esercizio sapiente di liberare la mente dalle preoccupazioni, dalle tensioni, dalle ansie, dai ricordi negativi del passato, dai pesi delle situazioni che si stanno affrontando nel momento presente. Per “cuore libero” intendo la mia coscienza capace di mettere tra parentesi i pensieri del momento presente, le ansie per le cose da fare nell'immediato futuro. Per “cuore abbandonato” intendo la consapevolezza del bene che fa “il consegnarsi”, così come si è, qui ed ora, all'Amore che abita in ciascuno di noi, allo Spirito Santo, per mezzo del quale ci immergiamo nel cuore misericordioso del Padre e nel mistero della morte, sepoltura e risurrezione del Figlio. E questo si vive solo nella preghiera personale, è esperienza personalissima di preghiera. Ecco allora la nostra vita di credenti battezzati, (Gesù era appena stato battezzato nel Giordano), descritta nel vangelo di Marco: una sfida, una prova continua, come un deserto arido e spaventoso. Eccoci allora nella prova della nostra esistenza, gettati, sospinti dallo stesso Spirito Santo che abita in noi. Perché siamo gettati dallo Spirito ad affrontare le prove della vita? Per rispondere ad una domanda: «Per chi vivi?». Fu la domanda che accompagnò Gesù di Nazareth da quando, giovane fanciullo, a Gerusalemme fece la scelta di «stare nelle cose del Padre» (Lc 2, 49b). E quella domanda lo accompagnò sempre fino all'ultimo istante della sua consegna sulla croce: Per chi viveva Gesù? Viveva per il Padre, per fare la volontà del Padre. Ed io, “per chi vivo?”. Non c'è una sola risposta. C'è anche la risposta della scelta di “Satana”. E Gesù lo sapeva bene. In ogni istante, in ogni situazione, in ogni avvenimento della vita c'è una domanda: «Per chi vivi». Ci possono essere due risposte: o per Satana, o per il Padre. Vivere nello Spirito Santo, da battezzati, è fare la scelta del Padre, scegliere liberamente di voler entrare in sintonia con la volontà del Padre, come fece Gesù. E cosa vuol dire scegliere di vivere per Satana? Satana, l'avversario di Dio, ci accompagna nel deserto della vita, è con noi in ogni sfida da affrontare, perché ci appartiene, e apparteneva anche a Gesù, come uomo. Satana è la pretesa della propria autosufficienza, è la pretesa del voler autonomamente bastare a se stessi, confidando nelle proprie forze, senza fare il salto dell'abbandono, della consegna al Padre, che si propone, ma non si impone. Satana, in fondo, è la radice del male che sta in ciascuno di noi: il nostro egoismo. Stava anche in Gesù, come uomo, come possibilità sempre in agguato, sempre pronta a prevalere. «Per chi vivi?» O vivi per te, o vivi per il Padre. Due soltanto sono le vie.

La stessa situazione: una bestia feroce che ti minaccia, o un angelo che ti serve

Dipendendo dalla scelta fatta (o vivi per te, o vivi per abbandonarti nel Padre), la stessa situazione dura e difficile della vita di adesso, che tu stai vivendo ora, la puoi contemplare come se fosse una “bestia feroce” che ti minaccia e ti rende infelice, oppure la puoi contemplare come “un angelo che ti serve”.

Se vivi per te, confidando in te, fiducioso nelle tue forze umane, nel tuo “IO”, ti consegni al tuo “caro egoismo”, ti consegni a “Satana”, diventi te stesso l'avversario di Dio, perché il tuo cuore si chiude alla sua iniziativa e tu pensi di cavartela da solo, saturando il tuo cuore di tante sicurezze che vengono esclusivamente dell'orizzonte di questo mondo materiale.

Ma ti accorgerai che le situazioni difficili della vita, le prove della vita conviveranno con te come bestie che ti tolgono la pace.

Ma se hai scelto la via dell'abbandono, se hai scelto la via della consegna di tutto al Padre, la scelta di fare la volontà del Padre, la stessa situazione dura e difficile, la stessa identica prova della vita che stai affrontando, consegnata nelle mani del Padre, diventa “angelo che ti serve”, diventa cioè uno strumento misterioso che Dio Padre ha riservato per te, per farti crescere, per farti camminare verso una pienezza di vita e di comunione con Lui, che mai ti abbandona nell'ora della prova. “L'angelo che ti serve” è la prova della vita consegnata al Padre, in atteggiamento di abbandono fiducioso. Gesù lo fece nel Getsemani in modo radicale. E in questa consegna forse sta la vera conversione e la vera fede nel Vangelo

 

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