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TESTO Commento su Luca 19,11-28

Paolo Curtaz  

Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (18/11/2015)

Vangelo: Lc 19,11-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. 12Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. 13Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. 14Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. 15Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. 16Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. 17Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. 18Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. 19Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. 20Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; 21avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. 22Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: 23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. 24Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. 25Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. 26“Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 27E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».

28Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

È una parabola esigente, quella delle monete d'oro date dal padrone ai servi. Dura all'inverosimile, con quel gesto di sfida verso chi ostacolava il re, contro il servo pauroso che seppellisce il piccolo tesoretto invece di farlo fruttare. Ma tutto acquista un significato diverso quando leggiamo l'ultima frase: Gesù si sta dirigendo verso Gerusalemme. Lì ci sarà la resa dei conti ed egli lo sa bene. Sa anche che, probabilmente, a Gerusalemme potrebbe consumarsi la tragedia, potrebbe perdere la vita. È lui per primo che ha fatto fruttare il denaro che gli ha dato il Padre. Non dieci volte tanto ma cento volte tanto. La sua predicazione ha radunato folle sterminate. Si è fatto cibo per la folla affamata, non ha risparmiato una sola ora delle sue giornate e del suo sonno. Ha percorso migliaia di chilometri per rendere testimonianza al Padre. Ma sa anche che la tensione, attorno a lui, sta crescendo. Vorrebbe un finale come quello della parabola, ma non ci sarà nessuno ad intervenire contro i suoi avversari. Ma questo ancora non lo sa. Perciò ci chiede tanto. Perché molto di più ci ha donato.

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