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TESTO Coesione e complementarieta'

padre Gian Franco Scarpitta  

Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (15/05/2005)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

E' innegabile che, nelle nostre comunità parrocchiali, quando lo zelantissimo parroco che ha vissuto con noi parecchi anni donandoci la sua continua presenza e al quale ci eravamo affezionati ad un certo punto viene trasferito in altra sede, il suo successore non sempre ha vita facile, almeno per quanto riguarda il suo esordio: deve affrontare la sconcertante delusione e la sofferenza di ritrovarsi in preda alla solitudine a motivo del fatto che il popolo non accetta la sua presenza, e soprattutto non vuole convincersi- almeno inconsciamente- che il nuovo prete non potrà mai disporre delle stesse caratteristiche, capacità o estro comunicativo del predecessore. E così si troverà alquanto in preda all'abbandono da parte di parecchi fedeli o comunque si troverà ad essere oggetto di sfiducia e a volte anche di ingiustificati pregiudizi. Forse passeranno molti anni prima che il sottoscritto riesca a dimenticare la sua personale esperienza di 3 o 4 mesi or sono nella sua nuova comunità ecclesiale, quando un esponente della politica locale, invitato da lui a pranzo assieme a tante altre persone di rilievo, trascorse la maggior parte del convito a rimproverare all'attuale sacerdote (appunto il sottoscritto) di non avere le stesse prerogative del predecessore, "buttando quindi a terra" il sottoscritto, esaltando l'ex Superiore e pretendendo che vi fosse una "continuità" fra il prima e il dopo. Ho pregato per lui.

Così pure può anche avvenire che, al contrario, non si valorizzi la presenza dell'attuale parroco e ci si affascini invece del nuovo; che un sacerdote possa risultare attraente più degli altri e per estensione che si preferisca la presenza di alcuni più di quella di altri. Per estensione, avviene che ci si affanni a considerare come apprezzabili solo alcune qualità presenti in alcuni e a rifuggire virtù di altri perché non immediatamente ci soddisfano...

Che dire di siffatti atteggiamenti che non sono per niente rari?

Premesso che da una parte è legittimo e connaturale alla natura umana nutrire attrazione, affetto e simpatia nei confronti dei determinate persone e di determinate virtù, dall'altra è tuttavia riprovevole e meschino che ci si dia a ceti confronti discriminatori... Soprattutto per quanti presumono di aver intrapreso un determinato cammino di fede che dovrebbe indurli a considerare QUALSIASI persona (in particolare al giorno d'oggi qualsiasi ministro di Dio) un dono divino, e pertanto da apprezzare e lodare già in quanto tale; ma tale presunto cammino spirituale è insufficiente soprattutto perché in questi casi non si ammette la possibilità che le persone possano avere caratteristiche differenti in positivo, che ognuno pertanto è se stesso e nessuno può essere tale e quale agli altri e non può né deve operare in se vani tentativi di imitare pregi e potenziali altrui.

In altre parole, non si accetta il fatto che lo Spirito Santo possa donare a ciascuno i suoi talenti, i carismi e le prerogative nella misura che conviene alla sapienza e alla grazia di Dio operando in tutti una differenziazione di doni e di carismi che tenderebbe ad accomunarci nella diversità piuttosto che deprezzarci vicendevolmente considerando i limiti. Lo Spirito Santo – per chi non è credente la natura, ma è lo stesso- non sarebbe tale se forgiasse persone, carismi e situazioni a nostro esclusivo interesse ed è per questo che ha voluto infatti distribuire a ciascuno i propri doni secondo un determinato progetto divino ed è proprio questo il bello della volontà del Signore: il fatto che nella Chiesa e nell'umanità intera possa esservi unione e coesione nonostante la molteplicità dei carismi e le differenze intersoggettive affinché ogni difformità non sia disuguaglianza e motivo di contesa ma complementrarietà... Nello Spirito Santo ciascuno a ricevuto il suo dono ai fini dell'edificazione fra noi stessi e della costruzione dell'intero popolo di Dio. Un solo corpo, molte membra; molteplici carismi, un solo Spirito.

Quando i carismi vengono esercitati in funzione dell'intero Corpo e in vista del bene dei fratelli, diventano ministeri, e nell'uno e nell'altro caso vanno apprezzati e valorizzati; si tratta infatti dello Spirito che realizza la comunione fra i membri della Chiesa di Dio rendendo il singolo funzionale alla collettività pur conservando la propria dimensione individuale, essendo egli stesso vincolo di comunione intratrinitaria fra le Persone del Padre e del Figlio dalle quali procede e pertanto facendo sì che la vita dello stesso Dio sia una comunione. Se Dio in se stesso realizza tale relazione di amore e di comunione, come non potrebbe, nel suo Spirito, realizzarla anche fra di noi?

La comunione è il primo elemento che caratterizza la possibilità di riconoscerci fra di noi per condividere le nostre cose e le nostre caratteristiche vivendo qui sulla terra vita della Trinità; ma in forza dello stesso Spirito, che animò gli apostoli nel cenacolo per inviarli ad evangelizzare noncuranti della presenza di persecutori giudaici, siamo spronati ed incoraggiati nella missione e nella testimonianza di Cristo nel mondo a partire dalle nostre case, nella certezza che ogni sforzo, appunto perché compiuto in nome di Dio e sotto il segno del Suo Spirito non resterà mai privo di utilità.

Quello che però maggiormente ci ricorda la liturgia odierna nel fenomeno della Xenoglossia (parlare lingue straniere) è il fatto che lo Spirito è un dono riservato ad ogni sorta di persone e nonostante le differenze etniche e culturali: il parlare in lingue degli apostoli non è un solo elemento miracolistico, ma un'attitudine con la quale gli stessi possano esprimersi in modo tale che il loro annuncio risulti comprensibile per tutti, affinché la salvezza risulti a tutti esplicita per essere accolta.

In forza di questo Spirito anche noi ci sentiamo spronati ad accrescere la comunione fra di noi indispensabile per la missione, forti ciascuno dei propri doni e dei carismi che in modo libero e gratuito Egli medresimo ci ha comunicato. Ma da parte nostra, quale atteggiamento assumere di fronte a siffatto dono artefice di doni incommenasurabili? Nient'altro che quello della docilità e della sensibilità a riceverlo e afarci plasmare e formare essendo quiesto gratuito e incondizionato e da parte nostra nulla esige se non la corrispondenza. Nonostante la discesa dello Spirito Santo la vita resterà sempre immutata e non subirà trasformazioni di sorta qualora il nostro atteggiamento debba consistere nella chiusura e nella grettezza d'animo.

 

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