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TESTO Andiamo a Betlemme

padre Raniero Cantalamessa

Natale del Signore - Messa dell'Aurora (25/12/2002)

Vangelo: Lc 2,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,15-20

15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

La parola di Dio ci ha condotti durante l'Avvento a scoprire chi è " colui che doveva venire ": è Gesù Cristo, il Figlio di Dio (Il domenica); è il Salvatore (III domenica), colui che nell'Incarnazione è diventato il "Dio con noi " (IV domenica). Il mistero del Natale è già stato spiegato alla nostra mente. Oggi, nel giorno luminoso della festa, non dobbiamo indugiare sulle spiegazioni, ma solo abbandonarci a una contemplazione gioiosa e riconoscente del mistero del Dio fatto uomo.

A ciò ci esorta la liturgia con le letture di questa messa. Esse sono più corte e più semplici del solito, quasi per dire che il mistero è troppo grande per poterlo racchiudere in parole. La parola sembra quasi spegnersi di fronte all'evento: Oggi è nato per noi il Signore (Ant. ingresso). Isaia grida: Dite alla figlia di Sion: ecco, il tuo Salvatore è qui!; noi diciamo: dite alla Chiesa e a tutto il mondo:

Ecco, il tuo Salvatore è qui! Colui che aspettavi è venuto; non c'è da attendere un altro; egli reca con sé la mercede che è la vita nuova, la luce, la pace, lui stesso.

Che cosa ha portato di nuovo il Signore venendo nel mondo?, si sentivano domandare i primi cristiani e rispondevano: " Ha portato tutta la novità portando se stesso "(sant'Ireneo). Lui stesso è la grande novità del mondo. Paolo, nella seconda lettura, ci insegna a guardare al Natale come all'inizio di un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo. Inizia un'era nuova per il mondo; anche il tempo si rinnova e comincia a essere contato da questa data; non più dalla fondazione di Roma, ma dalla nascita di Cristo. Il capostipite di questa umanità nuova è Gesù stesso, il nuovo Adamo, il primogenito tra molti fratelli (Rom. 8, 29). Grazie alla sua parola e al suo Spirito che ci hanno purificato, anche noi possiamo essere ormai uomini nuovi rigenerati per una speranza viva (1 Pt. 1, 3>, come bambini appena nati che hanno intatte davanti a sé tutte le possibilità per fare della propria vita qualcosa di grande e di bello.

Il nostro primo incontro col Natale nella liturgia deve dunque aprirsi alla gioia: " Non c'è spazio per la tristezza - scrive san Leone Magno - nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e porta la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti. Esulti il santo, perché si avvicina il premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita

Il brano evangelico ci mette davanti due modi di accogliere il Natale: quello dei pastori e quello di Maria. Maria ha creduto (Lc. 1, 45), vive già nella dimensione della fede; ella perciò accoglie in cuor suo le parole, si addentra in profondità nelle cose di Dio ed è disponibile all'adorazione. In ogni quadro del Natale e in ogni presepio, Maria sta sempre in adorazione davanti al bambino.

I pastori servono invece all'evangelista Luca per tracciare l'itinerario verso la fede. Essi hanno udito l'annuncio e rispondono con la decisione: Andiamo a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto Conoscere. La decisione interiore si traduce subito in gesti concreti di vita (Andarono senza indugio) e questi portano alla scoperta: Trovarono il bambino. Trovarono, non solo materialmente, ma spiritualmente; con gli occhi della mente, oltre che con gli occhi del corpo: insomma, credettero. Compresero, o almeno intuirono, chi era quel bambino, e dalla scoperta nacque l'impulso irresistibile alla testimonianza: Dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Così la fede comincia a propagarsi; da credenti nascono credenti: Tutti quelli che udirono si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Chissà con quale entusiasmo seppero parlare della loro scoperta!

In questo esemplare itinerario di fede c'è un punto che dobbiamo sottolineare con forza e fare nostro in questo giorno: la decisione di andare a Betlemme: Andiamo a Betlemme, si dissero l'un l'altro i pastori. E anche noi, in questo Natale, ci diciamo l'un l'altro: andiamo - o meglio, torniamo - a Betlemme! Torniamo alla semplicità e alla purezza delle origini; riscopriamo la culla in cui siamo nati. Troppo ci siamo allontanati da Betlemme; la nostra fede si è sovraccaricata di ragionamenti complicati e talvolta astrusi che stonano con lo spettacolo di quel "bambino nella mangiatoia "; la nostra Chiesa si è appesantita come una vegliarda carica di anni e di cose. Essa non è più la " giovane sposa " dei primi giorni (la sposa " ricercata", come la chiama Isaia nella prima lettura); rughe profonde sono comparse sul suo volto, rughe che, come quelle della donna, sono il segno di stanchezze, di prove, di numerose e sofferte maternità, di dolori avuti dai figli, ma soprattutto di peccati.

Ma la Chiesa per fortuna non è una sposa qualsiasi per le cui rughe non c e rimedio; è il corpo di Cristo e la sposa dello Spirito Santo. Non è perciò un pensiero di tristezza e di delusione che noi stiamo esprimendo in questo giorno di Natale, ma un pensiero di speranza: colui che può fare nuove tutte le cose (Ap. 21, 5) può fare nuova, prima di tutto, la sua Chiesa e lo farà; anzi, lo sta già facendo! Lo Spirito sta realizzando, senza che noi siamo in grado di misurarne la portata, il desiderio profetico di papa Giovanni nell'indire il Concilio Vaticano II, di un " ringiovanimento della Chiesa". " Riproporre al mondo d'oggi una Chiesa vivente e sempre giovane - diceva che sente il ritmo del tempo, che in ogni secolo si orna di nuovo splendore... pur restando sempre identica a se stessa, fedele all'immagine divina impressa sul suo volto dallo Sposo che l'ama e la protegge " (Cost. di indizione del Conc. Vat. II).

Lo svolgimento dei lavori del Concilio doveva dimostrare con chiarezza qual era il " nuovo splendore " che Cristo riservava per la sua Chiesa in questo secolo: la riscoperta di essere Chiesa dei poveri e Chiesa povera: " Come Cristo da ricco che era si fece povero (2 Cor. 8, 9), così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì per diffondere anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione: essa riconosce nei poveri l'immagine del suo Fondatore " (Lumen Gentium, 8).

Questo significa, concretamente, andare a Betlemme. Non possiamo pretendere che la Chiesa torni ad essere ciò che era in quei primi giorni: una capanna con dentro Maria, Giuseppe e il bambino, ma dobbiamo far sì che tutto quello che la Chiesa è ed ha serva per portare agli uomini, e in particolare ai poveri, il lieto annuncio. I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto. Noi siamo chiamati ora a fare lo stesso: a glorificare Dio per la parola che abbiamo udita, per il pane che egli ora ci spezza, per la gioia che ci ha moltiplicato nel cuore. Siamo chiamati, tornando a casa, a dire ad altri ciò che abbiamo appreso del bambino.

Padre Raniero Cantalamessa

 

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