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TESTO Pentecoste, metropoli delle feste

don Mario Campisi  

Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (15/05/2005)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Il Vescovo Crisostomo, nella sua II Omelia per la Pentecoste, così si esprimeva: "Abbiamo appena celebrato le feste della passione, risurrezione e ascensione del Signore al cielo; oggi finalmente abbiamo raggiunto il culmine di tutti i beni, siamo giunti alla metropoli delle feste, abbiamo ottenuto il frutto della promessa del Signore... Egli oggi elargisce il dono dello Spirito Santo, per mezzo del quale ci invia dal cielo beni infiniti".

La festa di oggi ribadisce la realtà dello Spirito Santo, il quale, però, resta sempre piuttosto lontano dall'attenzione dei cristiani. Eppure egli è nella Chiesa una presenza inesauribilmente feconda.

Parlare, in effetti, dello Spirito Santo rischia di perdersi nel vago. Se poi si aggiunge una certa assenza di una ricca teologia pneumatologica nel nostro Occidente (diversamente dalla Chiesa di Oriente), il discorso può davvero diventare povero.

Il pericolo deve essere tenuto presente e con lucidità superato, partendo proprio dalla ricchezza della celebrazione liturgica odierna e recuperando i non pochi messaggi biblici in essa contenuti.

Con la Pentecoste "si è aperta l'era dello Spirito Santo", della "nuova ed eterna alleanza", dell'epoca ultima o escatologica. Quello Spirito che, per mezzo dei profeti, Dio aveva promesso di effondere negli ultimi tempi "sui suoi servi e sulle sue serve". Lo Spirito divino costituisce "l'anima" della Chiesa, che giustamente viene chiamata "Pentecoste in atto". Tutta la sua attività. sia kerigmatica che sacramentale ed etica, trova efficacia solo per la presenza e l'azione dello Spirito Santo.

Ora, la presenza dello Spirito del Dio vivente in mezzo ai suoi non cessa di essere feconda, perché egli è nella sua Chiesa: soffio vitale di una nuova creazione; portatore del dono divino della pace; costruttore di unità nella pluralità dei carismi; distruttore del peccato; fondamento della fede-certezza che "Gesù è il Signore"; generatore di uomini nuovi trasformati nell'intimo del cuore; sorgente di quella comunione che fa della Chiesa "il sacramento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano".

Radicata su queste certezze di fede, la Chiesa di sempre deve trovare l'impulso della comunità primitiva per abbandonare ogni senso di paura, per spalancare senza indugio ogni porta sbarrata per timore di chicchessia, per gioire in profondità nel sapere che per la potenza dello Spirito il peccato è sconfitto per sempre e la pace è sempre possibile.

La parola di Dio oggi ci inquieta più che mai e richiede da noi puntualizzazioni precise e svecchiamenti decisi. A nessuno, infatti, è lecito "spegnere lo Spirito", bloccare la dinamica della Pentecoste, intristire la primavera perenne della Chiesa.

La "prova" più convincente della presenza feconda dell'invisibile Spirito divino nella Chiesa è incontrare uomini e donne pienamente "spiritualizzati", cioè divenuti "creature nuove", avvincenti per profonda carica umana che si coniuga con grandi sensibilità spirituali. Del resto essere cristiani significa aprirsi al dono di Dio, lasciarsi trasformare dal suo soffio creatore e innovatore, vivere più che "in grazia di Dio" (concezione cosistico-statica) "secondo le esigenze dello Spirito di Dio" (concezione personalistico-dinamica).

In un mondo senza anima, incantato dai beni materiali e totalmente asservito alla loro affannosa conquista, la Chiesa - e in essa ciascuno di noi - deve con responsabilità interrogarsi se è epifania dello Spirito di Dio, elevante e liberante, oppure se troppo spesso non oscuri con la sua opacità la splendida luce del Soffio di Dio.

La Chiesa, dunque, nasce universale (= cattolica) e la sua missione deve trascendere ogni divisione di lingua e di cultura. La sua originaria vocazione le vieta di usare un solo linguaggio e di identificarsi in una cultura particolare. Si tratta, comunque, di un compito arduo.

Le paure e i ritardi nell'aprirsi agli apporti dei popoli nuovi che vengono alla fede sono frutto delle pigrizie umane e non certo delle esigenze dello Spirito Santo. E certi classismi invincibili, tutti arroccamenti regionali, ogni chiusura al comunque "diverso", il fastidio e la punizione su chi sbaglia o porta le cicatrici irreversibili del vizio, le molteplici espressioni di razzismo umiliante o addirittura violento sui "poveri-cristi" che approdano nel nostro Paese, gli integralismi teologici o spirituali dei gruppi e di singoli sempre in contesa, il totalizzante femminismo opposto al radicale maschilismo, ecc., non si sa fino a che punto siano dettati da quell'unico Spirito, che tende a "formare un solo corpo" senza distinzione di giudei o greci, di schiavi o liberi, di donne o uomini (cfr. 2^ lettura).

 

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