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TESTO Commento su Luca 18,9-14

Paolo Curtaz  

Sabato della III settimana di Quaresima (29/03/2014)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Di primo acchito il fariseo della parabola ci sta proprio antipatico, così come tendiamo a solidarizzare con il pubblicano. Ma, a ben leggere, le cose non stanno così: è un bel tipo il fariseo, uno sincero. Pregare con le mani alzate era la consuetudine e dimostra di essere veramente devoto. Digiuna due volte alla settimana quando la Legge prescrive un solo digiuno annuale; paga la decima anche sulle spezie ampliando l'obbligo rivolto ai contadini. Il pubblicano, invece, non sembra pentito, non si propone di cambiare, non restituisce quanto ha rubato, come prescritto dai rabbini. Perché, allora, Gesù indica come modello il pubblicano? Non certo per il suo comportamento morale ma per la sua situazione interire: il fariseo ha riempito ogni spazio col suo ego e Dio non sa proprio come fare per incontrarlo! Il pubblicano, invece, è consapevole del proprio vuoto. Non è ancora in grado di affrontarlo, di cambiare, di porre dei gesti ma, almeno, sa che ciò che sta facendo lo ha solo riempito di vento. Stiamo attenti a non specchiarci nel nostro ego spirituale, confrontandoci con le persone meno credenti: dimoriamo nella verità con umiltà.

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