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TESTO Chiamati a volare verso la pienezza

Comunità Missionaria Villaregia (giovani)  

Ascensione del Signore (Anno A) (08/05/2005)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Carissimi tutti oggi la Parola di Dio è davvero sorprendente superando ogni nostra immaginazione. Quanti da piccoli non hanno immaginato o meglio desiderato di poter volare? Non so voi, ma io si! E avevo trovato secondo la mia testa di bambino anche il modo: avevo un bel cavallo a dondolo su cui avrei montato una batteria (della macchina), delle ali e finalmente sarei saltato in sella per volare. La cosa non fu così semplice. Però il desiderio è rimasto. Anzi è cresciuto.

Oggi la parola ci mostra Gesù ed immaginate cosa fa? ASCENDE AL CIELO: Gesù sale in cielo, immaginate che spettacolo e che impressione da parte dei discepoli: vedere Gesù che "fu elevato sotto i loro occhi" mentre "una nube lo sottrasse al loro sguardo" (Atti 1,9) è la prima lettura della domenica di odierna.

Gesù sale con il suo corpo: nell'ambiente giudaico il corpo indica tutta la persona, con le sue capacità, le sue doti fisiche spirituali, psicologiche, affettive, intellettuali, ma indica anche tutto ciò che è stato fatica, sudore, pianto, ricominciare... insomma indica la persona nella sua globalità.

Il Padre quindi ha associato Gesù (uomo-Dio) definitivamente alla sua vita divina.

Prima parlavamo di volare, ebbene sì, siamo chiamati anche noi a volare, a volare verso questo destino, verso questa pienezza: Cristo ci ha semplicemente preceduti, per darci la serena fiducia che dove è lui, saremo anche noi uniti alla sua identica gloria, chiamati anche noi a partecipare della sua vita divina.

Questa è la dignità, la pienezza a cui io, tu che stai leggendo, ogni uomo è chiamato non solo dopo la morte ma sin d'ora. Pienezza che solo l'incontro con Dio dà, dignità di figlio di Dio finalmente riconosciuta e manifestata totalmente.

È l'esperienza di una povera famiglia peruviana, dimenticata dall'uomo ma non da Dio.

"Non sono "borracho" (ubriacone), né ladro, sono soltanto povero", sono le parole di un papà di famiglia che con la moglie lavora cercando nell'immondezzaio "qualcosa di utile" da vendere. Questa attività è diventata fonte di vita per i loro quattro bambini. Vivono in una choza (baracca fatta di stuoie, quelle stuoie che noi usiamo per stenderci al sole quando andiamo al mare) nella pampa, una delle zone più povere della missione. Ora il Comune vuole espropriare loro il piccolo appezzamento di terra dove sorge la loro misera casa di stuoia perché sono privi di un documento di identità.

Non sono nessuno, non esistono per la società, possono essere calpestati, eliminati, nessuno potrà rivendicare la loro vita perché non risultano né come uomini, tanto meno come cittadini. La povertà toglie loro anche questo diritto naturale: il diritto di vivere.

Privi di identità, ma non privi della dignità che Dio ha dato loro.

Domenica sono giunti alla cappella Virgen Inmaculada perché Juan aveva desiderato il battesimo per la moglie. Per la prima volta abbiamo visto questa donna ordinata, indossava un vestito bianco, povero, semplice, un paio di sandali bianchi, un vestito che era per lei simbolo della nuova identità che il battesimo le donava: la vita nuova in Dio.

Lo sposo, rivelava tutta la sua povertà: spettinato, con il vestito sporco, guardava estasiato la moglie, era senza parole. Dopo il rito Juan chiede la parola, sale all'ambone con gli occhi lucidi, la voce roca e dice: "Ringrazio il Signore e tutti voi perché oggi la mia sposa è diventata figlia di Dio. Siamo poveri, non sappiamo parlare, ma siamo buona gente, non siamo ladri; io sono stato abbandonato da bambino dalla mamma, ho incontrato la donna con cui ho fatto famiglia, anche lei povera e abbandonata come me. Nessuno si è mai occupato di noi. Nessuno si è preoccupato di darci un nome. Oggi siamo entrambi figli di Dio. La notte scorsa abbiamo pianto insieme di gioia tutta la notte per il dono che oggi ci attendeva. Vi ringraziamo perché ci avete aiutato e pur nella povertà desideriamo che anche i nostri bambini diventino al più presto figli di Dio".

Celebrare l'ascensione significa prendere coscienza della dignità che ci è offerta, del dono d'amore che Dio padre ha pensato per ciascuno di noi, destino verso cui siamo chiamati a camminare sin da ora.

Ecco perché l'angelo, nella prima lettura, rivolgendosi ai discepoli che attoniti non staccano lo sguardo da Gesù che sale dice: "Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo?" ed anche le parole di Gesù: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni,..., insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

È la sfida che Gesù oggi ci lancia: il coraggio di annunciare al mondo che in Lui ogni persona può fare esperienza di ascensione, di vita nuova, di pienezza.

 

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