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TESTO Un Assente presente nella sua Chiesa

don Mario Campisi  

Ascensione del Signore (Anno A) (08/05/2005)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

L'Ascensione unisce due momenti determinanti della storia salvifica: termina l'azione storica del Cristo e inizia il cammino terreno della Chiesa, sottolineando in tal modo anche la distanza tra mistero e storia. Questa festa, che unisce e divide trascendenza e immanenza, è il momento privilegiato e pregnante in cui viene palesata la tensione tra le due realtà.

L'insieme delle letture bibliche invita ad andare al di là dell'avvenimento dell'ascensione descritto in termini spazio-temporali: questo passaggio indica la conclusione di una fase della storia della salvezza e l'inizio di un'altra. L'evento narrato o celebrato fa da cerniera tra il finale glorioso della vita terrena di Gesù e il punto di partenza dell'espansione missionaria della Chiesa. E' importante, dunque, non fermarsi alla rievocazione di un episodio isolato della vicenda storica di Cristo, ma leggerne la dimensione misterica all'interno dell'evento-Cristo e dell'evento-Chiesa.

Il mistero centrale della redenzione, celebrato durante il triduo pasquale, come trova le sue radici nella celebrazione del mistero dell'incarnazione-manifestazione (Natale-Epifania), così si prolunga nel "tempo gioiosissimo" (Tertulliano) della Cinquantina pasquale, dove trovano risalto i misteri complementari dell'Ascensione e della Pentecoste.

Ma il mistero della salvezza è unico, pur nella sua differenziata globalità. Il mistero di Cristo non va "scomposto" o, peggio, "contrapposto", bensì "armonizzato" in interdipendenza e stretta connessione.

Se "la gloria dell'Ascensione ci appare uno svelare e un portare a compimento l'intera vita storica di Gesù, la gloria di Cristo passa nei suoi discepoli illuminando tutta la loro vita e riplasmandola attorno alla comunione con il Padre e le sue esigenze". Modellata su quella del Maestro, la vita del discepolo non conosce discontinuità: il momento della passione-morte fa tutt'uno con quello della risurrezione-glorificazione. Al di là della prospettiva spazio-temporale, l'evento dell'Ascensione del Signore determina un "modo" nuovo e perenne di essere del credente: in Cristo l'uomo entra nel divino, e per sempre. Le nozze sono già consumate. Allora nessun rimpianto per la sottrazione visiva del Risorto.

Il ritorno di Cristo al Padre inaugura anche il cammino della Chiesa; la trascendenza gloriosa di lui spinge alla manifestazione-testimonianza dei suoi discepoli; il suo uscire dalla storia segna l'ingresso in essa della sua Chiesa. Anzi, tale Chiesa si radica e si giustifica sulla trascendenza del suo fondatore glorificato, per prolungarne "fino alla fine del mondo".

Gesù, ormai nella gloria del Padre, non è più da vedere ("Perché state a guardare il cielo?"), ma da attendere nella fede, da annunziare come proposta di vita e da testimoniare con la forza dello Spirito. L'Assente dal mondo si fa presente attraverso l'esperienza e la testimonianza della Chiesa, "la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (2^ lettura). La Chiesa è la continuazione visiva della vicenda storica del Signore Gesù Cristo: è costruttrice di storia con prospettiva di eternità.

Sulla Chiesa grava la missione-dovere di "fare discepoli" di Cristo tutti i popoli. Non si tratta di un indottrinamento, bensì di uno stile di vita contagioso, che parte dall'esperienza battesimale e si arricchisce via via con il pane della Parola e dell'Eucaristia.

Le conseguenze sul comportamento dei singoli e delle comunità sono numerose ed impellenti: ognuno abbia il coraggio di individuarle nella loro concretezza. Comunque, questo rimane evidente: la salvezza di cui godiamo è un bene che appartiene a tutti. Su ogni fedele grava il compito dell'osmosi incessante, perché davvero "ogni cristiano ha il mondo a carico!". In definitiva, credere all'Ascensione del Signore significa comunicare ad ogni uomo e donna la speranza-certezza che niente vi è nella sua vita che non abbia un destino di gloria.

 

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