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TESTO Stupore, sapere, timore

don Luciano Cantini  

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (28/01/2018)

Vangelo: Mc 1,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Erano stupiti
Di cosa ha parlato in questo sabato che Gesù passa a Cafarnao, Marco non dice nulla. Quando ci mettiamo all'ascolto di qualcuno che sia un predicatore, o un insegnante o un politico, quello che più interessa è il contenuto: cosa sta dicendo. Qualche volta siamo interessati al “perché”, le motivazioni che hanno dato origine a quel pensiero, sempre pronti a fare della dietrologia. Molto raramente proviamo a “leggere” il come: quel linguaggio non verbale che fa trasparire la relazione che c'è tra le cose dette e la persona che le dice.
Marco che si preoccupa di aiutare i suoi lettori a capire chi è Gesù più che al contenuto della sua parola osserva lo stupore di chi ascolta: erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
L'insegnamento degli scribi era piuttosto ripetitivo, rimandava alla autorità di qualche scuola o di qualche maestro famoso. Gesù è diretto nel suo parlare, non ha bisogno di appoggiarsi su altri, lui ha in sé la forza, la chiarezza, la sapienza. Proprio per questo che la sua parola giunge inaspettata, fuori del coro, in contrasto con le abitudini e i luoghi comuni.
Quante volte nelle parole degli uomini percepiamo perle di saggezza ma lontane dalla vita, affermazioni ricche ma troppo astratte, prospettive così lontane da essere irraggiungibili, troppo spesso commentiamo “come ha parlato bene” ma di ciò che è stato detto non rimane traccia nella nostra vita.
Capita di domandarci se chi parla crede davvero in quello che dice, se sta facendo un esercizio di dialettica o sta raccontando una esperienza di vita, se sta recitando un teatrino o comunicando il suo animo.
“È meglio tacere ed essere che parlare e non essere. Insegnare è bello se chi parla fa. Uno solo è il Maestro che disse e fu fatto, e le cose che egli ha fatto nel silenzio, sono degne del Padre” (Ignazio di Antiochia, lettera agli Efesini 15,1)

Cominciò a gridare
Gesù insegnava loro come uno che ha autorità, perché crede in quello che dice; talmente autentico è il suo parlare e autentica è la sua persona che il male è messo in difficoltà.
Un uomo frequentatore della sinagoga che era tranquillamente sottomesso al male, che non è mai stato sconvolto dalle parole del culto, dalla preghiera, dalla predicazione istituzionale, assuefatto alle manifestazioni dei poteri umani, politici, sociali, religiosi, è invece sconvolto dalla parola libera e liberante di Gesù tanto che cominciò a gridare. Gesù dà fastidio per chi si insabbia tra bugie, compromessi, ipocrisie, slealtà, furbizie; è venuto a rovinare le culture, le teologie, le chiese, i poteri che utilizzano Dio e l'uomo per acquietare e nascondere. La parola di Gesù è così libera e forte che manda in rovina chi si è lasciato addomesticare, piegare, sottomettere perché restituisce l'uomo a se stesso, ma anche Dio all'uomo; Gesù restituisce a Dio il volto di Padre che ama e si lascia amare. Quella Parola insegnata con autorità penetra nel profondo, rivela la verità dell'uomo, scopre le contraddizioni, evidenzia le distanze: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?»
Non ci meravigli che quel personaggio così disturbato arrivi a sapere chi è Gesù di Nazareth, affermi teologicamente la sua identità, il santo di Dio; di fatto rifiuta una qualsiasi relazione. Sapere non è sinonimo di Fede; si può sapere di teologia e di religioni, si aderisce per tradizione o cultura senza una relazione di fede; abbiamo scambiato il Vangelo con la cultura dominante, con le leggi di mercato, l'assolutezza dei diritti; siamo assuefatti alla disonestà, alla corruzione, ai privilegi, al carrierismo; ci rifugiamo nel buonismo e nella filantropia, persino nel volontariato.
A loro Gesù ordina severamente «Taci!». A Gesù non interessa la conoscenza teorica della sua identità se poi si rifiuta la comunione.

Furono presi da timore
La liberazione non è un fatto semplice, privo di sofferenza: lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Permettere di essere liberati significa lasciarsi rovesciare dal di dentro, estirpare le abitudini, le credenze, le sicurezze, cambiare la visuale, la scala dei valori, il senso del credere, il rapporto con la storia, sgombrare le certezze accumulate e stabilizzate lungo la vita personale. Tutti furono presi da timore proprio per la novità dell'insegnamento, si ha timore di essere proiettati nella provvisorietà e precarietà della Fede.
È sabato, il settimo giorno in cui Dio porta a compimento la sua opera.

 

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