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TESTO Commento su Marco 1,14-20

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III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (21/01/2018)

Vangelo: Mc 1,14-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,14-20

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Massimo Cautero

L'AMORE CHE CONVERTE E MUOVE ALLA SEQUELA

Le parole importanti che emergono dal Vangelo di questa domenica sono:

Tempo; compiuto; credete; convertitevi; lasciarono; seguirono.

Sono tutte parole importanti, specie se consideriamo che la pericope di Marco ci racconta l'inizio assoluto della predicazione di Gesù, ma due parole di queste, in particolare, interpellano i battezzati e li chiamano a rispondere del loro essere stesso di battezzati e di figli di Dio: convertitevi e seguire!

Sono parole che insieme costituiscono una sorta di pilastro della vita cristiana ma, purtroppo, dobbiamo anche sottolineare come queste parole sono state, nel tempo, interpretate e tradotte nel linguaggio della Fede cristiana, considerando anche il fatto che si è spesso perso di vista il loro nucleo essenziale ed il loro significato irrinunciabile.

La conversione è nell'immaginario comune quella decisione volontaria che porta una persona a lasciare una condotta e prenderne un'altra; la conversione è il momento in cui la vita prende una direzione differente da quella che fino ad allora aveva seguito perché si riconosce che la nuova direzione è quella giusta, la migliore. Convertirsi è descritto anche come l'atto con cui si aderisce ad una religione, ad un comportamento, ad una ideologia. Convertirsi dice anche la radicalità con cui si abbraccia una decisione; è una parola importante ma a cui ci siamo assuefatti all'uso e, soprattutto, parola sulla quale non riflettiamo più e non approfondiamo più di tanto. Abbiamo lasciato che questa parola rimanga attraccata al molo della volontà personale e non gli abbiamo più permesso di mollare gli ormeggi affinché prendesse il vento della vita vera, quella che, oggetto di conversione, deve dialogare veramente con quella strada “altra” che la conversione gli propone. Ci siamo dimenticati che la conversione non è un “supermarket” dove posso scegliere tra gli scaffali quello che più mi piace poiché essa si origina, sostanzialmente, da una esperienza, un'esperienza viva, di vita, che ha avvolto e coinvolto la vita stessa ed a cui si è capito il bisogno di dover dare una risposta.

Non possono le sole parole degli uomini chiamare a conversione, chi segue i cammini dello Spirito lo sa bene, deve esserci l'esperienza reale con qualcosa che è entrato o scontrato con la vita di ognuno di noi. Per noi cristiani l'esperienza della conversione è l'esperienza dell'incontro con una persona, della “Persona” per eccellenza che è anche la “Parola” per eccellenza: Gesù Cristo, Figlio di Dio.

Ecco allora che posso capire meglio che la conversione a cui mi chiama Gesù stesso: essa è esperienza dell'incontro con Lui, dell'amore del Padre che avvolge le mie povertà con quell'acqua dello Spirito che dissetano, finalmente, l'arida arsura di una vita senza acqua!

La conversione non è una “tantum”, essa deve seguire il ritmo della vita stessa. La conversione è la mia vita che incontra colui che è la Vita ed a cui posso e devo convertirmi ogni giorno, ogni momento, se voglio le grazie dell'amore che mi chiama e mi abbraccia ogni volta che lo cerco.

La conversione senza la sua identità, cercata nell'esperienza, rischia di rimanere senza forma: convertirsi a qualcosa o qualcuno solo per il frutto dell'esperienza di un altro o di un gruppo, per quanto validi ed importanti possano essere, lascia sempre il tempo che trova, prima o poi la mia mancanza di esperienza diretta farà crollare la mia conversione su se stessa o, peggio, mi farà costruire delle infrastrutture per tenerla in piedi, infrastrutture che con la fede, la verità e la vita hanno poco a cui vedere. Al contrario se la mia conversione è anche esperienza diretta di Colui a cui mi devo convertire, della sua bontà, del suo amore, convertirmi a Lui ogni giorno, ogni momento, sarà la più facile delle cose, la più bella e desiderabile delle azioni che la mia volontà mi farà compiere, senza bisogno di sostegni artificiali o sovrastrutture che tengano in piedi la conversione stessa.

Sequela è l'altra parola essenziale della vita cristiana: “andare dietro a Lui” è la direzione che la strada della conversione deve prendere; fuori della strada della sequela non c'è conversione, non esiste direzione di cammino a cui convertirsi. “Sequela” non solo descrive la strada ed il cammino del cristiano ma è l'essenza stessa del movimento e lo è talmente tanto che ogni movimento fuori della sequela, per un cristiano, è paragonabile a un non movimento, alla paralisi: un cristiano che non è in movimento di sequela di Gesù smette di camminare come cristiano, smette di seguire la ragione della sua esperienza vitale, smette di “essere”, per trascinarsi in un'esistenza che al massimo potrà essere solo una parodia di se stessa, sempre in bilico tra i ricordi di chi doveva seguire e la nostalgia di una fede felice che non torna più. Se la conversione è esperienza dell'amore di Dio, il mezzo di trasporto e manovra della fede, la sequela è il carburante che fa camminare il mezzo di trasporto, la gioia motrice che motiva la fatica e non fa mai perdere di vista la strada della salvezza.

Qualcuno a questo punto potrebbe obiettare che la conversione e la sequela, qui rispettivamente descritte come esperienza e cammino, possano non essere trasmissibili e fruibili da persona a persona poiché fatti soggettivi e personali, in realtà dobbiamo considerare che come dietro la Parola di Dio c'è sempre l'azione concreta dello Spirito Santo, così dietro ad ogni discepolo che si fa profeta di salvezza, nell'autentica esperienza della sua conversione e nella coerente sequela del Cristo, si nasconde la potenza divina che agisce efficacemente in chi ascolta la sua testimonianza circa l'esperienza dell'incontro col Cristo e genera, in coloro a cui egli è mandato, quella speciale Grazia o Potenza dello Spirito stesso che mette, a sua volta, in moto la richiesta di esperienza-conversione e la volontà di sequela: diventare testimoni credibili è quindi sempre testimoniare la propria conversione - quindi la propria esperienza di Gesù - nella sequela di Gesù che la conversione mi indica come l'unica strada percorribile, cammino di conversione che diventa compiutezza di ogni tempo che mi viene concesso, gioia per la salvezza che mi viene donata e fede in cui credere senza nessuna riserva (lasciare tutto!) di avere male affidato la mia povera vita! Essere testimoni di Gesù, della sua Salvezza, dell'amore del Padre, è anche essere sicuri che tramite me lo Spirito genererà nuovi figli, come ha fatto di me suo figlio.

 

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