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TESTO Commento Matteo 28,16-20

Omelie.org - autori vari  

Ascensione del Signore (Anno A) (08/05/2005)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

PARTIRE E' UN PO' MORIRE

A un mese di distanza dalla morte di Giovanni Paolo II, ci ritornano alla mente le immagini di quelle centinaia di migliaia di persone, tra cui molti giovani, che hanno affrontato una coda di circa 14-18 ore, per vedere il Papa per l'ultima volta, prima della sepoltura.

Li abbiamo visti per televisione, pazientemente incolonnati, nella notte, in piedi per ore, calmi e composti, stanchi e pazienti... e forse ci hanno fatto una certa impressione.
Parecchia gente si è domandata: ma chi glielo fa fare?

Tra loro alcuni piangevano. Altri sorridevano, ma anche loro con le lacrime agli occhi.

Fermiamoci un momento su quest'immagine.

Il pianto e il sorriso commosso: forse sono le due chiavi migliori per riflettere sulla festa dell'Ascensione di Gesù.

Davanti alla partenza di qualcuno che amiamo proviamo dolore, umanamente parlando, ma nello stesso tempo la fede ci consente di sorridere: sappiamo che la persona se ne va, ma che in fondo, in un altro modo, più spirituale, resta con noi.

Diceva un anziano sacerdote: "Nulla mi è più penoso da affrontare che la celebrazione di un funerale non illuminato dalla luce della fede: è una partenza e basta".

E' vero: il distacco non capito e non accettato è sempre un dolore buio.

Il duplice atteggiamento, del pianto e del sorriso commosso, accompagna non solo il momento del distacco definitivo, ma un po' tutti i quotidiani distacchi di cui è costellata la nostra vita: la figlia che si sposa, il figlio che entra in seminario, il nipote che va a studiare in un'altra città, lo zio che va all'estero...

Perfino la più classica delle partenze, il marinaio al porto che abbraccia la moglie per l'ultima volta prima di iniziare una lunga navigazione, porta in sé un seme di sorriso: un militare in navigazione prende il doppio di uno a terra. Nella mente della coppia c'è già in quel momento sulla banchina, assieme alla sofferenza della partenza, il sorriso per il benessere dei figli, la possibilità di pagare loro gli studi, il bene della famiglia.

Gesù aveva preparato i suoi amici con grande franchezza: "Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore". La sua dipartita è accompagnata dalla promessa di un dono, che rimarrà tra noi per sempre. "Voi piangerete" aveva previsto il Maestro.

Ma poi aveva aggiunto: "Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo".

NOLI ME TANGERE!

Esiste una bella immagine, che riassume simbolicamente l'atteggiamento di resistenza davanti ai distacchi affettivi: Maria Maddalena, che trattiene Gesù risorto, il mattino di Pasqua, nel giardino del sepolcro.

Lo vorrebbe avere per sé sempre, senza mai perderlo. Le è difficile separarsi dalla presenza fisica del Maestro, proprio perché lo ama molto. Per lei è importante poter continuare ad ascoltare la sua voce, vederlo, godere della sua compagnia.
Non vuole un altro rapporto: quello attuale le basta.

E Gesù le dà quella risposta, così strana e difficile da comprendere, forse anche un po' secca: "Non mi trattenere!".

Gesù vuole completare, con la salita al Padre, la sua missione. Questa missione vale più di tutto, ci hanno insegnato. Ed è vero: non vuole essere trattenuto perché gli sta a cuore l'Ascensione, gli sta a cuore la volontà del Padre.

Ma forse esiste, secondo alcuni interpreti, anche un altro significato nelle sue parole: Non mi trattenere in questo modo materiale, in questa tua affettività così fisica. Sforzati di iniziare un nuovo modo di conoscermi, più spirituale, più maturo.

"Cristo Risorto è una realtà non paragonabile a quella fisica. Non si tratta di un'esperienza empirica, ma di un'esperienza di fede" (Card. Tomàš Špidlík).

E' come se, attraverso l'esperienza del distacco accettato con maturità, Gesù stesse facendo un invito a un salto di qualità nel rapporto con lui.

Tante volte non vogliamo crescere: quello che abbiamo è una sicurezza e chi ce lo toglie ci fa un torto.

"Una relazione che sembra, anzi è arrivata al suo compimento, passerà proprio attraverso un distacco; è lo sfondo di ogni relazione umana storica, il punto in cui ogni relazione viene messa alla prova definitiva. Possiamo pensare che tale principio vale per tutti i distacchi pastorali e per quelli proposti dalla vita: da una parte creano sofferenza e tuttavia, nella misura in cui sono affrontati con coraggio e con serenità, ci rinnovano, approfondiscono i legami" (Card. Martini).

UN PREMATURO DISTACCO

Uno dei motivi più frequenti che le persone accampano, per evitare di distaccarsi da qualcuno, è questo: non si sentono ancora pronte. Secondo loro bisogna aspettare ancora un po'. Un aggettivo spesso abusato è "prematuro", riferito al distacco.

Spesso questo atteggiamento nasconde un alibi sottile: si cerca di procrastinare il più possibile il momento dell'allontanamento. Si preferisce rimanere immaturi, pur di non "perdere" la persona amata.

Nelle letture di oggi sono presenti alcuni segnali che ci dicono come i discepoli non fossero pronti per la dipartita di Gesù, non avessero ancora raggiunto quella maturità della fede e quella formazione della coscienza che avrebbe consentito loro di continuare a gestire il rapporto con il Maestro in termini spirituali e non di presenza fisica.

Erano ancora troppo immersi nei loro dubbi e attaccati alle loro idee.

In un momento così glorioso e solenne, come è la conclusione del suo Vangelo, Matteo annota con franchezza che, tra gli Apostoli "alcuni però dubitavano". Non è il solito Tommaso, che senza la possibilità di mettere la mano sul corpo di Gesù non vuole credere. Sono "alcuni": un plurale che fa riflettere, visto che il gruppo degli Undici è piccolo e dovrebbe essere il centro propulsore della nuova fede nel Cristo Risorto.

Non sembrerebbero, dal punto di vista della fede, ancora pronti per restare da soli.

Ma anche se consideriamo la loro formazione spirituale, la capacità di lasciare punti di vista ristretti e troppo umani per abbracciare il Vangelo di Gesù e una visione più matura e "divina", appare chiaro che non avevano ancora avuto il tempo di metabolizzare l'insegnamento del Maestro.

Nella prima lettura, gli Undici, proprio pochi istanti prima del solenne momento della Ascensione del Signore, fanno in tempo ancora una volta a ritornare su una loro idea fissa, su una specie di mania: "Signore, è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?".

L'ultima domanda rivolta al Signore, su questa terra, è uguale alla prima che fu rivolta dai Magi a Gerusalemme: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?".
Sempre il solito chiodo fisso.

L'instaurazione del regno messianico appare ai discepoli ancora come una restaurazione temporale del regno davidico, ancora come un affare politico, nonostante tutta la predicazione di Gesù.

Questa visione umana aveva segnato la vita delle persone che incontrarono Gesù, come un ritornello, fin dall'inizio.

Perdonatemi la lista che segue, ma è solo per far capire.

I Magi lo cercarono, appena nato, pensando che fosse il re dei Giudei.

Erode compì la strage degli innocenti, quando Gesù era bimbo, per paura che fosse un re.

Quando Gesù chiamò i primi discepoli, subito Natanaele lo seguì dicendo che cosa? Ma è chiaro: "Tu sei il re di Israele!".
Essendo solo l'inizio, si può capire...
Ma poi l'idea fissa rimase.

Durante il ministero pubblico Gesù doveva scappare, perché la gente voleva farlo re.

Lui specificava, spiegava, evangelizzava, ma nel suo ingresso a Gerusalemme la gente lo accolse ancora con: "Benedetto il Regno che viene del nostro padre Davide!".

E non solo la gente aveva l'idea fissa. Nell'elenco dei Dodici figura un certo Simone, designato con l'appellativo di zelota (vi è chi ritiene tale anche Giuda Iscariota), che con tutta probabilità questa idea l'aveva trasformata perfino in militanza politica.

E lo stesso accadde durante la sua passione, con Pilato: "Tu sei il re dei Giudei?".
E così sulla croce: lo scrissero perfino su un cartello.

E anche dopo la sua morte, sulla via di Emmaus, i discepoli di cosa possono discutere se non del solito argomento? "Noi speravamo fosse lui a liberare Israele"...

La sapienza popolare dice: "Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire".

Un minuto prima della sua ascensione, ancora quella domanda.

A ricordarci che non sono cambiati: sono ancora gli stessi di anni prima.

Non sarebbero pronti, quindi.

"NON SPETTA A VOI CONOSCERE I TEMPI E I MOMENTI"

Quanto fin qui detto ci ricorda che se dovessimo aspettare di essere perfettamente pronti, per poter vivere qualsiasi genere di allontanamento, ci ritroveremmo impantanati e senza la possibilità di prendere alcuna decisione nella vita.

Paradossalmente, accade invece che proprio il distacco rende le persone capaci di compiere quei cambiamenti che, precedentemente apparivano ostinatamente impossibili.

E' quello che accade agli Apostoli nel Vangelo.
Daranno la loro vita, fino al martirio, per la fede in Gesù.
Quando lo vedevano, dubitavano.

Senza vederlo, moriranno per lui.

Andranno fino agli estremi confini della terra, per annunciare il suo Regno.

Quando Lui era fisicamente con loro, erano fissati con Israele e basta.

Ora che lui non c'è più fisicamente, preparano le valigie per l'India, Roma, i confini della terra.

E non torneranno più "a casa"...

Che il Padre ci dia davvero "uno Spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di Lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della nostra mente per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati"!

Con questi sentimenti ci prepariamo a vivere la solennità di Pentecoste, credendo alla promessa di Gesù e chiedendo allo Spirito Santo di venire a farci capire tutto quello che finora non abbiamo capito.

O non abbiamo voluto capire.

Commento di Padre Alvise Bellinato

 

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