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TESTO La vita è bella

don Giacomo Falco Brini  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/01/2018)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

La vita è vocazione. Cioè, il senso della vita è udire la voce di Dio che non solo mi ha chiamato all'esistenza, ma in essa scrive con me una nuova pagina di storia sacra dentro il suo imperscrutabile disegno di amore. Ho una missione da compiere sulla terra. Anzi, Papa Francesco direbbe: io sono una missione e per questo mi trovo in questo mondo (EG n.273). Il Card. Angelo Comastri sostiene che la povertà vocazionale di oggi, prima che un problema ecclesiale, è un problema umano e sociale. Sono pienamente d'accordo con lui. Durante la presentazione del Dizionario Biblico della vocazione presso la Radio Vaticana il 30 ottobre del 2007, Mons. Comastri affermò: “E' un problema che sta prima, perché è in crisi la vocazione alla vita. E' un problema di tutta la società perché senza vocazione non si può vivere. Perché la vita alla lunga decade, non ha più senso, non ha più valore. Quando si è vuoti di Dio non c'è niente che ti può riempire.” Se una grandissima parte di giovani e meno giovani oggi se ne sta lontano da madre Chiesa (chi mi conosce sa che l'ho sempre sostenuto), vuol dire che qualcosa nell'iniziazione cristiana e nella successiva trasmissione della fede non sta più funzionando. La loro assenza dalle convocazioni e dalle celebrazioni eucaristiche domenicali è un messaggio, non prendiamocela troppo con loro.

La Parola di Dio di questa domenica ci offre qualche dritta per prendere sul serio la nostra vita come vocazione. La prima lettura e il vangelo ci ricordano innanzitutto che nessuno da se stesso è in grado di riconoscere la voce di Dio. Abbiamo bisogno della testimonianza di qualcuno che ci accompagni verso di Lui, abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a distinguere la voce del Signore dalle altre. Samuele frequentava il Tempio forse ancora per abitudine quando cominciò ad avvertire la voce di Dio che lo chiamava. Ma il testo ci dice in modo incontrovertibile che ci volle l'aiuto interpretativo del sacerdote Eli affinché Samuele rispondesse al Signore. La sua obbedienza ad Eli gli permette di diventare ancora più sensibile alla voce di Dio e di comprendere che chiamava proprio lui (cfr. 1Sam 3,9-10). I due primi discepoli di Gesù del vangelo cominciano a seguirlo perché per un certo tempo si sono fidati della testimonianza e della guida di Giovanni Battista. Il quale, dimostra di essere autentica guida vocazionale quando, vedendo passare Gesù, fissa lo sguardo su di Lui e indica ai discepoli che lo devono seguire (Gv 1,35). Dunque viene implicitamente tratteggiato nelle 2 letture di oggi il volto di una guida spirituale vera: è un testimone che sa ascoltare/consigliare, che tiene fisso lo sguardo su Gesù e che sa come indicartelo facendotene innamorare o perlomeno destandoti a una grande curiosità; inoltre, al momento opportuno, sa farsi da parte, cosciente che i “suoi” accompagnati non sono suoi: e i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù (Gv 1,37).

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “che cosa cercate?” (Gv 1,38). Una volta udita la sua voce che chiama, non basta cercare di seguirlo. Bisogna tornare e ritornare continuamente a dialogare con Lui per scoprire perché lo si sta seguendo. La relazione che si stabilisce con Lui non è simmetrica: prima di tutto, bisogna lasciare la parola a Lui (è la prima volta che qui nel vangelo Gesù apre bocca): è il Signore per primo che fa domande. I discepoli però, rispondono con un'altra domanda: rabbì, dove abiti? (Gv 1,38b). E non potrebbero parlare altrimenti. Non lo conoscono ancora, ma la domanda esprime desiderio di conoscenza, desiderio di sapere davanti a chi ci si trova di fronte. E non c'è desiderio più grande in Dio di rispondere alla domanda dell'uomo che lo cerca e lo vuole conoscere: venite e vedrete (Gv 1,39). Declinando questa brevissima ma densissima risposta: “cammina dietro di me e vedrai chi sono io e chi sei tu. Perché senza di me non vedrai un bel niente, rimarrai cieco e non capirai un granché del tuo e del mio mistero.” Gesù accoglie, invita e promette un futuro. Solo la vita vissuta come vocazione ci permette di scoprirla in tutta la sua bellezza!

Il card. Comastri, in quella stessa presentazione di cui vi accennavo prima, concluse il suo intervento raccontando un incontro speciale: “Nel 2001, a Loreto, al termine di una processione in piazza, scendendo dal sagrato della chiesa per andare incontro agli ammalati, rimasi colpito nel vedere una culla. Subito mi accorsi che lì dentro non vi era una bambina, ma una giovane donna affetta da osteogenesi imperfetta. Si chiamava Maria Respigo, poi scomparsa in seguito all'età di 39 anni. Era ospitata presso l'Istituto don Gnocchi a Pavia. La storia della sua vita è stata una storia di abbandoni: abbandonata dal padre appena si accorse della sua deformità, rifiutata dai fratelli e dalle sorelle, perse la madre a soli tre anni. Eppure, ella mi disse che “a un certo punto ho capito che non sono stata abbandonata da Dio e che anch'io ho una vocazione”. Sotto il cuscino conservava 33 fogli con una scritta in grande come titolo: “Maria Respigo, felice di vivere”. Vi leggo solo alcune righe che sono state trovate in quei fogli: “Io esisto per gridare a tutti coloro che hanno la salute che non possono continuare a tenerla stretta in mano, perché la salute è un dono e se non la ridoneranno ad altri essa marcirà nelle loro mani. Io esisto per gridare a tutti quelli che si annoiano dietro a vuoti passatempi, che tutte quelle ore trascorse in uno sterile ozio mancano a qualcuno; e se non le regaleranno a qualcuno, quelle ore non li renderanno felici ma marciranno nelle loro mani. Io esisto per gridare a tutti coloro che passano le notti da una discoteca all'altra, da un locale all'altro, che quelle notti mancano a qualcuno e non li renderanno mai felici finché non le regaleranno a tutti coloro a cui appartengono”. Ad un certo punto mi fissò negli occhi e mi disse: “padre, non è forse bella la mia vocazione?”

Sì Maria, la tua vocazione è stata bellissima. Chi scopre e vive la propria vocazione diventa una persona bella. Con te, ancora una volta, Dio ci ha parlato/illuminato sui suoi misteri con la bocca del piccolo e del disprezzato. Grazie per la tua risposta di amore.

 

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