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TESTO Commento su Matteo 14,13b-21

don Michele Cerutti

III domenica dopo l'Epifania (Anno B) (21/01/2018)

Vangelo: Mt 14,13b-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Gesù ha appena saputo della morte di Giovanni e chiuso nel suo dolore va alla ricerca di quell'intimità con il Padre che si rende necessario in tanti momenti cruciali della sua vita. Conosce quanto fa male il peccato e quanto distrugga l'umanità. C'è in lui la consapevolezza che di fronte al male del mondo prima di tutto bisogna ritrovare nella preghiera la forza per ripartire.
Oggi molte notizie ci scivolano. Le morti nel Mediterraneo non interessano più e occupano poche righe dei giornali. Sembra quasi che davanti al male del mondo siamo come anestetizzati. Gesù ci insegna nel raccoglimento la necessità di alzare le mani per questa umanità che sembra smarrirsi.
Si ritira, ma le folle lo circondano. Queste rappresentano tutti coloro che sono alla ricerca di una luce nella propria esistenza. Gesù non rimane insensibile e ci dimostra che la preghiera non può renderci estranei dall'ambiente che ci circonda; comprende subito ciò di cui necessita la folla.
Risuona quello che un grande Santo della Carità, come Vincenzo de Paoli affermava: “Non è lasciare Dio per Iddio” e lo diceva quando uno era costretto a staccarsi dalla preghiera per andare a rispondere alle necessità dei fratelli.
Gesù in questa icona iniziale ci offre già da subito questa grande lezione. Egli comprende che la necessità prima di queste folle è soddisfare le necessità materiali. Lo stile è quello della compassione. Gesù prova compassione. La carità autentica è quella che è spinta da un vero e proprio sentimento di compassione. Chi non è spinto da questo sentimento trova subito soluzioni formali al problema. I suoi trovano “escamotages” volti a farsi scivolare i problemi trovando soluzioni rapide.
E' così anche nella nostra quotidianità. Troviamo un questuante fuori da un supermercato o da una Chiesa e subito cerchiamo di rispondere lavandoci la coscienza con una “manciata” di monetine e senza entrare nel merito delle vere esigenze. Alimentiamo lo sfruttamento e non andiamo al nocciolo dei problemi.
Gesù ci chiede di mettere in moto la nostra fantasia nella carità e stimola i frettolosi discepoli a ricercare tutto ciò che c'è a disposizione per fare in maniera tale che si possa soddisfare la fame di quella moltitudine. Pochi pani e pesci messi a disposizione non sono solo sufficienti ma sono in abbondanza. E' il miracolo della carità di cui i cristiani dovrebbero essere dispensatori. Una carità che Gesù ci dimostra non è scissa dalla fede anzi indissolubilmente legata.
Vengono pronunziate formule di benedizioni prima della moltiplicazione. Se pensiamo di slegare la carità dalla dimensione della fede attenzione facciamo solo filantropia che si scioglie allo smorzarsi di entusiasmi. Se sleghiamo la fede dalla carità rendiamo la nostra vita spirituale una dimensione non autentica.
I Santi della Carità ci dicono proprio questo fede e carità sono legati e vivono nella dimensione della reciprocità. Pensiamo alla figura di Fratel Ettore Boschini, don Guanella, beato Monti che hanno messo in moto nella nostra Diocesi ambrosiana una sensibilità forte nell'attenzione ai poveri partendo dalla loro robusta vita di preghiera. Fratel Boschini, che andava negli anni della “Milano da bere” in stazione Centrale a raccogliere i senza tetto che dormivano nelle panchine, aveva una forte devozione ed era convinto della necessità di soddisfare le necessità dei primari dei poveri per poi condurli a Gesù. Don Guanella che aprì a Milano un ospizio per anziani in Via Cagnola attingeva la Carità dalla forte devozione eucaristica. Monti fu ispirato dall'Eucaristia come laico ad aprire strutture per orfani.
Chiediamo a questi Santi per la loro potente intercessione di essere autentici cristiani che fanno della loro vita di fede un esercizio continuo di Carità per essere in grado di riconoscere nei volti dei fratelli e di quelli che hanno bisogno il Volto di Gesù.

 

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