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TESTO E se fosse una questione di sguardi?

don Angelo Casati  

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Ottava del Natale del Signore - Circoncisione del Signore (01/01/2018)

Vangelo: Lc 2,18-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,18-21

18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Si intrecciano tanti pensieri in questo primo giorno dell'anno e vi confesso che non mi è facile ricomporre in unità il mosaico: ottava del Natale, circoncisione di Gesù, primo giorno dell'anno civile, giornata mondiale della pace. Ho tentato un azzardo - e voi me lo perdonerete - l'azzardo di ricomporre quest'anno i frammenti radunandoli intorno a una parola, la parola "sguardo", uno sguardo buono, uno sguardo tenero, uno sguardo benedicente.

Mi è sembrato così di cogliere come un invito ad abbandonare lo sguardo cupo. C'è troppa cupezza nei nostri giorni. Lo sguardo cupo fa cupi il viso e gli occhi, i nostri e quelli dell'altro. A me sembra che ci sia troppa cupezza nel mondo, in quello vicino e in quello lontano, e fatichiamo a trovare sguardi buoni, sguardi teneri, sguardi benedicenti. E vorrei così partire dal brano di Luca.

Penso che tutti abbiate notato l'armonia che splende silenziosa nell'alloggio di fortuna, intorno a quella mangiatoia. Non ci furono parole o, almeno, il vangelo non le ha registrate. Certo ci fu uno scambiarsi di sguardi. La madre guardava con tenerezza il suo bambino, Giuseppe le fasciava di sguardi di premura, i pastori quasi non credevano ai loro occhi, anche loro a sgranare occhi colmi di stupore.

Ed ecco che, inteneriti, vanno a raccontare e lo sguardo di chi li ascolta si apre a sorpresa e a fiducia. Non abbiamo notizia dello sguardo di chi, otto giorni dopo, circoncise, secondo tradizione, il bambino, ma nel nome assegnato al bambino - "Gesù" lo chiamarono - era iscritto - se ben ci pensate - uno sguardo, uno sguardo di tenerezza. "Gesù" significa "il Signore salva".

Ebbene uno che salva ha occhi di tenerezza. Vado al di là del testo e mi viene da immaginare. Penso alle parole del Vangelo su Maria, parole bellissime. "Maria custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore". Ma che cosa aveva sotto i suoi occhi? Di che cosa si stupiva, se tutto era così silenzioso e così precario? Di che cosa si stupiva se non di quell'abbraccio di sguardi? Uno sguardo - m vien da dire - impigliato a mangiatoia e a fasce. Questo mi permette di dire che lo sguardo buono, lo sguardo tenero, lo sguardo benedicente di per sé non è uno sguardo che viene da un moto di ingenuo ottimismo.

Che cosa pulsava ottimismo nell'alloggio di una grotta di pastori? E anche oggi a indurci a uno sguardo di benedizione - anche per l'anno passato o per quello che inizia - non è l'ottimismo di chi, illudendoci, vuole farci credere che tutto è andato bene o che tutto andrà bene. Non tutto è andato bene e non tutto andrà bene, eppure non voglio lasciarmi contagiare dalla cupezza dei visi, desidero, nonostante tutto, dire bene, bene-dire.

Lo voglio, nella consapevolezza che uno sguardo buono genera bontà, uno sguardo tenero genera tenerezza, uno sguardo benedicente genera benedizione, fiducia, fiducia nell'amore e nell'avvenire. Vorrei dire anche che a indurci a uno sguardo buono su di noi e su questa nostra città, su questa nostra chiesa, su questa nostra terra che amiamo, sull'anno che iniziamo, è lo sguardo di Dio su di noi, uno sguardo di benedizione.

Con questo sguardo benedicente, che "dice bene", Dio guarda noi, guarda i giorni dei suoi figli. Di questo suo sguardo buono, tenero, benedicente sono colme le parole che Dio mette sulle labbra dei suoi ministri nel libro dei Numeri, le abbiamo ascoltate. Questo dovranno dire, dovranno dire benedizione. E se le loro parole dovessero tradire maledizione, disistima, amarezza, Dio le rifiuterebbe.

Perché questo dovranno dire, a nome suo: "Ti benedica Dio e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace". Questo è non altro dice lo sguardo di Dio. E non è forse bello che la Liturgia ci ricordi queste parole mentre ci racconta del bambino - Dio che si è svuotato e umanizzato - e del suo sguardo dalla mangiatoia. Uno sguardo che rimette in cammino i pastori, spettatori di un evento inimmaginabile: il Salvatore nella mangiatoia, in una delle loro grotte di riparo.

E non è forse vero che lo sguardo del bambino della mangiatoia si rifletteva, come in uno specchio, nello sguardo di Maria, di Giuseppe e dei pastori? Oggi lo sguardo del bambino conquista tutti noi. E noi respiriamo. Respiriamo la pace. Ci mettiamo in cammino. Ebbene vi devo confessare che con stupore mi sono imbattuto in questa parola "sguardo", più volta ripetuta, leggendo il messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale della pace, dal titolo: "Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace". Come ci fosse detto che la pace, l'accoglienza, nascono dallo sguardo, da come noi guardiamo. Ecco le parole di Papa Francesco

"Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, "ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze [...] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia", in altre parole realizzando la promessa della pace. Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono.

Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti. Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei "limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso", considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell'unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.

Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Trasformerà così in cantieri di pace le nostre città, spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano proprio la presenza di migranti e rifugiati". Ebbene, dobbiamo purtroppo riconoscerlo: l'anno che ci siamo lasciati alle spalle, la legislatura che ci siamo lasciati alle spalle, proprio nei suoi ultimi giorni, si sono chiusi con un vuoto, ci è mancato lo sguardo, lo sguardo di Dio per i germogli, per la crescita dei germogli... Possiamo sperare qualcosa di diverso per il nuovo anno? Noi lo speriamo.

Ci conceda Dio di iniziarlo e di portarlo a termine nel segno del suo sguardo, uno sguardo buono, uno sguardo tenero, uno sguardo benedicente.

 

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