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TESTO Riflettendo sulla famiglia di Nazaret

mons. Roberto Brunelli

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (31/12/2017)

Vangelo: Lc 2,22-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Prima domenica dopo il Natale: la liturgia continua a celebrare il grande evento, ricordando il nucleo familiare in cui il Figlio di Dio si è fatto uomo. Sulla famiglia composta da lui, da sua Madre e da Giuseppe quest'anno si legge il passo (Luca 2,22-40) relativo al compimento delle pratiche religiose allora prescritte per la nascita dei primogeniti maschi, vale a dire la loro presentazione al tempio. L'atto costituiva il formale riconoscimento che il primogenito apparteneva a Dio, ed era accompagnato dall'offerta di due tortore o giovani colombi, da sacrificare per la purificazione della madre.

Due tortore, o l'equivalente, era l'offerta minima prevista, quella dei poveri: e basta questo particolare per dire quale fosse la condizione sociale di quella famiglia. E' poi da notare come nel caso della famiglia di Nazaret il rito fosse immotivato (“quel” primogenito era già di Dio: era Dio stesso; né Maria aveva nulla di cui purificarsi); compiendolo, Maria e Giuseppe hanno inteso dimostrare la loro piena appartenenza al loro popolo anche nell'esemplare adempimento dei doveri religiosi.

Ma la parte maggiore e imprevista dell'episodio è data dall'incontro, durante il rito nel tempio, con “un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele” e con una donna molto anziana, Anna, la quale da quando era rimasta vedova “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Prima l'uno e poi l'altra levano lodi a Dio, perché riconoscono nel bambino il Cristo, cioè il Messia annunciato dai profeti come il riscattatore, il liberatore, il redentore, il salvatore.

Molto significative in proposito sono le parole di Simeone, il quale delinea il futuro del bambino. In un commovente cantico che i sacerdoti (e quanti altri pregano con la Liturgia delle Ore, cioè il breviario) ripetono a conclusione di ogni giornata, quell'uomo giusto e pio proclama Gesù gloria del suo popolo, e nel contempo riconosce che egli è venuto a portare la salvezza anche agli altri popoli, a tutti, superando l'ottica ristretta di quanti pensavano a Dio come esclusivo di Israele.

Subito dopo però, parlando a Maria, Simeone pronuncia parole inquietanti, che si direbbe non appropriate alla circostanza: quel bambino “è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Il senso è chiaro, alla luce delle successive vicende che ci sono ben note: già dalla persecuzione di Erode con la conseguente fuga in Egitto, e poi via via durante la vita pubblica sino alla sua conclusione, insieme tragica e gloriosa, Gesù ha portato il suo popolo a prendere posizione pro o contro di lui. Di tali vicende, e in particolare delle sofferenze che avrebbero comportato al Figlio, sua Madre sarebbe stata pienamente partecipe: anche questo preannunciò Simeone, dicendole: “E anche a te una spada trafiggerà l'anima”.

Ma parlando di Maria, il pensiero corre a domani, che si festeggia in chiesa non perché è capodanno ma perché ricorre la maggiore delle feste dedicate nel corso dell'anno appunto a lei. Domani si celebra Maria in quanto Madre di Dio; si ricorda cioè il suo fondamentale titolo di gloria. Tutti gli altri dipendono da questo; ad esempio, Maria è l'Immacolata: Dio l'ha preservata dal peccato originale in vista della sua divina maternità; Maria è l'Assunta: quel corpo che ha generato il Figlio di Dio, Dio l'ha voluto subito glorificare.

Domani è la solennità di Maria Madre di Dio. Ma nulla vieta che, essendo anche il primo giorno dell'anno, ci si scambino gli auguri (cioè si dichiari a quelli cui li rivolgiamo che desideriamo per loro ogni bene). Chi scrive queste righe li rivolge a tutti i lettori.

 

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