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TESTO Commento su 2Sam 7,1-5.8.12.14.16; Lc 1,26-38

Carla Sprinzeles  

IV Domenica di Avvento (Anno B) (24/12/2017)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

26In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Amici, siamo arrivati alla vigilia di Natale. Tutti tranquilli? Oppure siete agitati perché non avete ancora pensato a tutto ciò che la società ci impone come scadenza per Natale? Lasciamo per un momento da parte tutti questi pensieri e proviamo ad ascoltare cosa ci dicono le letture di oggi: forse ci danno una soluzione alla nostra ansia!
Una constatazione che sto facendo in questo periodo è che siamo un po' tutti malati di protagonismo, sia chi frequenta la chiesa, sia chi non la frequenta. Ognuno di noi vuole essere l'artefice della sua felicità e non sappiamo abbandonarci, fidarci di Dio, colui che solo può donarci la vita.
L'abbandono fiducioso è riconoscere che un mistero è all'azione nella nostra vita, cioè he noi siamo semplici espressioni di una ricchezza più grande, di una forza immensa; che siamo piccole scintille di un bracere infinito, piccole scintille.
Questa consapevolezza è essenziale per assumere l'atteggiamento corrispondente di fiducia, di abbandono, proprio, nell'accogliere la forza che ci investe, lo Spirito che ci attraversa, il calore che ci avvolge. L'abbandono si traduce in fedeltà, nella continuità.

2 SAMUELE 7, 1-5.8.12.14.16
La prima lettura è tratta dal 2° libro di Samuele. Siamo verso l'anno 1000. Il re Davide, dopo aver conquistato il conquistabile, dopo aver costruito un regno forte e ricco, si ricorda che Dio, la sua arca con le tavole della Legge, dimora sotto una tenda e, preso da sacro ardore, annuncia solennemente a Natan di voler costruire un tempio a Dio. Natan ne è felice! Finalmente un tempio in cui fare il culto! Ma, e qui apriamo tutti le orecchie, Dio appare in sogno a Natan e gli dice:”Dì al mio servo Davide, il Signore farà a te una casa.” non sarà Davide a costruire un tempio a Dio, ma Dio lo costruirà a Davide e alla sua discendenza. Non siamo noi a cercare di raggiungere Dio, è Dio che prende l'iniziativa, è lui che ci raggiunge, è lui che ci ama fino a diventare il nostro sguardo, la nostra fatica, il nostro dolore, il nostro sorriso.
Dio desidera abitare le nostre solitudini: è lì presente con noi, anche se non lo sentiamo emotivamente. L'unica cosa che ci chiede è fargli spazio, accettarlo, sapere che c'è, se non ci crediamo, lui sta fuori e bussa. La casa pensata dal re era una casa di mattoni, di pietre, di ornamenti preziosi, mentre la casa che Dio avrebbe edificato per Davide è una casa fatta di persone, una discendenza “stabile per sempre”. Questa è la promessa in base alla quale Israele attende un Messia appartenente alla discendenza di Davide.
Lo slancio religioso di Davide nasconde un po' di protagonismo, come in tutte le scelte umane. Costruendo un tempio per il Signore, celebra anche il prestigio della dinastia: è quasi voler catturare Jahveh. Dio non si lascia chiudere in una casa. E' Dio che “suscita un discendente e renderà stabile il suo regno. “Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio”.. l'angelo Gabriele a Maria: “Verrà chiamato il Figlio dell'Altissimo”.
Il tema della casa di Dio, o meglio dello spazio dove Dio può abitare in mezzo agli uomini, percorre tutta la Bi bbia: si pensi ad Abramo, all'episodio in cui accoglie nella sua tenda gli angeli di Dio, all'arca e all'alleanza lungo il deserto, a Gesù che dichiara conclusa l'adorazione nel tempio di Gerusalemme, perché è la sua persona, che diventa luogo della presenza di Dio, in lui ora lo si può incontrare. Tale presenza non è mai afferrabile completamente: Dio non abita i templi fatti da mani d'uomo. E' Dio che costruisce la vera casa, il luogo dove abita la vita.
Se Davide vuole costruire una casa per confinare la presenza di Dio dentro quattro mura, Dio costruisce la discendenza a Davide perché egli è capace di dare la vita oltre i tempi e gli spazi, perché da nulla e da nessuno Dio può essere contenuto. All'uomo è richiesta una radicale disponibilità all'iniziativa divina.

LUCA 1, 26-38
Cerchiamo di entrare nella mentalità di Dio, che realizza il nostro bene. Spogliamoci del nostro senso di onnipotenza, che ci spinge a voler governare la nostra vita e stiamo attenti a non voler essere a tutti i costi protagonisti, anche quando non lo siamo.
Nel brano del Vangelo che abbiamo letto ci viene descritta qual è la casa, il tempio, che Dio prepara per tutta l'umanità, nessuno escluso. E' l'utero di Maria di Nazareth. Una ragazza, frutto di una stirpe di ebrei, talmente fedeli alla Torah, alla Legge, talmente attenti alla presenza del Signore nella loro vita, che di generazione in generazione, hanno trasmesso ai loro figli sempre meno negatività. Ognuno di noi ha la sua naturale sete di amore, se non ci rivolgiamo solo a cisterne umane, non manchiamo il bersaglio, ossia non pecchiamo. L'ansia d'amore, Maria l'ha rivolta sin dall'inizio alla fonte stessa dell'amore. Ma Dio non lo possiamo neanche immaginare, manda gli angeli, suoi messaggeri. Il nome Gabriele significa “forza di Dio”. Davide si affida ai suoi slanci, Maria percepisce che non è tanto lei a fare un posto a Dio nella propria vita, quanto è il Signore che, per mezzo suo, vuol farsi uomo fra gli uomini così da poter trasformare la storia in storia della salvezza. Dio le chiedeva di rinunciare al suo modo di amarlo.
Lei aveva deciso di non sposarsi, dice:”Non conosco uomo”, in modo assoluto. Non dice:”Non conosco ancora l'uomo”.Aveva deciso di inserirsi nelle fila delle donne sterili, che nell'Antico Testamento, incarnavano la peggiore emarginazione. Forse aveva colto che la donna sterile, senza figlio per pensare a lei nella sua vecchiaia, doveva affidarsi a Dio solo. Ed ecco che le viene proposto di diventare la madre del Messia, come se avesse sbagliato tutto. Eppure rimane decisa:”Non conosco uomo” e non ne conoscerò dice la risposta. Attende tutto da Dio, anche se Dio sembra sottrarsi alla sua speranza. Solo allora, quando tutto appare confuso, quando ogni logica scompare, viene la risposta del vero Dio:”Lo Spirito stenderà le ali su di te”, modo biblico di parlare dello sposalizio. “Sono la serva del Signore”. In aramaico”serva”è la donna fedele sulla quale si può contare. Nonostante l'apparente follia della proposta, testimonia la sua fede, dà la sua disponibilità e fiducia. Diversamente da noi, esseri umani che, anche se credenti, non ci fidiamo di Dio nel concreto del nostro quotidiano e cerchiamo di costruire da soli la nostra felicità; Maria si fida: lei rischiava la lapidazione, come la legge infliggeva a tutte le donne incinte fuori dal matrimonio, ma lei si fida di Dio, come aveva fatto da sempre. Lei “meditava gli eventi nel suo cuore” ossia confrontava ciò che le capitava con la Parola di Dio. Siccome non aveva ereditato né la violenza, né la ribellione, né il voler governare la propria vita, potè offrire il suo sì alla strana vicenda che le si apriva davanti. Così conobbe le gioie della maternità, di una vita condivisa con un uomo e, anche nel più tragico dolore, ha saputo rendersi disponibile alla partecipazione dell'opera di Dio a favore dell'umanità. Anche noi siamo “portatori” della vita divina. Il Signore è con noi! Lasciamoci rivestire della potenza dell'Altissimo.

Siamo giunti all'ultima domenica prima di Natale! Non siete pronti? I regali? Il cenone? Dio propone una logica diversa, a me tutti questi obblighi non vanno bene! Scelgo la logica di Dio, logica basata sull'essenziale, sulla verità di sé, vado bene così come sono, debole, magari un po' sofferente, immersa nel banale, è Dio che mi viene incontro, devo solo lasciarmi incontrare. Lui mi conosce, mi ama, mi aspetta per realizzare con me i suoi progetti d'amore, per continuare la sua creazione. Sono io il suo tempio, la sua casa dove può farsi uomo, donna e camminare per le strade del Piemonte o dove vivi, riuscire ad accarezzare l'amato, l'amata.
Vi pare poco? Un Dio che chiede l'ospitalità della mia persona per poter raggiungere chi ama! Ecco questo è il mio augurio per Natale, che capiamo cosa c'è di importante nella vita e realizziamo questo desiderio di amore. Buon Natale e tanta serenità nel cuore di Dio.

 

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