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TESTO Commento su 1Ts 4,13-18

Monastero Domenicano Matris Domini  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/11/2017)

Brano biblico: 1Ts 4,13-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

Collocazione del brano
La comunità di Tessalonica era ancora piuttosto giovane nella fede e non aveva ancora avuto il tempo di approfondire tutti gli aspetti della vita in Cristo. Poiché nella Chiesa delle origini si credeva in un ritorno imminente di Gesù Cristo trionfante e glorioso, uno degli aspetti che più assillavano i Tessalonicesi era la sorte di coloro che si erano convertiti ma erano già morti senza vedere il giorno del Signore. Evidentemente Paolo non aveva avuto il tempo di affrontare anche questo argomento, così recupera lasciandoci una delle pagine più belle riguardanti le realtà ultime della vita cristiana.

Lectio
13Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell'ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.
La mancanza di formazione su questo aspetto della vita in Cristo è una vera e propria ignoranza (nel senso esatto di non conoscenza). L'ignoranza produce la tristezza. I Tessalonicesi si tormentavano al pensiero che i loro cari non avrebbero potuto partecipare alla gloria di Cristo e alla sua salvezza. Questa situazione li poneva allo stesso piano dei pagani che non hanno fede in Dio e nella vita oltre la morte, e che quindi davanti alla morte non possono far altro che disperarsi.

14Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.
Punto di partenza e base solida del ragionamento di Paolo è la fede in Gesù morto e risorto, fede che egli aveva trasmesso ai destinatari della sua lettera. Se il Padre ha fatto risorgere Gesù, ne segue che non lascerà cadere nel vuoto e nelle tenebre i credenti che sono morti. Al contrario, per mezzo di Gesù li condurrà con Lui, nel suo Regno. Gesù e i cristiani hanno la stessa sorte ultima. Gesù non è solo il primo di coloro che vengono liberati dalla morte, ma anche il mediatore e il termine dell'azione divina. Per mezzo suo infatti il Padre opera vivificando i credenti che sono morti e unendoli a lui in un abbraccio di comunione piena.

15Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti.
Rimane ancora una precisazione da fare. Coloro che si riuniranno in Dio sono suddivisi in due gruppi: coloro che nel giorno del Signore saranno già morti e invece coloro che saranno ancora in vita. Ora l'apostolo precisa che cosa sarà degli uni e degli altri. Premette subito che si sta basando sulla parola del Signore. Ciò significa che egli si riferisce all'insegnamento di Gesù stesso sulle cose ultime.

16Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;
Dunque alla venuta finale di Gesù i credenti che sono morti (i morti in Cristo) risusciteranno. Poi insieme ai vivi saranno ‘rapiti' per incontrare il Signore e per essere sempre con lui. In questo insegnamento confluiscono elementi descrittivi vivacissimi, provenienti dalle correnti apocalittiche del tempo e costituenti una vera scenografia d'effetto. Il segnale dell'ora dato da Dio, il grido dell'arcangelo, lo squillo della tromba indicano tutti la stessa cosa, cioè l'inizio degli avvenimenti ultimi. Poi vi è la discesa di Cristo, seguita dalla resurrezione dei credenti deceduti, elemento questo pure caratteristico della speranza apocalittica.

17quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore.
Infine vi sarà il generale ‘rapimento' di vivi e di risorti, trasportati incontro al Signore sulle nubi. E qui con tutta probabilità Paolo ha come modello le festose visite di re, imperatori e personaggi di rilievo alle città ellenistiche del tempio, chiamate appunto ‘parusie'. In esse il cerimoniale contemplava la gioiosa uscita dei cittadini incontro al visitatore.

18Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
Paolo può dunque indirizzare ai suoi interlocutori l'invito all'incoraggiamento e al conforto reciproco sulla base del suo insegnamento. Illuminato dalla fede il destino dei credenti, ne segue un atteggiamento di fiduciosa speranza, capace di togliere alla radice ogni angoscia di fronte alla morte.

Meditiamo
- Qual è stata la mia reazione davanti alla morte di una persona cara?
- Qual è il mio atteggiamento al pensiero della mia morte?
- Mi capita mai di desiderare di incontrare il Signore?

 

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