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TESTO Il Precursore

don Walter Magni  

V domenica T. Avvento (Anno B) (10/12/2017)

Vangelo: Gv 1,19-27a.15c.27b-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,19-27a.15c.27b-28

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Nel Vangelo di questa domenica il Battista rimprovera i suoi ascoltatori dicendo: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”. E noi a replicare che se siamo qui, in chiesa, è perché un po' Lo conosciamo. Eppure il Battista coglie nel segno: alla radice della nostra fatica ad essere testimoni coerenti e convinti di Gesù sta spesso la falsa presunzione di sapere chi è Lui, senza aspettarLo davvero. Senza fare di Lui il senso primo e ultimo della nostra vita.

“Tu chi sei?”
Forse il Battista può rimproverarci di superficialità perché ci sta regalando qualcosa di suo. Lo smarrimento che aveva provato davanti all'incalzare di una serie di domande che gli erano state posto poco prima: “tu chi sei? (...), chi sei, dunque? (...) Che cosa dici di te stesso?”. Come se prima di dire di qualcuno fossimo indotti a prendere coscienza di noi stessi. Senza più scorciatoie, senza cercare di scappare. Senza che dire qualcosa degli altri diventi un pretesto per sottrarci alla domanda che precede qualsiasi domanda: “tu chi sei?”. Come se tu, come il Battista, non avessi più scampo per nasconderti dietro qualche falsa immagine di te stesso. Un'immagine falsa, coltivata e desiderata negli anni, che non ti ha portato a grandi successi. Abituato a rivestire un ruolo o sentendoti parte di un sistema che ti modella a sua immagine regalandoti una parte, domande come queste ti cadono dentro come macigni. Forse è stata proprio questa la lunga esperienza di deserto del Battista, vissuta per quaranta giorni e quaranta notti anche da Gesù, nel deserto di Giuda (4,1-11). Così si avvia per tutti un viaggio dove non si può più barare. Etty Hillesum, giovane ebrea olandese che morirà ad Auschwitz, scriveva nel suo Diario: “In me c'è un silenzio sempre più profondo. Lo lambiscono parole che stancano, perché non riescono a esprimere nulla”. Inoltrarsi per questa strada in silenzio; abbandonando a se stesse parole incapaci di dire ciò che conta davvero, anche questo è Avvento.

“Io non sono...”
A quelle domande insistenti il Battista risponde opponendo un no secco e deciso: “Io non sono il Cristo”, non sono Elia, non sono un profeta. Senza cedere alla tentazione di usare quella sua singolare chiamata da parte del Signore a suo vantaggio. Il Battista è piuttosto un indice puntato non verso sé, ma a Gesù, il Veniente. Disposto a perdere i suoi discepoli purché seguano Lui. L'amico che per lo Sposo darebbe la vita. Neppure si è mai servito della Parola degli antichi profeti per far passare qualcosa di suo. Sa di essere uno strumento che non strumentalizza. Vigile sul proprio io, senza anticipare Dio. Ed è così che allora Dio ti prende per mano, dentro questo tuo limite inesorabile e invalicabile e ti scolpisce, ti definisce, ti regala un nome. Come quando Gesù dirà di lui: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? (...) che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta” (Mt 11,7-9). Anche Etty Hillesum, s'è lasciata prendere per mano da Dio, scavando dentro se stessa, rimanendo ferma, senza perdere la speranza, nell'inferno di Auschwitz: “un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c'è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri” (Diario, 97). Dissotterrare Dio da dentro l'esperienza della negazione e della tragedia della shoah. Giungendo a dire: “Vivo costantemente in intimità con Dio (...). Una volta che cominci a camminare con Dio, si continua semplicemente a camminare e la vita diventa un'unica, lunga passeggiata”.

“Io sono voce...”
“ Gli dissero allora: (...) ‘Che cosa dici di te stesso?', Rispose: ‘io sono voce...'”. Il Battista non risponde alludendo a qualcuno, ma solo a qualcosa: sono una voce, null'altro che voce. Voce di Colui che sta per venire. A servizio di una Parola che tanto lo supera. Non chiede d'essere più che uno strumento che neppure può rendersi conto di come potrà essere usato. Abitando il Mistero di Dio che viene, soltanto fidandosi. Senza possederLo, senza comprenderLo. Il suo unico desiderio è dare voce alla Parola del Veniente. Tutti vorrebbero certezze; lui, invece, s'abbandona agli eventi senza paura. Con una discrezione e un rispetto che non invade, ma aspetta senza scomporsi. Chiedendo anche a te d'essere un poco più attento e sveglio. Come scriveva don Primo Mazzolari: “Non voglio obbligarvi a quest'incontro, se non ne sentite la voglia: né pregiudicarlo col dirvi chi Egli sia per me. Siete liberi di andargli incontro o di voltargli le spalle come vi piace e se vi piace. Egli non se n'offende, se dopo essere stati da Lui, credete di non poterlo seguire. Una sola cosa vi chiedo: lasciatelo parlare. Dopo, farete come vorrete” (Il compagno Cristo). Scriveva Etty Hillesum: “La strada principale della mia vita è ormai tracciata per un lungo tratto davanti a me e già arriva in un altro mondo”. Sperare non comporta avere lucida la mèta avanti a sé. Il Battista ci ha indicato la meta fidandosi del Suo venire, come l'amata che s'abbandona, senza timori e rimpianti, nelle braccia di un amore più grande.

 

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