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TESTO Non vi lascerò orfani

mons. Antonio Riboldi

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (01/05/2005)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Il mese di Maggio, lo sappiamo tutti, è un tempo privilegiato per la devozione alla Madonna. E' la preziosa, dolcissima Mamma, che Gesù ha voluto donarci nel momento del grande dolore e dell'immenso amore dalla croce. Gesù conosceva e conosce bene la nostra debolezza umana. Siamo come dei bambini e ci crediamo grandi. Siamo ignoranti e ci sentiamo "i saggi che non hanno bisogno di consigli" o di aiuto. Non sappiamo camminare e ancora peggio non sappiamo quale sia la vera via da percorrere e subito affrontiamo la vita con la sfrontatezza dell'ignorante. Abbiamo bisogno di una guida, come quando si va in montagna e vogliamo andare soli, finendo spesso fuori strada o in un precipizio. Abbiamo bisogno di tante mani che ci guidino e sorreggano, ma crediamo debolezza chiedere "una mano", soprattutto nei momenti difficili, andando così incontro ai fallimenti che rischiano di ferire la vita intera.

Sentiamo un grande, immenso bisogno che qualcuno ci ami, e il nostro egoismo preferisce quella sufficienza che è la dannata solitudine, l'inferno del cuore. In altre parole, abbiamo bisogno di una mamma, che è sempre e per tutti la delicatezza dell'amore, che come un'ombra ti fa strada, senza mai toccare la nostra liberta...caso mai "aggiustarla" quando esce dalla luce.

Gesù tutto questo lo sa molto bene perché ci conosce tutti, a uno a uno, nelle nostre debolezze. Lui ci vorrebbe "bambini" nel cuore, come era Lui. "Lasciate che i piccoli vengano a me, loro è il regno dei cieli". Dalla croce, guardandoci non ci condannò, ma disse: "Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno".

E lo dice anche oggi, per me, per voi. Per questo non ci lasciò soli, in preda alla nostra debolezza o follia. Lui ci vuole bene e ci vuole tutti salvi. Ed allora ci affida a Sua Mamma. "Sotto la croce stava Maria, sua madre, e il discepolo che amava e disse: "Donna, ecco tuo figlio". E al discepolo, "Ecco tua madre". E il discepolo la prese con sé".

La sicurezza di non restare orfani, ce la conferma Lui stesso nel Vangelo di oggi: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga PER SEMPRE con voi, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché Egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, tornerò da voi" (Gv.14,15-21).

Così il quadro della "compagnia", che scaccia la solitudine e ci sostiene sempre, diventa completo. E' l'immensa bontà di Dio che è compagnia paterna fino alla fine. E Gesù aveva sperimentato nella vita terrena, da uomo come noi, quanto è cara per l'uomo, la maternità. Chi di noi infatti non respira la tenerezza della mamma? E quando ne parliamo, esce la gioia del bimbo che continua ad essere bimbo agli occhi di Dio e della Mamma, anche se è grande.

E' stata dura la mia vita, che Dio ha tracciato per la sua gloria e il suo amore. Nei momenti belli o difficili, proprio come un bimbo, correvo da mia mamma a respirare conforto e sostegno.

Come quando l'obbedienza mi consegnò la difficile parrocchia di Santa Ninfa in Sicilia. Mamma mi disse semplicemente: "Va dove Dio ti manda senza paura...io ti sarò sempre vicina, anche se distante".

Da vescovo, nella visita alla mia parrocchia per l'amministrazione delle Cresime, lei era là oramai consumata dagli anni, in prima fila, e si leggeva l'orgoglio negli occhi, la gioia di avere un figlio così. Accompagnandomi fuori chiesa e passando tra la gente, che salutava, mi accorsi che le persone avevano tanta attenzione per lei. Ad un certo punto le dissi: "Mamma sono io il vescovo". E lei: "Senza di me non ci saresti".

E ho inciso nel cuore, come un testamento, le ultime parole prima di morire. Aveva 99 anni e 6 mesi. Mi volle vicino, mi prese forte per mano, mi benedisse e poi, puntandomi il dito, come a chiedere obbedienza, mi disse: "Tu, Antonio, và e non fermarti mai".

E credo che tutti voi abbiate come uno scrigno prezioso di ricordi di mamma. Giovanni Paolo II, questo grande nostro Papa, che ora sicuramente è nelle braccia di Maria, aveva una devozione immensa per Lei, tanto che volle che il suo stemma portasse inciso due parole "Totus Tuus", " Tutto tuo". E tutti sappiamo come la Mamma Celeste lo protesse, fino a difenderlo dalla morte, miracolosamente, nell'attentato in piazza S. Pietro. Chi va a Fatima può vedere la pallottola che lui portò e mise nella corona di Maria. Lui era stato orfano di mamma molto presto. E subito accolse, come Giovanni, Maria, come sua Mamma, in modo totale.

"Totus tuus". Chi ha avuto la fortuna di stare con lui - ed io l'ebbi – notava come passasse tanto tempo con il S. Rosario nelle mani, che portava come fosse il suo anello pontificio.

"Non vi lascerò orfani", promette Gesù, "tornerò da voi". Una verità assoluta per il vero credente, per colui cioè che nel cuore è rimasto fanciullo che si fa amare e cerca amore, lontano dagli egoismi che creano solo solitudini. E ripeto, questa solitudine è peggio che essere orfani.

La compagnia di Gesù dovrebbe essere nota a tutti. Lui è con noi nella Eucarestia. Poteva Gesù farsi vicino a noi, fino a farsi noi, più del divenire "pane della nostra vita"? "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo".

Lo sanno molto bene le anime eucaristiche. Una santa persona mi diceva un giorno: "Senza Comunione è come se nel cielo non spuntasse il sole, e la vita non è vita". E gli occhi le brillavano di una immensa luce, quella che posseggono le anime che vivono in compagnia di un grande amore.

Mamma, da ragazzo, voleva che tutti i giorni facessi la S. Comunione perché diceva "Meglio una buona comunione che una povera colazione". Quanta fede!

E' davvero un grande conforto, per chi crede, sapere che non è mai solo, ma ha chi lo ama e gli è vicino, alla maniera di Dio.

Ascoltando la parola di Gesù: "Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi", il pensiero corre doverosamente ai tantissimi bambini o fanciulli che vivono tra di noi e non hanno la gioia di conoscere l'affetto e la presenza di papà e mamma. Li chiamiamo "orfani". O perché abbandonati dai genitori subito, o per le conseguenze delle guerre o delle catastrofi. Ci fu un tempo in cui, in luoghi della Campania e anche altrove, vi era un convento e una Chiesa provvisti di una ruota speciale, aperta al pubblico. Serviva quella ruota ad accogliere i neonati indesiderati, che poi trovavano nel Convento o nella Chiesa l'accoglienza. Così come ci sono tante "missioni", dove infuria la guerra o la fame, dove trovano "famiglia" tantissimi bambini.

Da qui è nata quella forma di carità, che si chiama "adozione" o "affido", che è trovare una famiglia che li aiuti a vivere e se possibile conoscere l'affetto e quindi non essere soli.

Visitandone alcuni, di questi orfanotrofi, quanto mi colpiva e colpisce è la tristezza profonda che non riescono a nascondere, come mancasse il perché della vita o "il chi per la vita". Ed è difficile donare loro quel sorriso naturale che si ha quando si è in una famiglia.

Ma, a fissare bene il mondo in cui siamo, forse per colpa dell'egoismo che cancella l'affetto, e crea solitudini, direi che è tanta, ma tanta, la gente che si sente "orfana", come se nessuno si interessasse di loro o nessuno li amasse...come non avessero un papà e una mamma.

Non è così per il vero credente che, aldilà della compagnia dei genitori, sente e vive l'amicizia e la presenza di Gesù e Maria. Gioiscono della loro presenza.

Come quel vecchietto – e chissà quanti ce ne sono come lui nel mondo - che passava ore in Chiesa a contemplare Gesù Sacramentato. Gli ho chiesto la ragione di quelle lunghe ore in silenzio. "Quando ci si guarda negli occhi come Gesù guarda me e io Lui, non c'è bisogno di parole. È 'bello farsi amare, perché l'amore è il meraviglioso respiro dell'anima". Come non invidiarli questi fratelli o sorelle...noi che troppe volte cerchiamo quel respiro dell'anima nelle creature senz'anima che sono le cose, gli affari, il benessere. Sono cose e non sono "papà o mamma".

C'era un tempo, e credo ci sia ancora oggi in tante famiglie, l'abitudine a sera di riunirsi come chiesa domestica, tutti, a recitare il S. Rosario. Era il momento della pace, del sentirsi in compagnia di Maria, nostra Mamma e di Gesù, in cui tutto si componeva e tutto riconduceva al Cielo.

Credo sia proprio il tempo di tornare a ritrovare questa compagnia, per gustare quelle parole di Gesù: "Non vi lascerò orfani"...perché a volte più che del pane abbiamo bisogno di questo respiro dell'anima.

Porto nel cuore un ricordo meraviglioso. Dopo un incontro con gli alunni e alunne di un Liceo classico sul tema della criminalità, che faceva tanta paura, all'uscita, mentre stavo entrando in macchina per tornare in episcopio, gli alunni fecero corona attorno alla macchina. Avevano gli occhi pieni di commozione e mi chiesero: "Non ha paura di essere solo tornando a casa?" "No, mentre guido mi fanno compagnia il S. Rosario che scorre tra le dita, e mi aiuta la dolce musica di Chopin".

Dopo una settimana mi arrivò un piccolo pacco con tutte le musiche di Chopin ed allegata una corona del S. Rosario. Una breve lettera di accompagnamento diceva: "Caro vescovo non si senta solo. Quando viaggia noi tutti siamo con lei a recitare il Rosario e sentire Chopin".

Ora il Rosario, che porto con me sempre e recito spesso, mi è tanto caro, perché mi fu donato da Suor Lucia di Fatima. Quando lo recito, mi sembra che accanto alle mie dita ci siano le sue, e mostrino il sorriso della Mamma di Fatima. Così Madre Teresa pregava Maria, Madre di Gesù e nostra: "Maria, Madre di Gesù...ora non siamo più bambini, che con tutto il cuore desiderano essere figli di Dio. La nostra condizione umana è debole; per questo veniamo a supplicare il tuo aiuto materno per cercare di superare le nostre debolezze. Prega per noi perché anche noi possiamo diventare persone di preghiera. Invochiamo il tuo amore perché l'amore possa regnare e noi possiamo essere compassionevoli verso chi è orfano di amore.

E rendici degni di essere come l'immagine di tuo Figlio Gesù".

UN GRAZIE A DIO PER IL DONO DEL NUOVO SANTO PADRE

Dopo il profondo dolore del ritorno al Padre di Giovanni Paolo II, "il grande", il Signore non ha lasciato la sua Chiesa senza Pastore.

Tanti si sono chiesti chi avrebbe potuto prendere il posto del "grande Pontefice", Giovanni Paolo II, che aveva fatto la strada con tutti noi per ben 27 anni, fino a consumarsi letteralmente, mai cessando di essere Pastore, fino a farsi spettacolo davanti a Dio ed agli uomini di come si ritorna trionfalmente a Casa, quella del Padre.

Per un attimo tutto il mondo, credente o no, si sentì come orfano. E il giorno del suo funerale, in quella semplice bara di legno su cui il Vangelo pareva divertirsi a sfogliare le pagine, che lui aveva fatto conoscere al mondo, sembrava continuasse a vivere con noi e per noi: a darci sicurezza, a non avere paura.

"Vi ho cercato - erano le sue ultime parole sussurrate ai giovani - e voi siete venuti a trovarmi. Grazie".

Ma quel giorno non solo i giovani, ma tutta l'umanità era andata a trovarlo, perché lui per tutta la vita l'aveva cercata. Non sarà facile cancellare quel giorno della resurrezione, anzi è bello conservarlo e misurare la nostra vita con "quel giorno".

Poi venne l'attesa del nuovo Pastore. Lo Spirito non conosce le lungaggini, le trattative, gli intrighi degli uomini: Lui conosce le strade brevi del "vento che soffia dove vuole e su chi vuole". E così ci vollero solo due giorni perché dalla loggia spuntasse il volto diafano del nuovo Pontefice, che volle chiamarsi Benedetto XVI. Si era conosciuta la sua grandezza pastorale nell'ultima Via Crucis, nella intensa Omelia per i funerali di Giovanni Paolo II, e in quella decisa prima del Conclave. Nel cuore di molti c'era come l'attesa che fosse proprio lui, che aveva trascorso la vita vicino a Giovanni Paolo II, a essere Papa.

E così fu. Con semplicità di gesti, che manifestavano la sua grande umiltà, dolcezza e voglia di amare tutti, a uno a uno, come fa il Padre, entrò nel cuore di tutti, soprattutto dei semplici.

Vogliamo accogliere un suo invito, manifestato nel discorso di apertura del Pontificato: "Amare significa dare alle pecore il vero bene. Cari amici, in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge. Pregate per me, perché io non fugga, per paura dei lupi". E lo faremo.

Da parte mia gli sono già grato per quanto ha fatto per la causa di Rossini, come Prefetto della Dottrina e della Fede. Ho avuto modo di incontrarlo e conoscerlo e mi ha stupito, ripeto, la sua anima da bambino "sereno in braccio a sua madre".

 

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