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TESTO Commento su Is 61,1-2.10-11; Lc 1; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28

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III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (17/12/2017)

Vangelo: Is 61,1-2.10-11; Lc 1; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,6-8.19-28

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Et nemo nisi per amicitiam cognoscitur” (“Non si conosce nessuno se non per amicizia”) scrisse Sant'Agostino qualche anno fa. Frase che richiama perfettamente a quanto dice Giovanni a chi lo interrogava chi fosse. Egli non si preoccupa di dare la risposta di sé, “Tu chi sei? Egli confessò e non negò. Confessò: Io non sono il Cristo”, e sposta immediatamente l'attenzione su Cristo: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”, e questa affermazione ci deve interrogare profondamente, perché siamo sicuri di conoscere Colui che sta in mezzo a noi? E siamo sicuri di conoscere anche questo personaggio chiamato Giovanni, che nei 4 Vangeli viene definito come il “precursore del Messia, il profeta dell'Altissimo, il testimone della Luce, l'amico dello Sposo”?
Giovanni è un personaggio evangelico strettamente legato alla gioia, basta pensare al messaggio dell'Angelo a Zaccaria incredulo: “Avrai gioia ed esultanza”; e a quella bellissima confidenza tipicamente di donne incinte, di Elisabetta di fronte a Maria: “Il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.”, quasi a voler dare a Maria la battuta iniziale del Magnificat; e per concludere le parole di Giovanni, il Battista, prima della sua decapitazione in una grotta della fortezza di Macheronte, per aver denunciato la licenziosità tra Erode ed Erodiade e le subdole ipocrisie farasaiche: “L'amico dello sposo esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta.”
Questa terza domenica di Avvento è detta la domenica del “Gaudete”, poiché da tutte le letture si sprigiona la forza della gioia, dell'esultanza a partire dallo splendido brano di Isaia: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio.”

E così l'Apostolo Paolo esorta i cristiani a stare sempre lieti: “Gioite sempre!” e per trasmettere questo messaggio Paolo usa lo stesso verbo greco usato da Luca nel suo Vangelo, per tradurre il saluto augurale dell'Angelo a Maria: chaire, gioisci, rallegrati! Paolo nell'esortazione ai Tessalonicesi usa “chairete”, una espressione che troviamo anche nella lettera ai Filippesi 4,4!
Ecco, potremmo dire che questa è la prima “beatitudine” della Chiesa cristiana nascente dopo la venuta di Cristo.
State sempre lieti!” e “Rallegratevi nel Signore, sempre!”, bello a dirsi, ma come è possibile?, come dare concretezza a queste raccomandazioni paoline???
Semplice. Perché la gioia è Dio, in Dio, con Dio. Dio ci ama sempre, non smette mai di amarci e donarci il bene, anche quando all'apparenza sembra tutto l'incontrario nelle nostre misere vicissitudini umane.
Dio c'è”, l'ho visto più volte scritto con vernice spray sui cartelloni in autostrada. Mi ha sempre colpito questa affermazione così perentoria e senza dubbi, che condivido pienamente, perché “Dio c'è”, e si lascia trovare, se tu lo cerchi.
Ecco il nocciolo della gioia: sapere che c'è e sapere che tu, io, noi, lo possiamo trovare, incontrare e gioire nella relazione con Lui.
Siamo immersi nell'umanità che nega il dolore, e che vive un nichilismo assordante, da paura, che cerca falsamente di scacciare ogni negatività nell'illusorietà delle cose, piuttosto che sforzarsi di instaurare relazioni di senso, di sentimento, di amore, di servizio, di solidarietà; relazioni che costano fatica, tempo e mettersi in gioco, ma che alla fine sono quelle che veramente danno la vera gioia e acquietano le nostre inquietudini umane.
Lui è la nostra gioia. Il prossimo è la nostra gioia.
Rallegriamoci ed esultiamo perché il Signore, nostro amico, è vicino.

Domande
- Per me come singolo, so rallegrarmi anche per i piccoli segni positivi che Dio mi dona nel mare delle mie tristi inquietudini personali?
Per me come famiglia, quanto so accettare la difficoltà della relazione cercando di avere un atteggiamento positivo?
- Per me come comunità, so trasmettere la gioia della solidarietà, dell'amore, dell'attenzione a chi si sente povero e solo?

Mariagrazia e Claudio Righi - Pisa

 

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