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TESTO Il bicchiere d'acqua che trasforma la storia

dom Luigi Gioia  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (26/11/2017)

Vangelo: Ez 34,11-12.15-17; Sal 23; 1Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Paolo ci presenta un'immagine del Signore che sembra remota, lontana: Cristo regna finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. Quando tutto sarà sottomesso, anche egli, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso tutti, perché Dio sia tutto in tutti. Il Vangelo poi ci mette di fronte ad una drammatica e angosciosa scena di giudizio, a un Gesù adirato che proclama: Via maledetti, lontano da me, nel fuoco eterno, al supplizio eterno. Non è facile ispirarsi a queste immagini per capire cosa voglia dire attribuire a Cristo il titolo di ‘re', come ci chiede di fare la celebrazione odierna.

Cominciamo allora con il ricordarci che ogni volta che parliamo di re e di regno, indichiamo l'azione decisiva di Dio nella storia, quello che solo Dio può fare. Confessiamo questa verità nel Padre Nostro, quando ogni giorno chiediamo: venga il tuo regno. Non il mio regno, ma il tuo regno. Se la venuta del regno è oggetto di preghiera, vuol dire che è qualcosa che non compio io, ma che realizza Dio. Io lo posso solo attendere e con la preghiera affrettarne la venuta.

Ogni volta che si parla di regno, ci riferiamo poi alla sua azione nella storia, non solo quella di tutta l'umanità, ma anche la mia personale. Ora, la storia è dominata da un groviglio di passioni, di istinti ciechi, di potere e di dominio. Anche quando le persone sono animate dalle migliori intenzioni, possono poco o niente contro le strutture di peccato che reggono le sorti del mondo. I progressi sociali ed economici di alcuni gruppi o nazioni hanno sempre immensi retroscena di ingiustizia. Il prezzo del benessere dei paesi occidentali è la condizione disumana di lavoro di milioni di persone dall'altra parte del globo. I progressi scientifici risvegliano il nostro istinto prometeico, ci danno l'illusione di poter essere noi stessi creatori di valori e artefici del nostro destino.

La buona notizia di oggi, così difficile da accettare per l'orgoglio umano, è che il compimento della storia viene dal suo esterno, non è il risultato dell'azione umana, ma di quella del Padre nel Cristo suo figlio, per mezzo dello Spirito Santo. Solo questa azione di Dio riscatta la storia dalla sua dispersione e le da unità. Solo il pastore raduna il suo gregge - come dice la prima lettura- e lo conduce al riposo: Su pascoli erbosi, ad acque tranquille mi conduce .

Se ci chiediamo in che modo l'azione di Dio realizzi questi obiettivi, in che modo cambi la storia, siamo sorpresi però di constatare il contrasto tra la seconda lettura e il vangelo. Nella seconda lettura abbiamo l'immagine cosmica di Cristo che regna finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi e poi sottomette tutto al Padre. Nel vangelo invece siamo noi che diamo da mangiare a chi ha fame, da bere a chi ha sete, che accogliamo lo straniero, vestiamo chi è nudo, visitiamo chi è malato e chi è in prigione .

Questo messaggio potrebbe scoraggiarci. Di fronte a tutte le sfide della storia e a tutte le ingiustizie del mondo; di fronte a tutti i problemi e purtroppo a volte anche agli scandali delle istituzioni di cui facciamo parte, compresa l'istituzione ecclesiastica; di fronte all'immenso bisogno di riforma nella società, nella chiesa, nelle nostre istituzioni, nelle nostre comunità, di fronte a tutto questo non ci è chiesto di cambiare la storia, non ci sono proposti ambiziosi progetti di riforma, non ci si chiede di costruire il futuro, non ci si chiede di salvare il mondo. La sola cosa che ci è richiesta è quella di dare ora un bicchiere d'acqua al mio vicino, a chi mi sta affianco, di vivere umilmente la missione che mi è affidata come una forma di dono di me stesso, per amore di Cristo, con tutta la generosità possibile.

Il mondo ci rimprovererà forse di evadere in questo modo la nostra responsabilità, quando in realtà questa non è una fuga dalla storia, non è sintomo di un pessimismo, di disfattismo o di rassegnazione, ma è un modo di confessare che il regno appartiene a Dio, alla sua azione: A lui solo la gloria. A lui la potenza. A lui la signoria sulla storia. Noi possiamo lasciar venire questo regno, non fargli ostacolo, e affrettarne la venuta servendo il prossimo, donandoci per amore di Cristo e pregandolo Maranatha - vieni Signore Gesù.

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui

 

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