TESTO Non sia turbato il nostro cuore
V Domenica di Pasqua (Anno A) (24/04/2005)
Vangelo: Gv 14,1-12

«1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».
5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».
Il brano del Vangelo, che illumina in maniera mirabile le altre letture, fa parte del primo discorso di Gesù durante l'ultima cena.
Per la liturgia di oggi l'idea di fondo è la frase con la quale Gesù si proclama "via, verità e vita" (v.6) ed è senza dubbio quella più emergente.
La presentazione di Cristo quale "via, verità e vita" è totalizzante. Gesù infatti è la "via" perché è la "verità" cioè l'immagine viva di Dio nel mondo, e insieme è la "vita" di coloro che credono in lui.
La forza della triade riposa però sulla "via": "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (v.6). L'unione dell'uomo con Dio si realizza passando attraverso quell'immagine-verità storica, che è la persona del Cristo.
Nella colletta di questa domenica si chiede per tutti i figli della Chiesa la libertà e la piena realizzazione della vita: "la vita eterna". Questi valori sono difficilmente acquisibili nel tempo presente, dominato dalla solitudine, dall'angoscia, dall'incertezza, dalla paura. Difatti la loro acquisizione è legata al dono del Salvatore e dello Spirito Santo, i quali hanno "vinto il mondo" (1Gv 5,4s).
Gesù è il misericordioso. La sua predicazione e le sue opere lo testimoniano. Di fronte ad un destino di solitudine, di angoscia, di incertezza, di sofferenza e di paura, Gesù si pone come "la via della pace", che è l'inversione della storia precipitata di tragedia in tragedia dopo il peccato d'origine.
Gesù è "la via, la verità e la vita". Senza di lui il nostro cuore sprofonda nel turbamento e nelle tenebre. Questo annuncio ritorna continuamente nei Vangeli, ogniqualvolta si parla di luce. Gesù nasce a Betlemme e la luce avvolge i pastori, che vanno a riconoscerlo e adorarlo. La luce della stella si ferma sul luogo dove si trovava Gesù, perché è l'unica "via" che conduce al Padre. Dopo l'incarnazione del Verbo di Dio non abbiamo più bisogno di leggi, perché Gesù è lui stesso la "legge". Parimenti non abbiamo più bisogno di "manna", perché è Gesù stesso il nostro cibo per la vita eterna.
L'antica esegesi interpretava il termine "via" solo come un cammino in ordine a quella "verità" e "vita" che erano lo scopo della sua missione. L'attuale esegesi, invece, porta la sua attenzione sul termine "via" che diventa così la categoria centrale: "verità" e "vita" servono solo a far capire in che senso Gesù è veramente "via".
Alla promessa di Gesù "vado a prepararvi un posto...", si contrappone lo smarrimento di Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" Questo smarrimento, questo non sapere, lascia quasi intuire la realtà della condizione umana: l'uomo è una persona in esilio che vive in un clima che non è il suo.
Emerge qui la profonda distanza che ci separa dalla rivelazione e dall'amore di Dio promessoci da Cristo.
Il peccato è la condizione di quell'uomo che si distacca dalla vita divina. Il peccato è allora uno sviamento della persona, un non-sapere e un non-volere: occorre tornare a Cristo. Solo lui può veramente condurci al Padre (v.9). Legata intrinsecamente a Gesù, la "via" diventa un conoscere Gesù (v.7): chi ha visto lui ha visto il Padre (v.9). Si tratta di una conoscenza che non può essere ridotta a un fatto intellettuale, a un atto della ragione: al contrario si tratta di una conoscenza teologale e di un impegno ascetico che, mentre ci purifica dalle passioni, attiva in noi un desiderio di Dio.
Il cuore di questa via dinamica che gradualmente ci assimila a Cristo lo possiamo indicare nella forza della carità e nel dono dello Spirito. La carità, dice San Paolo, è "la via migliore" di tutte (1Cor 12,33). Questa carità, che ci assicura la comunione con Cristo, è opera dello Spirito: è lo Spirito dell'amore ad attirare l'anima verso il suo Dio.
In questa direzione la carità e lo Spirito conducono a quella "via" dove si celebra il vero culto di Dio che è Cristo (Eb 9,8): viva di lui, la Chiesa stessa può essere chiamata la "via del Signore" (At 18,25) e svolge il suo compito introducendoci a quel culto e a quella legge vivente che è Gesù.